Serbo questi giorni chiari,
la scintilla che m’accese,
prima ancora d’aver visto
ogni volto, ogni pretesa.
Son manie piccole, sì,
ma sottili, quasi vene,
nei tuoi libri si riversa
il respiro dei tuoi giorni.
Seguon labbra, viaggi brevi,
e dimore abbandonate,
ma di tutto, a sazietà,
resta un’eco, un’apparenza.
Quando incontro frasi magre,
vuote come fame antica,
mi rallento, dolce vado,
come chi sfiora un abisso.
Mai l’avevo detto, prima:
in quest’oggi, nel suo incanto,
il mare canta e m’avvolge,
e mi perdo nel suo nome.
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Serbo questi giorni chiari,
giorni freschi, innamorati,
come foglie a primavera
d’aria lieve e di promesse.
Non li ho visti, eppur li amo,
quei momenti ancora vuoti,
prima ancora d’ogni volto,
prima d’ogni voce accesa.
Manie piccole, sottili,
sono aghi tra le dita,
ma ricamano l’attesa
di un domani più profondo.
Nei tuoi libri si nasconde
il profumo dei tuoi passi,
tra le pagine un sospiro,
un silenzio, una dimora.
Seguon labbra, dolci, stanche,
seguon vie che si dissolvono,
abitazioni perdute
che non cercano ritorno.
E se incontro frasi magre,
smagrite dalla fame,
le accarezzo con dolcezza,
quasi fossero ferite.
Mai l’avevo detto, prima,
ma quest’oggi sa di luce:
c’è il mare, canto profondo,
che sussurra il suo incanto.
E io resto ad ascoltare,
perso dentro la sua voce,
che mi chiama e poi mi spezza
come onda sulle rocce.