Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’Europa era in preda al caos, Turing era uno degli uomini chiave nel tentativo di decifrare i messaggi segreti dei nazisti. Il suo lavoro a Bletchley Park, il centro britannico per la crittografia, fu decisivo per lo sforzo bellico alleato. La “bomba” da lui ideata non era una bomba in senso tradizionale, ma una macchina elettromeccanica capace di testare in modo sistematico e veloce le configurazioni della macchina Enigma, la principale strumento di cifratura tedesco. Questa invenzione non solo permise agli alleati di anticipare mosse militari cruciali, ma accelerò la fine della guerra, salvando un numero incalcolabile di vite umane.
Il genio di Turing si manifestava non solo nella sua capacità tecnica, ma anche nella sua immensa capacità di immaginare scenari futuri, in particolare riguardo alla natura del pensiero e dell’intelligenza. Dopo la guerra, il suo lavoro si spostò verso la nascente scienza dell’informatica: fu fra i primi a concepire il computer programmabile come lo conosciamo oggi. Al National Physical Laboratory propose un progetto di computer a programma memorizzato, anticipando di anni molte delle tecnologie che sarebbero poi diventate la base dell’era digitale. In seguito, all’Università di Manchester, partecipò allo sviluppo del Manchester Mark I, uno dei primissimi computer al mondo capaci di eseguire programmi complessi.
Ma il contributo più celebre di Turing riguarda la sua riflessione sulla possibilità che una macchina possa “pensare”. Nel 1950 pubblicò un articolo in cui introduceva un test ormai leggendario, il “Test di Turing”. L’idea era tanto semplice quanto rivoluzionaria: se una macchina riuscisse a sostenere una conversazione in linguaggio naturale con un essere umano senza che quest’ultimo riuscisse a capire se stesse parlando con una macchina o con un’altra persona, allora quella macchina poteva essere considerata intelligente. Non importava tanto la correttezza delle risposte, quanto la loro capacità di apparire umane. Questa provocazione ha aperto un dibattito ancora oggi vivo e vibrante nel campo dell’intelligenza artificiale e della filosofia della mente.
Purtroppo, la straordinaria carriera scientifica di Turing fu brutalmente interrotta da una realtà sociale intollerante. Nel 1952, dopo aver denunciato un furto nella sua abitazione, la polizia scoprì la sua relazione con Arnold Murray, un giovane con cui aveva avuto una relazione. In un’epoca in cui l’omosessualità era considerata un reato in Gran Bretagna, Turing fu arrestato e condannato per atti osceni. La sentenza gli offrì due alternative: il carcere o un trattamento ormonale con estrogeni che avrebbe ridotto la sua libido, un’idea brutale di “cura” per la sua identità sessuale. Turing scelse la seconda, un sacrificio doloroso che segnò profondamente il suo corpo e la sua mente, provocandogli anche la ginecomastia e un senso di alienazione sempre più profondo.
La condanna e il trattamento segnarono la fine della sua carriera come consulente per i servizi segreti, privandolo di qualsiasi ruolo nella crittografia britannica. Fu un momento in cui l’angoscia della Guerra Fredda e la paura di spie sovietiche alimentarono un clima di sospetto verso chiunque fosse considerato “diverso” o “a rischio”. Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica americana, era stato appena ritenuto un rischio per la sicurezza nazionale, e l’orientamento sessuale di Turing rappresentava agli occhi delle autorità un pericolo inaccettabile.
Il 7 giugno 1954, Alan Turing fu trovato morto nella sua casa, a soli 41 anni, avvelenato da cianuro. Accanto al corpo c’era una mela mezza mangiata, un’immagine che ha dato origine a molte ipotesi e miti: la mela come simbolo del peccato originale, un omaggio silenzioso alla favola di Biancaneve, o semplicemente un gesto deliberato che gli permettesse di lasciare una “negazione plausibile” alla madre, che sosteneva che la morte fosse un incidente dovuto a un malfunzionamento delle sostanze chimiche di laboratorio che Turing conservava. La mela non fu mai analizzata, e la morte venne ufficialmente classificata come suicidio, anche se alcune teorie più recenti hanno ipotizzato perfino un possibile omicidio orchestrato da agenti segreti.
Nonostante la tragedia, il lascito di Alan Turing è enorme e incancellabile. Solo decenni dopo la sua morte, la società britannica iniziò a riconoscere l’ingiustizia subita, arrivando a una formale riabilitazione postuma e a un encomio pubblico per il suo contributo alla scienza e alla nazione. Nel mondo scientifico, Turing è considerato il padre dell’informatica moderna, un pioniere che ha plasmato le fondamenta di tutto ciò che oggi associamo ai computer, ai software e all’intelligenza artificiale.
La sua vita è stata oggetto di numerose opere, tra cui la biografia “Alan Turing: The Enigma” di Andrew Hodges, che ha ispirato il film “The Imitation Game”. Quest’ultimo ha contribuito a far conoscere la figura di Turing a un pubblico più vasto, mettendo in luce non solo il suo genio scientifico, ma anche la sua umanità e il dramma personale. Il “Test di Turing” è stato citato e rielaborato in numerosi contesti, anche in opere di fantascienza come “Ex Machina”, dove le domande sul confine tra umano e macchina si fanno ancora più profonde e complesse.
Un curioso dettaglio della cultura popolare riguarda il logo di Apple, la celebre mela morsicata. Una leggenda metropolitana sostiene che il simbolo sia un omaggio a Turing, ma in realtà non vi è alcuna conferma ufficiale di questa origine. Steve Jobs, fondatore di Apple, rispose con un sorriso che sarebbe stato bello se fosse così, ma non fu un’intenzione esplicita. Tuttavia, questa coincidenza ha contribuito a rendere ancora più simbolica la figura di Turing, collegandola all’innovazione tecnologica e alla rivoluzione digitale in corso.
La storia di Alan Turing rappresenta quindi un potente esempio di come il progresso scientifico e tecnologico possa scontrarsi con i limiti e le paure della società. È una lezione di umanità, che ricorda quanto sia importante riconoscere e rispettare la diversità e la libertà individuale, perché solo così il genio può esprimersi pienamente e contribuire a migliorare il mondo. Turing è, ancora oggi, un simbolo di coraggio, di resilienza e di speranza per tutti coloro che credono nella forza delle idee e nella necessità di lottare contro l’ingiustizia.
In ogni angolo della storia della scienza, la sua figura emerge come una luce inquieta, una mente capace di pensare oltre i confini imposti, eppure schiacciata da quegli stessi confini sociali che avrebbe voluto abbattere. La sua eredità è un invito a guardare al futuro con curiosità, consapevoli che ogni innovazione nasce spesso da un conflitto tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. Il suo nome rimarrà per sempre legato non solo alla nascita dell’informatica, ma anche alla lotta per il riconoscimento dei diritti umani e alla sfida di umanizzare la tecnologia in un mondo in continua evoluzione.