sabato 2 agosto 2025

SANT’IVO ALLA SAPIENZA: STORIA, FORME E RITORNO DI UN CAPOLAVORO BAROCCO

1. Introduzione: la città e il suo patrimonio

Roma è, più di ogni altra città europea, il risultato di una stratificazione di epoche che si sovrappongono e si richiamano in un dialogo continuo. Ogni fase storica ha lasciato tracce evidenti, talvolta in aperto contrasto, talvolta fuse in una sorprendente armonia. All’interno di questo paesaggio urbano, il Barocco occupa un posto di assoluto rilievo, avendo trasformato la città in un laboratorio in cui l’architettura si è fatta narrazione teologica, politica e culturale. In questo contesto Sant’Ivo alla Sapienza, opera di Francesco Borromini, rappresenta un caso unico: un edificio di piccole dimensioni ma di straordinaria complessità formale e simbolica, concepito come sintesi di sapere universale e tensione spirituale.
La riapertura prevista per la fine del 2025, a seguito di un lungo restauro, non è soltanto un evento culturale ma un’occasione per riflettere sull’idea stessa di patrimonio: ciò che viene restituito non è semplicemente un edificio, ma un modo di pensare e costruire la città.

2. Francesco Borromini e l’invenzione barocca

Nato nel 1599 a Bissone, sul lago di Lugano, Francesco Borromini giunse a Roma giovanissimo, formandosi accanto a Carlo Maderno e collaborando con Gian Lorenzo Bernini, con il quale ebbe rapporti tanto intensi quanto conflittuali. L’opera di Borromini si distingue per un linguaggio radicale: mentre Bernini privilegiava la spettacolarità scenografica e la fusione tra arti, Borromini spingeva la ricerca verso soluzioni geometriche ardite, spesso cariche di significati simbolici, ispirate a un’idea quasi “matematica” della bellezza.
Sant’Ivo alla Sapienza, realizzata a partire dal 1642 per ordine di papa Urbano VIII e completata sotto Innocenzo X, è forse il vertice di questa sperimentazione: un luogo in cui la forma architettonica diventa diagramma della conoscenza e riflessione sulla natura della fede.

3. Il contesto dell’Università della Sapienza

La chiesa è inserita nel cortile del Palazzo della Sapienza, antica sede dell’università pontificia fondata nel XV secolo. L’edificio universitario stesso è già un luogo carico di significati: qui si formavano le élite ecclesiastiche e intellettuali dello Stato pontificio. Sant’Ivo doveva dunque essere una cappella universitaria, non una basilica per la devozione popolare di massa, ma uno spazio dedicato a una comunità ristretta di studiosi e docenti.
Borromini interpreta questa funzione in modo originale, progettando una chiesa che unisce il rigore accademico alla tensione verso l’infinito. La geometria della pianta – una stella a sei punte generata dall’intersezione di due triangoli equilateri – è al tempo stesso un richiamo alla perfezione matematica e un simbolo della sapienza divina. Il risultato è un’architettura che sembra concepita più come un teorema visivo che come un tradizionale edificio liturgico.

4. Geometria e simbolismo

L’innovazione borrominiana emerge con forza nello schema planimetrico. Non una semplice croce latina o greca, né una pianta centrale convenzionale, ma un intreccio di curve concave e convesse che creano un effetto dinamico e centrifugo. Le sei punte della stella richiamano diversi significati: la perfezione, la sapienza biblica, la stella di Davide (con significati cristologici) e persino la rappresentazione alchemica dell’unione di opposti.
Sulla pianta si innesta la cupola, che all’interno si presenta come un poligono articolato e all’esterno culmina nella celebre lanterna elicoidale, sormontata da una fiamma. Questo elemento, probabilmente ispirato a torri medievali e motivi rinascimentali, è qui reinterpretato come segno ascensionale: un vortice che conduce lo sguardo verso il cielo. La lanterna non è un semplice ornamento ma il fulcro simbolico dell’intero edificio, manifesto di una spiritualità in tensione costante.

5. Materiali, luce e percezione spaziale

Borromini utilizza materiali relativamente poveri, come stucchi e intonaci, lavorati però con estrema raffinatezza. Il candore delle superfici interne esalta il gioco della luce naturale, che penetra dalla lanterna e dalle finestre superiori, creando un ambiente quasi astratto, privo di colore ma ricco di vibrazione luminosa. Questa scelta si oppone consapevolmente alla teatralità berniniana, che privilegiava marmi policromi e decorazioni sontuose: Sant’Ivo punta invece su un’idea di bellezza sobria, quasi ascetica, in cui la decorazione si riduce a pochi motivi geometrici e simbolici.
L’effetto percettivo è sorprendente: lo spazio, pur di ridotte dimensioni, appare illimitato, e la complessità della pianta induce una sensazione di movimento che contrasta con l’apparente staticità della struttura muraria.

6. Il restauro contemporaneo

La chiusura al pubblico degli ultimi anni era dovuta alla necessità di consolidare l’edificio e di intervenire su superfici gravemente compromesse. L’inquinamento atmosferico, l’umidità e i microfenomeni di degrado avevano progressivamente oscurato la leggibilità dell’opera.
Il restauro, condotto con un approccio multidisciplinare, ha previsto rilievi laser-scanner e fotogrammetrici, analisi dei materiali originali, puliture selettive con tecniche non invasive e consolidamento strutturale della lanterna. Particolare attenzione è stata posta alla reversibilità degli interventi, al fine di preservare la possibilità di futuri studi e ulteriori miglioramenti. Il cantiere ha rappresentato anche un’occasione di formazione, coinvolgendo studenti e giovani professionisti, e creando un ponte tra il sapere storico e le tecnologie di conservazione più avanzate.

7. Significato della riapertura

La riapertura di Sant’Ivo alla Sapienza, prevista per la fine del 2025, assume un valore che va oltre l’aspetto tecnico del restauro. In primo luogo, rappresenta un atto di restituzione: alla città, che recupera un luogo simbolico; alla comunità scientifica, che potrà nuovamente studiare dal vivo un capolavoro spesso accessibile solo tramite immagini e modelli; e al pubblico, che potrà vivere l’esperienza di uno spazio unico.
Dal punto di vista culturale, questa riapertura si inserisce in un più ampio movimento di valorizzazione del patrimonio architettonico italiano, volto non solo a conservare ma a rendere fruibile il bene, riconoscendolo come risorsa identitaria e volano per la conoscenza.

8. Sant’Ivo e il Barocco europeo

L’impatto di Sant’Ivo non si limita al contesto romano. La sua influenza è rintracciabile in numerosi edifici barocchi successivi, in particolare nell’Europa centrale, dove l’opera di Borromini venne ampiamente studiata e reinterpretata. Architetti come Johann Bernhard Fischer von Erlach o Balthasar Neumann hanno dimostrato di conoscere e apprezzare il linguaggio borrominiano, adottando schemi dinamici e soluzioni spaziali complesse ispirate a modelli romani.
La riapertura della chiesa non è quindi solo un evento locale: restituisce al dibattito internazionale sull’architettura barocca un documento essenziale, un laboratorio di idee ancora oggi capaci di stimolare nuove riflessioni.

9. Conclusioni

Sant’Ivo alla Sapienza è un’opera che trascende la sua stessa funzione liturgica, configurandosi come sintesi di saperi e aspirazioni: la geometria come immagine della sapienza divina, la luce come metafora della conoscenza, la forma elicoidale come simbolo della tensione verso l’infinito. La sua riapertura segna un momento di particolare rilievo non solo per Roma, ma per la storia dell’architettura e della cultura europea.
In un’epoca in cui la conservazione del patrimonio si intreccia con la sua valorizzazione, il restauro e la restituzione di Sant’Ivo rappresentano un esempio virtuoso: un dialogo tra passato e presente, tra eredità storica e futuro, tra scienza del costruire e aspirazione spirituale.