"Taci, anzi parla. Diario di una femminista", pubblicato postumo nel 1978 da Scritti di Rivolta Femminile, è molto più di un semplice diario: è il testo fondativo di un pensiero che ha mutato alla radice le forme della coscienza femminile e il senso stesso dell'agire politico per una donna. Carla Lonzi, attraverso la pratica diaristica, costruisce uno spazio altro rispetto al pensiero maschile, un luogo di soggettività irriducibile che rifiuta le mediazioni ideologiche, i ruoli imposti e l'alienazione storica in cui le donne sono state confinate. Il diario diventa, così, un dispositivo di verità e un laboratorio radicale di autocoscienza.
In questo testo, che copre circa un decennio di riflessioni, a partire dai primi anni Settanta fino alla fine della vita dell'autrice nel 1982, si snoda un percorso che dissolve le categorie politiche tradizionali e interroga ogni assunzione del potere patriarcale. Il pensiero di Carla Lonzi non è teorico in senso accademico, e anzi diffida della teoria come forma di controllo: è una pratica di vita, un esercizio quotidiano di diserzione dal dominio simbolico dell'uomo.
Questo gesto di "tacere per parlare", ovvero di rifiutare la parola conformata per ritrovare una parola autentica, è uno dei poli centrali dell'intero diario. Lonzi mostra come la parola della donna, nella storia della cultura occidentale, sia sempre stata o soppressa o catturata all'interno di modelli retorici e concettuali maschili. La sua scrittura, invece, si impone come un atto di separazione: non più voler essere come gli uomini, ma rifiutare il confronto stesso, per esistere finalmente secondo un'altra logica, quella del desiderio, dell'autenticità, della differenza radicale.
Il diario si costruisce quindi come un testo iperframmentario, spesso disordinato, volutamente privo di una costruzione logico-argomentativa lineare. Eppure, proprio in questa forma spezzata, sincopata, irregolare, si rivela la sua potenza. Lonzi vuole restituire la vita vissuta, la soggettività in lotta, le contraddizioni, le tensioni che attraversano il corpo e la mente di una donna che decide di non piegarsi più.
Un tema cruciale è quello del rapporto con l'uomo: Lonzi analizza, attraverso le sue relazioni personali, l'impossibilità di un amore che non sia strutturato dalla diseguaglianza. La sua lunga relazione con lo scultore Pietro Consagra viene decostruita e osservata come paradigma della subordinazione affettiva. Non c'è spazio per una soggettività piena quando il riconoscimento dell'altra passa attraverso lo sguardo patriarcale. La rottura diventa perciò non solo inevitabile, ma necessaria: è il gesto etico con cui Lonzi afferma il proprio essere fuori da ogni tentativo di assimilazione.
Questo stesso gesto la conduce a rifiutare ogni forma di militanza ideologica, compreso il femminismo che si organizza secondo modelli politici tradizionali. Per Lonzi, la rivoluzione non è un cambiamento delle strutture, ma una trasformazione interiore, una rinascita nella parola e nell'esperienza. Rivolta Femminile, il gruppo che fonda nel 1970 con Carla Accardi ed Elvira Banotti, non è un collettivo politico in senso classico, ma un nucleo di autocoscienza, di esplorazione radicale della differenza sessuale.
Il diario diventa l'epicentro di una pratica nuova: quella dell'autenticità, della fedeltà a sé, del rifiuto di ogni mediazione. È un testo scritto contro ogni compromesso: non cerca consensi, non si piega a logiche culturali, non vuole insegnare, né guidare. È la traccia di una solitudine che si fa forza costituente, di una dissidenza che si radica nella carne.
Lonzi rifiuta la storia dell'arte e della cultura come narrazione patriarcale. Dopo "Autoritratto" e "Sputiamo su Hegel", "Taci, anzi parla" completa la traiettoria di una filosofa che non vuole più esserlo, di una critica che rinnega ogni istituzione, di una donna che rifiuta di essere funzione. La sua critica al pensiero maschile, da Hegel a Marx, è implacabile: non si tratta di modificarlo, ma di abbandonarlo. La donna non è l'altro dell'uomo, è un soggetto che non ha mai avuto storia perché la storia era scritta da altri.
Il diario è anche una testimonianza lacerante di come la liberazione interiore sia un cammino doloroso, pieno di fallimenti, di vuoti, di smarrimenti. Lonzi non si propone mai come esempio, anzi, espone le sue fragilità, le sue esitazioni, i momenti di crollo. Ma è proprio questa vulnerabilità ad essere la forza del testo: la verità non è mai totale, ma solo in divenire, sempre da riconquistare.
La scrittura di Lonzi in "Taci, anzi parla" anticipa molte delle riflessioni che emergeranno nel pensiero della differenza, in Italia e non solo. L'idea che la liberazione non passi per l'eguaglianza ma per il riconoscimento dell'alterità; che la politica non sia un campo neutro, ma impregnato di linguaggio e potere sessuato; che il corpo non sia un semplice strumento, ma il luogo stesso della soggettività, della verità, dell'insorgenza.
Questo testo continua oggi a turbare, a dividere, a bruciare. Non è un libro che si lascia pacificare: si offre piuttosto come un campo di tensione, come una scossa che attraversa la coscienza. In un tempo in cui il femminismo rischia di essere ridotto a discorso istituzionale o retorico, Lonzi ci richiama alla radicalità originaria del gesto femminista: essere fedeli a sé stesse, rompere ogni patto con il potere, parlare solo quando si ha qualcosa da dire che viene da dentro.
"Taci, anzi parla" è dunque un libro impossibile da classificare: diario, manifesto, autoanalisi, testo letterario, cronaca privata. E proprio in questa impossibilità di essere ridotto a un genere sta la sua forza. Come la sua autrice, il libro rifiuta ogni collocazione. E apre, ancora oggi, spazi di libertà.
Ogni pagina è una soglia: verso l'inizio di un linguaggio nuovo, verso l'ascolto di una voce che non aveva mai potuto risuonare. Non c'è concessione, non c'è indulgenza. Ma c'è una forza indomabile, che nasce dal silenzio e lo spezza.
"Taci, anzi parla": è l'invito che Carla Lonzi rivolge a tutte le donne. Ma è anche il monito che lascia in eredità a un mondo che non ha ancora imparato ad ascoltare.
APPROFONDIMENTI
1. Il rapporto con il femminismo francese Il pensiero di Carla Lonzi si colloca in un dialogo implicito, e talvolta in aperta tensione, con il femminismo francese degli anni Settanta, in particolare con le riflessioni di Luce Irigaray, Hélène Cixous e Julia Kristeva. Sebbene Lonzi non sembri citarle esplicitamente, si percepisce una comunanza profonda nella centralità data alla soggettività femminile, alla scrittura del corpo e alla necessità di un linguaggio altro. Tuttavia, mentre le francesi operano una riflessione semiotico-filosofica sul linguaggio e l'inconscio, Lonzi sceglie la via più diretta e autobiografica, ancorata alla pratica dell'autocoscienza.
2. La ricezione critica Per decenni, l'opera di Lonzi è rimasta ai margini della riflessione filosofica ufficiale, ma ha conosciuto una crescente attenzione a partire dagli anni Novanta. Filosofe come Adriana Cavarero, Luisa Muraro e Chiara Zamboni hanno contribuito a restituire alla sua scrittura il peso politico e simbolico che merita. Nonostante ciò, la critica accademica fatica ancora a collocare la radicalità di Lonzi in un quadro disciplinare, proprio per l'ostinata irriducibilità del suo discorso.
3. Il legame con Rivolta Femminile Il gruppo Rivolta Femminile è stato il contesto germinale in cui Lonzi ha elaborato le sue tesi più radicali. Ma già nella sua struttura Rivolta si opponeva a ogni forma di organizzazione centralizzata. Era un gruppo non gerarchico, basato sull'esperienza condivisa, sulla pratica dell'autocoscienza e sul rifiuto delle istanze rivoluzionarie maschili. "Taci, anzi parla" può essere letto anche come il diario di un'avventura collettiva, e insieme della sua dissoluzione.
4. Linguaggio e genealogia filosofica Lonzi rifiuta apertamente la tradizione filosofica occidentale, ma nel farlo la conosce a fondo. La sua scrittura è una forma di decostruzione: smonta dall'interno il pensiero di Hegel, Marx, Freud, Nietzsche, mostrando come la donna sia sempre il punto cieco, l'assente, il negativo. La sua genealogia si pone fuori dalla linea del Logos, e tenta di costruire un altro albero: non più quello del sapere, ma quello della relazione.
5. L'eredità oggi Nel tempo del femminismo intersezionale, delle lotte LGBTQ+, dei transfemminismi, il pensiero di Lonzi continua a essere scomodo e attuale. Alcune sue posizioni (come il rifiuto della teoria, l'assolutizzazione della differenza sessuale) possono apparire oggi problematiche, ma è proprio in questa intransigenza che sta la sua forza: ci obbliga a porci domande radicali su che cosa significhi essere soggetto, su chi parla, da dove, e a chi.
Continuare a leggere Lonzi, dunque, non significa aderire al suo pensiero, ma lasciarsi interrogare. Accettare che la voce femminile non può mai essere completamente assunta, mai completamente compresa. E che la verità di quella voce sta, forse, proprio nel suo silenzio che precede ogni parola.