giovedì 20 novembre 2025

Le piacenze e i naufragi (40 elegie)


1.

Se andare è cadere, piuma spezzata,
il vento non consola:
fa della carne il suo gioco
e della luce un taglio aperto.


---

2.

Colpi d’ala, sbiechi,
il cielo si chiude in un respiro;
guardiamo una volta,
senza voltare,
senza capire dove riposa la vita.


---

3.

È sul confine della pelle,
sulla curva delle palpebre:
lì affondano i nostri giorni,
e del frutto assaggiato resta solo
un seme amaro.


---

4.

Chiudiamo le mani
contro il tempo che sfugge.
Ma la parte nascosta,
dove il morso non ha raggiunto,
quella ci tradisce.


---

5.

C’è una legge selvaggia
che guida gli occhi
e incide sul volto
le parole mai dette.


---

6.

Il viso si illumina,
ma è solo la paura.
Paura del passo,
del colpo,
della luce che svanisce.


---

7.

Un secondo basta,
un secondo a guardare,
e il cielo si apre
su un vuoto che chiama.


---

8.

Non ci sarà ripartenza,
solo il naufragio:
un’onda lenta che canta
dove nessuno può sentirla.


---

9.

L’ala si spezza,
il canto si ferma,
e di noi restano
solo leggi infrante,
mai scritte.


---

10.

Se naufragare è guardare,
allora i nostri occhi
sono scogli,
fissi e inerti.


---

11.

E quando mangiamo frutta
sentiamo il dolore del ramo
che trattiene il ricordo
di un sole perduto.


---

12.

Passiamo accanto alle cose
senza trattenerle:
ogni passo un addio,
ogni sguardo un abisso.


---

13.

Della vita e della morte
portiamo in volto le tracce,
ma mai il segreto.


---

14.

Le piacenze che tocchiamo
non ci appartengono:
sono voci
che si dissolvono nel vento.


---

15.

Eppure c’è luce,
anche nel baratro:
sfavilla come l’ultima scintilla
di un falò dimenticato.


---

16.

Mai richiudere:
il frutto si guasta,
il mare evapora.
Lascia che sia aperta
la ferita.


---

17.

Andare è sempre
un barcollare,
un’illusione di volo.


---

18.

Non c’è riposo nel guardare:
solo una sete,
e una domanda
che non conosce risposta.


---

19.

Sulla superficie del viso
si scrive ciò che non osiamo dire:
la memoria dei naufragi,
la bellezza delle cadute.


---

20.

E se la vita fosse
solo l’eco di un colpo d’ala?
Un lampo che sfavilla
prima di spegnersi?


---

21.

Se andare è piegarsi,
l’uccello ferito si rifugia
nell’ombra delle foglie.
Non vola,
sogna la ferita chiusa.


---

22.

Guardare un istante
e non ripartire:
ecco il nostro naufragio.
Non è il mare a tradirci,
ma il silenzio degli occhi.


---

23.

Mangiare il frutto,
ma mai fino al nocciolo.
Cosa rimane del dolce,
se non l’assenza?


---

24.

Dalla parte che non richiudiamo
sanguinano segreti.
Il mondo è intero
solo quando lo lasciamo aperto.


---

25.

La vita e la morte
si tengono per mano,
scambiandosi il turno
sul nostro viso.


---

26.

Sfavilla il volto,
ma non è gioia:
è l’ultimo riflesso
prima della caduta.


---

27.

Le leggi selvatiche
ci chiamano al confine,
dove il cielo non perdona
e il vento non aspetta.


---

28.

Non è nel partire il dolore,
ma nell’indugiare.
Il passo mai fatto
ci pesa addosso come un’ombra.


---

29.

A chi appartengono
queste piacenze,
se non al vento
che porta via tutto?


---

30.

Colpiti a metà volo,
ci illudiamo ancora di planare.
Ma è solo la caduta
a darci un senso.


---

31.

Il frutto che mordiamo
ha il sapore di un addio:
mai dolce,
mai nostro.


---

32.

Chi raccoglie le leggi
non sa scriverle.
Sulla pelle restano segni,
non parole.


---

33.

Un secondo è eterno
se guardi davvero.
Ma chi osa fissare
il confine della luce?


---

34.

Naufragare non è morire,
è cedere alla bellezza
della deriva,
dove non c’è strada.


---

35.

Della vita e della morte
abbiamo solo un assaggio:
mai l’intero banchetto,
mai il compimento.


---

36.

Sulla superficie del viso
si riflettono mari
che non abbiamo mai navigato.


---

37.

Se il barcollo è il passo,
allora camminare è ferirsi.
Eppure non possiamo fermarci.


---

38.

Lascia che il frutto cada.
Non tutto va mangiato.
A volte la fame è un dono.


---

39.

Sfavilla il viso,
ma solo di chi sa.
Chi ignora,
porta un’ombra di luce mai accesa.


---

40.

Il colpo improvviso
non uccide l’uccello,
ma lo costringe a ricordare
che il volo ha un prezzo.


---

Nota

Le 40 elegie nascono da un processo di amplificazione poetica su miei vecchi testi, che ha cercato di esplorare ogni piega dei significati suggeriti dal tuo linguaggio intenso e polisemico.

Ho preso come nucleo ispiratore le immagini del movimento (l’andare, il barcollare, il naufragare), del contatto (il frutto, la superficie), e del dualismo (la vita e la morte, l’aperto e il chiuso). Ogni elegia si propone come una riflessione autonoma, un frammento di pensiero poetico che tenta di mantenere il tuo stile evocativo ma introducendo variazioni tematiche e ritmiche.

Il lavoro si struttura così:

1. Motivo del movimento: Nelle prime elegie si indaga il tema del "barcollo improvviso" e del "passare," interpretati come metafore del nostro transito esistenziale. L’uccello ferito diventa simbolo della fragilità e della resistenza.


2. L’idea del naufragio: Seguono elegie che approfondiscono il naufragio non solo come perdita, ma come abbandono consapevole, accettazione di una deriva inevitabile. Questo tema s’intreccia al concetto di sospensione, il "guardare senza ripartire."


3. Il frutto come simbolo: Il frutto richiama la dualità piacere/perdita. In alcune elegie, diventa simbolo del desiderio, della caducità, e del confine tra ciò che si possiede e ciò che si lascia andare.


4. Le leggi selvatiche: La natura stessa diventa regolatrice di questi movimenti e delle tensioni umane. Le "selvatiche Leggi" riflettono il mistero di ciò che ci guida, spesso al di fuori del nostro controllo razionale.


5. La superficie del viso: Il viso sfavillante è un’immagine chiave che chiude molte delle elegie. Lo interpreto come uno specchio che registra il passaggio del tempo, della luce e dell’ombra, diventando simbolo di una memoria poetica inscritta nei corpi.


---

Ho scelto di strutturare le elegie in modo che ogni singola unità sia un piccolo universo lirico, ma mantenendo un filo conduttore sottile, come un mosaico in cui ogni tessera aggiunge profondità alla visione complessiva.

Il risultato è un lavoro che si presta a diverse letture: può essere letto come una sequenza o per singoli frammenti. L’obiettivo era mantenere il respiro di quel mio testo originario, amplificandolo in un coro di variazioni poetiche.