A Trento, tra le mura antiche del Museo Diocesano, una voce del passato torna a farsi sentire. Non quella dei vincitori, ma dei dimenticati: i contadini che nel 1525 si ribellarono al potere vescovile e imperiale. A cinquecento anni da quelle rivolte, il museo dedica loro una grande mostra, aperta fino al 26 gennaio 2026, dal titolo “Poveri diavoli. Le rivolte contadine del 1525 nel principato vescovile di Trento”. A idearla e curarla sono Domizio Cattoi e Marta Villa, con la collaborazione di Alessandro Paris. Ma più che un’esposizione, è un dialogo lungo cinque secoli tra chi volle cambiare il mondo e chi oggi tenta ancora di capirlo.
Non si tratta di una rievocazione storica, ma di una riflessione collettiva su ciò che muove le insurrezioni, su come la povertà diventi linguaggio politico e su quanto le disuguaglianze del passato si riflettano nelle tensioni del presente. Le rivolte del 1525 non vengono raccontate come un episodio remoto, ma come una ferita che attraversa ancora le nostre società: una memoria che non si lascia chiudere nei libri di storia.
L’iniziativa nasce da una rete di istituzioni che unisce ricerca, cultura e cittadinanza: il Museo Diocesano Tridentino, l’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler, il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e il Museo Diocesano di Bressanone. Tutti insieme sotto l’egida del programma Euregio “1525–2025. Museo. Pensa oltre!”, che invita a rileggere la storia come un laboratorio di idee per il presente.
L’allestimento non si limita a mostrare: suggerisce, evoca, mette in relazione. È un percorso che interroga più che spiegare, che invita a riflettere su come si costruiscono le narrazioni del potere, su come le ingiustizie si ripetano in nuove forme e su quale spazio resti, oggi, per la ribellione. Non c’è nostalgia né retorica, ma la volontà di comprendere un gesto collettivo che, pur sconfitto, ha lasciato una traccia di libertà.
Chi attraversa la mostra non trova soltanto il passato, ma un modo diverso di guardarlo: come una materia viva, capace di restituire senso alle lotte di oggi. “Poveri diavoli” diventa così un invito alla coscienza critica, un viaggio tra le domande che attraversano il tempo: chi decide cosa è giusto? chi scrive la storia? e soprattutto, chi ha ancora il coraggio di alzare la voce?
Il Museo Diocesano Tridentino apre le sue porte ogni giorno, tranne il martedì, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.
Un appuntamento con la memoria, ma anche con la responsabilità di ascoltarla.