Entrare nelle pagine di Luciano Fabro. Maestro torna Maestro significa immergersi in un percorso che è al tempo stesso artistico, teorico e pedagogico. Questo volume, pubblicato da Silvana Editoriale e curato da Laura Cherubini e Raffaella Pulejo, raccoglie gli atti delle giornate di studio tenutesi all’Accademia di Brera nel febbraio 2010, offrendo un quadro complesso e articolato della figura di Fabro, sia come artista sia come maestro. A prima vista, potrebbe sembrare un libro di analisi critica o un catalogo di opere; tuttavia, sin dalle prime pagine emerge un tratto distintivo: Fabro non è presentato come un semplice creatore di oggetti, ma come un intellettuale capace di far dialogare la pratica artistica con la riflessione teorica e con un’attitudine profondamente pedagogica.
Il volume si distingue immediatamente per la pluralità di voci che lo compongono. Tra i contributi figurano quelli di Mario Airò, Gianni Caravaggio, Bruno Corà, Liliana Moro, Hidetoshi Nagasawa, Valter Rosa, Bernhard Rüdiger, Paolo Scirpa, Daniel Soutif, Francesco Tedeschi, Tommaso Trini e Luciana Trombetta. Questa molteplicità di prospettive non è casuale: ciascun autore porta con sé uno sguardo differente, che insieme costruisce un ritratto composito dell’artista, riuscendo a restituire la complessità di un percorso in cui creatività, concetto e insegnamento si intrecciano senza soluzione di continuità.
Mario Airò apre il dibattito concentrandosi sull’approccio sperimentale di Fabro, sottolineando come la sua ricerca sullo spazio e sulla materia non si limiti a una dimensione estetica, ma implichi una riflessione teorica profonda. Fabro, secondo Airò, concepisce l’opera come nodo di significati, in cui ogni scelta materiale diventa gesto concettuale. Gianni Caravaggio, invece, analizza la posizione di Fabro all’interno del movimento dell’Arte Povera. Nonostante Fabro sia uno dei protagonisti di questo movimento, Caravaggio evidenzia come la sua pratica non si riduca a un linguaggio condiviso, ma conservi un carattere personale e critico, capace di interrogare le convenzioni e di spingere oltre i limiti del movimento stesso.
Bruno Corà e Liliana Moro offrono invece una lettura più centrata sul ruolo di Fabro come maestro. Emergono qui due aspetti fondamentali: da un lato, la capacità di stimolare negli studenti un pensiero critico indipendente; dall’altro, la volontà di costruire un ambiente di apprendimento che fosse spazio di confronto e di crescita collettiva. Fabro non impartiva lezioni nel senso tradizionale, ma proponeva sfide concettuali, discussioni, esercizi di osservazione e sperimentazione, trasformando le aule dell’Accademia di Brera in veri laboratori di ricerca creativa.
Il volume integra questi contributi con due testi scritti dallo stesso Fabro, nei quali l’artista mette a fuoco la propria metodologia, il suo rapporto con la materia e con lo spazio, e le riflessioni sull’insegnamento. Questi testi offrono al lettore l’opportunità di ascoltare direttamente la voce del maestro e di comprendere il filo conduttore che unisce la sua pratica artistica alla sua attività didattica: la convinzione che ogni forma d’arte sia, in ultima analisi, un atto di comunicazione e di relazione, non solo tra oggetto e spettatore, ma anche tra maestro e allievo.
Le opere illustrate nel volume, circa cento in bianco e nero, non sono semplici documentazioni, ma veri strumenti interpretativi. Dalle installazioni concettuali agli oggetti tridimensionali, dalle opere su carta alle sculture in materiali poveri, ogni immagine accompagna la riflessione teorica dei saggi, permettendo di cogliere la coerenza interna della poetica di Fabro e la sua capacità di dialogare con lo spazio, con la materia e con lo spettatore. La dimensione visiva si fonde con quella concettuale, rendendo il libro un’esperienza che coinvolge tanto l’intelletto quanto la sensibilità estetica.
Un tema centrale del volume riguarda l’insegnamento. Fabro non era un maestro che trasmetteva tecniche precostituite, ma un educatore che stimolava il pensiero critico e la curiosità. Le pagine del libro mostrano come il suo approccio pedagogico fosse un’estensione naturale della sua pratica artistica: le lezioni diventavano laboratori di idee, in cui la sperimentazione era incoraggiata, e il confronto intellettuale era continuo. Questo tipo di insegnamento aveva l’obiettivo di costruire non solo artisti, ma individui capaci di pensare in modo autonomo, di interrogarsi sul significato dell’arte e sul ruolo dell’artista nella società.
Il rapporto di Fabro con l’Arte Povera, movimento di cui fu protagonista, è analizzato con grande attenzione. Il volume evidenzia come la sua pratica mantenga un equilibrio tra sperimentazione e rigore concettuale: Fabro utilizza materiali poveri e quotidiani non come fine in sé, ma come strumenti per esplorare la relazione tra oggetto, spazio e spettatore. Ogni opera diventa così un atto di pensiero e di comunicazione, in cui l’oggetto materiale è al tempo stesso veicolo di concetti e interrogativi.
Particolare rilievo è dato anche al progetto della Casa degli Artisti, ideato da Fabro insieme a Jole de Sanna e Hidetoshi Nagasawa. La Casa degli Artisti rappresenta un esempio concreto della visione di Fabro dell’arte come pratica sociale e comunitaria. Non si tratta solo di uno spazio espositivo, ma di un laboratorio di scambio, in cui artisti, studenti e critici potevano interagire liberamente, condividere esperienze e stimolare la ricerca creativa. La pubblicazione analizza questo progetto come manifestazione della capacità di Fabro di costruire reti culturali, di creare occasioni di dialogo e di sostenere la nascita di comunità artistiche coese e stimolanti.
Il volume si conclude con una riflessione sull’eredità di Fabro, sia come artista sia come maestro. La pluralità di voci e di prospettive offerte dal libro permette di cogliere la profondità della sua influenza sulla scena artistica italiana contemporanea. Fabro emerge come un modello raro di artista capace di coniugare libertà creativa, rigore concettuale e capacità pedagogica. Il lettore viene invitato a riflettere non solo sulla dimensione estetica delle sue opere, ma anche sul loro ruolo educativo e sociale.
In definitiva, Luciano Fabro. Maestro torna Maestro non è un libro da sfogliare frettolosamente: è un percorso di lettura che richiede attenzione e riflessione, ma che restituisce una comprensione profonda della figura di Fabro. Ogni saggio, ogni immagine e ogni riflessione contribuiscono a costruire il ritratto di un maestro che continua a parlare attraverso le sue opere, i suoi scritti e le esperienze dei suoi studenti. La lettura di questo volume è un invito a riscoprire l’arte come spazio di pensiero, dialogo e crescita culturale, e a riconoscere in Fabro non solo l’artista, ma il maestro, il testimone e il narratore di una stagione cruciale dell’arte contemporanea italiana.