domenica 4 maggio 2025

"Il portiere di notte" di Liliana Cavani: Trauma, ripetizione e memoria storica tra sacro e violenza, influenze contemporanee e comparazioni con il cinema europeo e asiatico

"Il portiere di notte" (1974), diretto da Liliana Cavani, รจ un film tanto controverso quanto emblematico, diventato col tempo un cult nella riflessione sul potere, il desiderio e la memoria del trauma. Interpretato da Dirk Bogarde (Max) e Charlotte Rampling (Lucia), รจ un’opera che si muove su un filo teso fra erotismo, sadomasochismo e il rimosso dell’Olocausto.

Il film esplora la relazione disturbante tra un ex ufficiale delle SS e una ex deportata che, anni dopo, si ritrovano a Vienna. La loro relazione, giร  ambigua nel campo di concentramento, si riaccende in forma privata e segreta, sospesa tra il bisogno di elaborazione e la ripetizione compulsiva. Cavani non giudica, ma espone: ciรฒ che sconvolge รจ la restituzione cruda di una dipendenza reciproca che rifiuta la morale.

La regia della Cavani, austera e visivamente elegante, gioca con l’iconografia nazista – uniformi, ambienti simmetrici, gesti rituali – trasformandola in linguaggio visivo della perversione. Le atmosfere fredde e decadenti di Vienna contribuiscono a un senso di tempo sospeso, in cui la Storia non รจ superata ma continua a infestare il presente.

Il personaggio di Lucia รจ al centro di ogni ambiguitร . Charlotte Rampling incarna una femminilitร  sfuggente, nรฉ vittima nรฉ carnefice, seducente e passiva insieme, che lascia lo spettatore privo di punti d’appoggio morali. Il suo celebre numero in uniforme nazista, con la bombetta e i guanti neri, รจ diventato una scena cult della storia del cinema.

Alla sua uscita, il film divise pubblico e critica. Fu accusato di sfruttare l’orrore dei campi per fini estetizzanti o persino pornografici, mentre altri lo difesero come un’esplorazione necessaria del rimosso europeo. In realtร , "Il portiere di notte" ha il merito di mostrare come il desiderio possa essere contaminato dalla violenza e come la memoria non sia mai davvero "passata".

Il film si colloca nel solco di un cinema politico e psicoanalitico degli anni '70, dove il corpo femminile รจ luogo di resistenza, ma anche di manipolazione e autoannientamento. Il sesso nel film รจ sempre mediatore del trauma: nรฉ liberatorio nรฉ affettuoso, ma cronicamente irrisolto.

Perfetto. Entriamo a fondo: "Il portiere di notte" non nasce dal nulla. รˆ un film figlio del proprio tempo, incastonato in una stagione culturale che riscrive le coordinate della rappresentazione storica, del desiderio e del potere.

Contesto storico e artistico: l’Europa degli anni ’70

Negli anni Settanta, l’Europa – e in particolare l’Italia e la Germania – รจ attraversata da una potente crisi d’identitร . La memoria della Seconda guerra mondiale non รจ ancora elaborata: la colpa del nazismo, la collaborazione, il silenzio delle istituzioni e la normalizzazione del trauma storico sono ancora temi caldi, spesso evitati o trattati con superficialitร . In questo senso, il film di Liliana Cavani irrompe come un’esplosione scomoda.

Il cinema europeo del periodo, specie quello d’autore, si interroga profondamente sul rimosso della Storia. รˆ il tempo di Fassbinder, di Syberberg, di Visconti (si pensi a La caduta degli dei, 1969), ma anche di Pasolini e Bertolucci: registi che non cercano la veritร  nei documenti, ma nei corpi, nei riti, nei sogni febbrili dei sopravvissuti. Cavani si inserisce in questo solco, con un’estetica che affonda nel simbolismo, nel teatro del trauma, nel doppio specchio della vittima e del carnefice.

"Il portiere di notte" viene presentato nel 1974, l’anno della strage di Piazza della Loggia, l’anno in cui la societร  italiana – ferita da anni di piombo e sospetti di connivenze istituzionali con forze eversive – scopre quanto sia ancora vivo il ventre molle del fascismo. In Germania, nel frattempo, l’Arbeitsgemeinschaft Auschwitz sta lavorando al processo contro i criminali nazisti ancora in libertร . Il rimosso ritorna: Cavani lo anticipa, lo mostra prima che diventi opinione pubblica.

Liliana Cavani: oltre il femminismo lineare

Spesso accusata di non essere “abbastanza femminista”, Cavani in realtร  propone un femminismo che rifiuta gli schemi binari di vittima e carnefice, di giusto e sbagliato. Il suo รจ un pensiero della complessitร , non dell’ideologia. Lucia (Charlotte Rampling) รจ una figura che disturba proprio perchรฉ sfugge alla catalogazione morale: ha subito, certo, ma ha anche scelto di tornare nella tana della belva. La Cavani non la celebra nรฉ la condanna – la osserva, la inquadra, la rende mistero.

In un’intervista, la regista dichiarรฒ:

“Lucia non รจ nรฉ masochista nรฉ martire. รˆ un essere umano che rifiuta la morale dei vincenti, che sa che la guerra, quella vera, continua dentro di noi.”

Il femminismo della Cavani รจ un femminismo dell’ambiguitร  e del corpo: non chiede vendetta, ma comprensione profonda dei meccanismi di potere interiorizzati. In questo senso, si distacca dal femminismo militante di quegli anni, ma non per opposizione: piuttosto, lo porta a un livello psicoanalitico.

Revisione della Storia e revisionismo

รˆ importante distinguere la revisione critica della Storia, che Cavani pratica, dal revisionismo storico negazionista. La regista non nega nรฉ attenua la barbarie del nazismo, ma ne indaga la persistenza nei meccanismi relazionali, nelle psicologie, nei desideri. “Il portiere di notte” non รจ un film storico, ma un film sull’impossibilitร  di archiviare la Storia. La memoria non si conserva nei libri: si incarna nei corpi.

La Vienna notturna e silenziosa che Cavani mette in scena รจ una cittร  in cui l’ombra del Reich รจ ancora viva. Gli ex nazisti sono ben inseriti nel tessuto sociale, alcuni nelle stanze del potere, altri impiegati d’albergo – ma tutti immersi nella rimozione attiva. Max e Lucia, invece, rifiutano la rimozione: nel loro amore malato, si consumano nel presente lacerato da un passato non redento.

"Il portiere di notte" รจ un film che non puรฒ essere risolto. Resta aperto, disturbante, e proprio per questo necessario. Cavani ci impone uno sguardo che non consola e non purifica. E lo fa con un rigore visivo e un coraggio concettuale che ne fanno una delle registe italiane piรน radicali del secondo Novecento.


Procediamo in due movimenti: prima una lettura simbolica delle scene principali de "Il portiere di notte", poi un confronto con Salรฒ di Pasolini. Due film abissali, che sfidano ogni confine morale – e lo fanno da sponde diversissime ma in qualche modo speculari.


Lettura simbolica delle scene principali de "Il portiere di notte"

1. Il ritrovamento (il teatro come inconscio)
Quando Lucia, ormai borghese sposata, incontra Max all’hotel viennese, la scena รจ immersa in una luce fredda, teatrale. La sala del teatro dove si tiene il processo agli ex nazisti diventa spazio simbolico: il palcoscenico non รจ piรน solo luogo della rappresentazione, ma dell’emersione dell’inconscio collettivo. Il passato non รจ morto, รจ lรฌ – vivo, incarnato. Lucia lo riconosce subito, come si riconosce un sogno ricorrente.

2. La danza con la bombetta (il potere del travestimento)
La scena piรน celebre – Lucia in uniforme nazista, con bombetta e guanti neri, che danza per i soldati – รจ un quadro pervertito di Weimar, cabaret e dominio. Ma รจ anche una meditazione visiva sul travestimento come potere e sottomissione. La donna si offre allo sguardo maschile, ma allo stesso tempo lo governa, lo seduce, lo sfida. รˆ vittima o regista? L’ambiguitร  รจ il cuore del film.

3. L’isolamento nell’appartamento (la stanza come utero/cripta)
Quando Max e Lucia si chiudono nel loro appartamento, rinunciano a tutto: cibo, contatti, presente. La casa diventa un utero, una cripta, una camera della memoria. Si nutrono solo della propria relazione, che รจ ricordo, dipendenza, ossessione. รˆ un ritorno al trauma come rifugio: la Storia non รจ superata, รจ diventata casa. In questo senso, Cavani anticipa quello che oggi chiameremmo trauma bonding.

4. Il finale (l’amore come eutanasia)
Il finale รจ una lenta condanna alla morte. Max e Lucia sanno di essere condannati: il loro amore non puรฒ esistere nel mondo. Si offrono alla fine come si offrivano al gioco erotico – senza parole, in silenzio, nell’abbraccio dell’irrimediabile. Il loro amore รจ un rito terminale. Nella morte, forse, c’รจ una pace che la vita non ha mai concesso.


Confronto con Salรฒ di Pier Paolo Pasolini (1975)

Pur diversissimi per poetica e tono, "Il portiere di notte" e "Salรฒ o le 120 giornate di Sodoma" sono due film gemelli nel loro tentativo di mettere in scena l’orrore come struttura del potere.

1. Il sadomasochismo come allegoria politica:
Entrambi i film usano la sessualitร  come chiave per smascherare il dominio. Ma se Cavani esplora l’ambiguitร  psichica e la nostalgia del potere nei sopravvissuti, Pasolini opera una dissezione chirurgica del potere fascista come pornografia della morte. In Salรฒ, il sesso รจ privato di piacere, รจ solo metodo, ideologia, amministrazione del corpo.

2. La rappresentazione del corpo:
Nel film di Cavani, il corpo รจ ambiguo, desiderante, ferito ma erotico. In Pasolini, invece, il corpo รจ giร  cadavere: i giovani sono carni offerte al sacrificio, corpi-vittima nella liturgia del potere assoluto. Salรฒ รจ apocalittico, mentre Il portiere di notte รจ necrofilo in senso figurato: l’amore รจ con un morto (il passato), ma รจ ancora amore.

3. Il tempo storico:
Il portiere di notte si ambienta nel dopoguerra e mette in scena la persistenza del male oltre il fascismo. Salรฒ, al contrario, รจ ambientato nella Repubblica di Salรฒ e diventa una parabola del fascismo come eternamente presente, fuori dal tempo. Pasolini non crede nella Storia come progresso; Cavani ci crede, ma ne mostra le incrostazioni.

4. L’estetica dell’orrore:
Cavani filma l’orrore con eleganza, silenzio, sospensione. Pasolini lo filma con gelo, simmetria, crudeltร  rituale. Il primo รจ un film psicoanalitico, il secondo รจ una teologia negativa. Entrambi perรฒ mettono in crisi lo spettatore, lo rendono complice scomodo.

5. Femminile e maschile:
Cavani esplora il femminile come zona di ambiguitร , desiderio e profonditร  emotiva. Pasolini, invece, cancella quasi del tutto la donna: nel suo film il femminile รจ svuotato, ridotto a funzione. La Storia – per Pasolini – รจ un’orgia tutta maschile. Per Cavani รจ invece un campo di battaglia interiore.


Tento ora un'analisi comparata scena per scena tra "Il portiere di notte" e "Salรฒ", poi passo a reazioni critiche, censure e influenze.


Analisi comparata scena per scena: "Il portiere di notte" vs "Salรฒ"

1. L’incontro tra vittima e carnefice (Cavani)
Nel film della Cavani, l’incontro casuale tra Lucia e Max รจ sospeso nel tempo, quasi irreale. Lo sguardo รจ tutto: un campo-controcampo lungo, muto, dove il riconoscimento รจ piรน che verbale, รจ un’epifania erotico-traumatica.

In Pasolini, l’incontro tra carnefici e vittime รจ invece programmato, ritualizzato: la selezione dei ragazzi, come in un casting per un massacro. Non c’รจ riconoscimento, ma classificazione. รˆ l’inizio di una struttura sadica e burocratica.

2. La scena del cabaret / la lettura delle regole
La danza di Lucia in uniforme nazista (Cavani) รจ una scena densissima di simbologie: il corpo come territorio occupato, il desiderio come arma. รˆ un teatro del potere, ma anche del ricordo.

In Salรฒ, il momento corrispondente รจ la lettura del regolamento da parte dei carnefici. Le regole non lasciano spazio all’eros: sono necrofile, sterilizzate, programmate. Il desiderio รจ bandito, resta solo il controllo.

3. Il rifugio degli amanti / il salone delle torture
Max e Lucia si rinchiudono in un appartamento spoglio, al buio, dove il tempo si annulla. รˆ un utero condiviso, ma anche una trappola. Vivono un erotismo compulsivo, regressivo.

In Salรฒ, lo spazio corrispondente รจ il salone dove le vittime ascoltano i racconti delle narratrici. รˆ uno spazio teatrale, anch’esso, ma dove il pubblico รจ ostaggio e il teatro รจ giร  morte. Le storie sono pornografia, ma svuotate da ogni immaginazione.

4. La scena del pane / la scena dell’escremento
In Il portiere di notte, Lucia morde un pezzo di pane che Max le offre. รˆ un gesto affettuoso ma carico di sottomissione. Un’eucarestia perversa: l’amore come nutrizione e dominio.

In Salรฒ, la corrispondenza simbolica รจ la famosa scena della coprofagia. Qui il pane รจ escremento, e il rito รจ demoniaco. L’amore รจ impossibile, l’umanitร  รจ spogliata.

5. Il finale: morte per amore / morte per spettacolo
Max e Lucia camminano incontro alla morte, insieme. La fine รจ tragica ma ancora umana, sebbene alienata. In qualche modo, รจ un suicidio condiviso.

In Salรฒ, i ragazzi vengono giustiziati mentre i carnefici si passano un binocolo. Non c’รจ pietร , nรฉ epica. Solo un ultimo atto di guardoni: la morte come cinema, come intrattenimento fascista.


Reazioni critiche, censure e influenze successive

Reazioni all’uscita (1974-75):

  • Il portiere di notte fu scandaloso, ma anche eletto a film cult nei cineclub europei. Critici come Pauline Kael lo detestarono, accusandolo di “pornografia chic”. Altri lo difesero come esempio di “psicoanalisi politica”. In Italia, la critica si divise: Morando Morandini lo apprezzรฒ per il coraggio; altri lo liquidarono come exploitation travestita da cinema d’autore.
  • Salรฒ fu immediatamente censurato in Italia. La prima avvenne postuma (Pasolini era giร  stato assassinato). Il film fu oggetto di sequestri, processi, condanne. Solo nel tempo venne rivalutato come uno dei piรน radicali atti politici della storia del cinema.

Censure:

  • Cavani subรฌ tagli e pressioni, specie per la scena del cabaret e le sequenze erotiche. Ma il film circolรฒ, seppur vietato ai minori.
  • Salรฒ fu vietato, sequestrato, accusato di oscenitร . In Inghilterra fu bandito per vent’anni. Oggi รจ considerato un “film-martire” della libertร  d’espressione.

Influenze successive:

  • Il portiere di notte ha generato una vera e propria estetica dell’ambiguitร  erotico-nazista, che si ritrova in Lars von Trier (Nymphomaniac), in Nagisa Oshima (L’impero dei sensi), e persino in certa moda (Helmut Newton, Tom of Finland in chiave dark).
  • Salรฒ ha ispirato registi come Gaspar Noรฉ (Sade reinventato per il rave), Haneke (Funny Games come teorema della visione sadica), ma anche gli shock artistici di Santiago Sierra e del primo Damien Hirst.

Proseguiamo con lo scavo filologico sulle fonti letterarie che hanno nutrito "Il portiere di notte" e la sua poetica — e a seguire un confronto tra Liliana Cavani e le registe italiane contemporanee.


Fonti letterarie: da De Sade a Moravia

Il marchese de Sade รจ l’ombra piรน lunga.
Non tanto per la violenza o la pornografia — che in Cavani รจ sempre spia di altro — quanto per l’idea che l’erotismo sia un sistema filosofico, un dispositivo conoscitivo. De Sade mette in scena il potere come libido, e la libido come struttura sociale. Cavani porta questa visione nel cuore dell’Europa post-nazista, dove il trauma non si รจ mai sublimato. Come i personaggi sadiani, Max e Lucia vivono fuori dalla legge morale, ma dentro un codice feroce, che si autoalimenta: la vittima non vuole salvarsi, vuole rimanere nella tana del lupo, per capire il lupo.

Leopold von Sacher-Masoch, con il suo Venere in pelliccia, รจ la radice romantica dell’ambiguitร . Lucia — con i guanti neri, il cappello militare, il gesto di porgere il piede — incarna una divinitร  crudele, ma anch’essa prigioniera della parte che deve recitare. Cavani la restituisce in una forma quasi meccanica, post-bellica: non c’รจ piรน natura, solo rituale.

Alberto Moravia, invece, รจ il nostro tramite italiano.
Nel suo L’uomo che guarda o in La noia, la sessualitร  รจ sempre una forma di mutismo ontologico. I corpi non si desiderano, si ispezionano.
Moravia scrive, come Cavani filma, una sessualitร  depressiva, in cui l’unico piacere รจ non fuggire. Non a caso, Cavani lavorรฒ per la RAI su sceneggiati che toccavano Moravia e la psicanalisi freudiana: anche per lei, l’erotismo รจ un’inchiesta.

Franz Kafka, infine, รจ presente nella forma: lo scenario kafkiano dell’hotel, i corridoi, le porte che si chiudono. Max รจ un burocrate del desiderio, Lucia รจ il suo fascicolo.
Non c’รจ colpa, nรฉ assoluzione — solo un processo senza fine, come ne Il processo.


Confronto con le registe italiane dell’epoca

Liliana Cavani si distingue per un uso militante della forma cinematografica.
Mentre le sue colleghe si muovono nel sociale, lei si infila nella storia repressa del Novecento, dalla mistica medievale a Hitler, da Francesco d’Assisi al Reich. Cavani non chiede comprensione, ma disvelamento: la veritร  che si guarda in faccia, anche se brucia.

Lina Wertmรผller, nello stesso periodo, esplora il potere ma attraverso la commedia grottesca. In film come Pasqualino Settebellezze o Film d’amore e d’anarchia, i corpi sono anch’essi vittime della storia, ma l’eros รจ ancora vivo, carnale, tragicomico. Il masochismo รจ sociale, piรน che psicanalitico.

Cristina Comencini, che emerge poco dopo, privilegia il melodramma psicologico. Le sue donne cercano un centro affettivo, mentre Lucia (Cavani) cerca un abisso condiviso. La Comencini lavora per restituire l’empatia e il dialogo, mentre Cavani scava nel silenzio e nella frattura.

Monica Vitti, regista solo in Scandalo segreto (1989), si muove in tutt’altro campo: l’intimitร  borghese, i piccoli tradimenti. Il suo sguardo รจ piรน vicino a quello di una Margherita Buy o di una Archibugi degli anni ‘90: la donna come perno emotivo del microcosmo familiare. Cavani, al contrario, scrive la donna come allegoria dell’Europa stuprata, colpevole e complice.


Entriamo ora nelle camere oscure di Liliana Cavani, dove la religione si fa corpo, il cinema รจ teologia laica, e la Storia diventa sogno violato. Seguendo i tre percorsi che proponi, affondiamo il bisturi:


1. Iconografia religiosa in Cavani: Francesco, Milarepa, La pelle


“Francesco d’Assisi” (1966)
รจ il primo laboratorio.
Cavani reinventa il santo come rivoluzionario dei corpi, non dei dogmi. Il Cristo povero, nudo, che abbraccia il lebbroso non รจ metafora: รจ gesto politico. Francesco diventa il primo dropout, l’hippie medievale che rifiuta la proprietร  e la guerra. La regia, spoglia e inquieta, punta a un realismo spirituale che rifiuta ogni santino.

“Milarepa” (1973) รจ un altro salto: biografia mistica del poeta e yogi tibetano. Cavani vira verso un oriente visionario, ma mai esotico. Il male non รจ fuori, รจ dentro, ed รจ trasformazione. La regia si fa iconografia ascetica: il corpo dell’eremita, come quello di Max e Lucia, รจ il luogo dello scontro tra pulsione e liberazione. Non c’รจ salvezza nella morale, solo nel cammino interiore.

“La pelle” (1981), da Malaparte, รจ forse il piรน blasfemo dei suoi film:
la Napoli liberata dagli americani รจ un’Apocalisse grottesca, una Via Crucis profana, dove l’umanitร  si prostituisce pur di sopravvivere.
La bambina vestita da sposa, il negro venduto come aragosta, la mummia del generale: Cavani trasforma ogni simbolo religioso in una caricatura mostruosa. Il sacro si รจ incarnato, ma nel fango.

La sua iconografia รจ dunque anti-trascendente: non cerca Dio, ma la sua assenza, o il suo corpo nudo. L’interrogativo รจ sempre cristologico: quanto puรฒ soffrire un uomo per diventare umano?


2. Confronto con Duras, Akerman, Ottinger

Marguerite Duras (penso a India Song) mette in scena la voce che scava il corpo. Le sue donne sono vestali della perdita, preghiere sussurrate in saloni vuoti. Come Cavani, anche Duras crede che la storia sia un miasma, ma la sua regia รจ eterea, orizzontale. Cavani รจ invece verticale: vuole penetrare, non galleggiare.

Chantal Akerman, in Jeanne Dielman, mostra la donna nella sua alienazione quotidiana. Cavani fa l’opposto: non la routine, ma il trauma come habitat. Tuttavia, entrambe sanno che la veritร  sta nei gesti minimi: Lucia che si sistema i guanti vale quanto Jeanne che taglia le patate. Gesti che sono riti, non comportamenti.

Ulrike Ottinger รจ una sorella piรน queer, piรน barocca. I suoi film (Madame X) esplodono in camp e surrealtร . Cavani, piรน cupa, non concede ironia, ma condivide con Ottinger l’idea che il corpo travestito sia un’epifania politica. Lucia รจ una drag avant la lettre: non rappresenta sรฉ stessa, ma una pulsione universale.

Cavani resta perรฒ meno lesbica, piรน queer mistica. La sua potenza non รจ la fluiditร , ma il monolite del desiderio incomunicabile.


3. Il non-detto in “Il portiere di notte”

L’assenza dell’ebreo.
Il grande rimosso del film. Lucia รจ ebrea, ma la sua identitร  รจ mai tematizzata. Non vediamo deportazioni, famigliari, non c’รจ un contesto culturale o religioso. Cavani sembra voler dire: l’ebreo รจ oggi l’Europa intera. Dopo la catastrofe, chiunque sopravvive รจ giร  colpevole. L’identitร  si รจ liquefatta nel trauma.

Il maschile rimosso.
Non ci sono uomini “normativi”. Max รจ castrato dalla divisa, poi dalla nostalgia. Gli altri ex-nazisti sono cloni, travestiti, fantasmi, come in un sogno di Visconti. Il padre, l’amante, l’uomo “etico” รจ assente. E Max, nel suo erotismo passivo-aggressivo, prefigura l’uomo queer: non perchรฉ omosessuale, ma perchรฉ in crisi con la sua funzione fallica.

L’identitร  queer di Max.
Chi รจ Max? Un carnefice, sรฌ — ma anche una creatura spezzata, in bilico tra sadismo e offerta d’amore. Il suo desiderio non รจ eterosessuale: รจ iconoclasta. Non vuole Lucia, vuole che Lucia lo riconosca. Il suo amore non รจ possesso, ma alleanza nel disastro.
Max รจ queer perchรฉ non puรฒ piรน desiderare “come un uomo”. Desidera come un sopravvissuto: nel lutto.


Sprofondiamo ora nel sottosuolo di Liliana Cavani, lร  dove il trauma si fa struttura del racconto, e la ripetizione non รจ solo ritorno, ma perversione dell’origine.


1. La mappa degli influssi: da Cavani a Haneke, Lanthimos, von Trier

Michael Haneke รจ forse il piรน diretto erede spirituale.
In La pianista, la relazione tra Erika e il suo allievo richiama Max e Lucia: un eros congelato, ritualizzato, violentemente intimo. Haneke, come Cavani, usa il corpo come codice cifrato della colpa, e non teme di mostrare la violenza come forma di comunicazione.
Il gelo delle inquadrature hanekiane รจ il rovescio tecnico del barocco espressionista di Cavani.

Yorgos Lanthimos, in particolare con The Lobster e Killing of a Sacred Deer, traduce la lezione cavaniesca in linguaggio grottesco e mitico. Le sue coppie sono anch’esse vincolate da un patto segreto, da un codice che nessun personaggio esterno puรฒ comprendere.
La distorsione temporale, la teatralitร  innaturale, il senso di prigionia psicologica: sono mutazioni genetiche del “Portiere di notte”.

Lars von Trier, con Nymphomaniac e Dogville, porta avanti la stessa linea teologica profana. Le sue protagoniste femminili sono “sante masochiste”, e l’erotismo รจ liturgia della colpa. Cavani e von Trier parlano entrambi un cinema del martirio postmoderno. Ma dove Cavani รจ monacale, Trier รจ iconoclasta.

Anche registe contemporanee come Julia Ducournau (Titane) o Jennifer Kent (The Babadook) ereditano la centralitร  del corpo, del trauma e della ripetizione simbolica, pur spostandola nel registro horror o fantasy.


2. La ripetizione come atto politico e psicanalitico

Nel “Portiere di notte”, tutto รจ reiterato: il saluto con la mano, la canzone nazista, la postura delle mani, le frasi bisbigliate. Non c’รจ sviluppo: solo ritorno.
E non รจ nostalgia. รˆ coazione a ripetere (Wiederholungszwang, Freud): il soggetto traumatizzato, invece di dimenticare, mette in scena il trauma, lo ricrea, come per dominarlo. Ma finisce solo per riattivarlo all’infinito.

Max e Lucia non amano, mettono in scena l’amore come una performance rituale. Ogni gesto, ogni sguardo, รจ una citazione di qualcosa che รจ giร  accaduto. รˆ teatro dell’irredimibile.
Ma Cavani non giudica.
C’รจ potere in quella ripetizione: nel ricostruire, i due amanti riplasmano la loro identitร . รˆ un atto politico perchรฉ sfida la storia ufficiale.
รˆ un atto psicanalitico perchรฉ il soggetto si dร  solo nel ritorno del rimosso.

La ripetizione, dunque, รจ anche struttura filmica: Cavani costruisce la narrazione come un vinile graffiato, un cerchio chiuso che si consuma, non si evolve.

E come diceva Lacan: “l'inconscio รจ strutturato come un linguaggio”.
Nel caso di Max e Lucia, il linguaggio รจ un grammofono di guerra, dove l’amore รจ una canzone spezzata — ma irresistibile.


Entriamo ora nel corpo dell'immagine e nell'immagine del corpo, lร  dove Cavani si fa architetta della visione e coreografa del trauma. Proseguo in due sezioni:


1. Architettura e buio: il cinema come luogo sacrificale

Nel “Portiere di notte”, l’architettura non รจ sfondo, ma dispositivo psichico. L’hotel viennese, labirintico e silenzioso, รจ una mente post-bellica, un teatro della memoria. รˆ un luogo chiuso, ipercontrollato, sorvegliato: uno spazio panottico, ma vuoto, dove la sorveglianza รจ ormai interiorizzata dai corpi.

Le stanze sono celle e confessionali, corridoi come cloache della colpa, e la hall รจ una piazza svuotata, pronta al sacrificio.
Lo spazio รจ mistico e concentrazionario insieme: si ripete in ogni film di Cavani — dal deserto monacale di Milarepa, ai conventi gotici di Francesco, fino alle camere devastate de La pelle.
รˆ sempre un non-luogo mitologico, nรฉ storico nรฉ attuale, dove il tempo รจ sospeso e il reale si รจ liquefatto.

Il buio non รจ assenza, ma densitร  semantica.
Come in Caravaggio, il nero รจ un luogo che inghiotte e rivela.
Le scene chiave — la danza in uniforme, il cibo come gesto erotico, l’incontro muto — avvengono tra luci basse e controluce, in una penombra quasi uterina. Il buio รจ materno, sepolcrale e sacrale.
Cavani usa la luce come una forma di censura interna: non copre, smorza. L’occhio guarda ma non riesce a vedere tutto, come nella memoria.


2. Il corpo di Charlotte Rampling: un testo sacro e profanato

Charlotte Rampling รจ il vero campo di battaglia del film. Il suo corpo รจ scrittura e ferita, simbolo e carne. Cavani lo inquadra non con erotismo voyeuristico, ma con devozione ambigua.
Ogni suo movimento รจ coreografato come una preghiera distorta. Quando Lucia entra nella stanza, si spoglia lentamente, poi rimane in muta attesa: รจ sacerdotessa e vittima.
Il suo corpo, mai davvero nudo, รจ sempre piรน esposto che mostrato.
รˆ icona laica, come Maria Callas nella Medea pasoliniana.
Rampling รจ nuda come una santa bizantina รจ dorata: per essere fissata, non toccata.

L’uso che Cavani fa del corpo femminile รจ l’opposto del cinema maschile dell’epoca: non oggettifica, problematizza.
Lucia non รจ nรฉ libera nรฉ passiva. รˆ ostaggio consenziente, ma anche regista occulta del rituale.
Il suo silenzio non รจ debolezza, ma linguaggio obliquo.
Cavani si fida del suo corpo come di una partitura segreta: ogni piega, ogni sguardo basso, รจ un glifo da decifrare.

Rampling, come Franรงoise Lebrun in La maman et la putain o Delphine Seyrig in Akerman, diventa una superficie sensibile dell’Europa ferita, dove si depositano storia, desiderio e lutto.


Procediamo ora nell’asse Cavani–Pasolini, lร  dove il corpo รจ croce e scenografia, e la musica รจ rituale del non-detto.
Due cineasti diversissimi, ma uniti da un’ossessione comune: fare del cinema un’arte sacrificale.
E poi scivoliamo nella musica, dove Mahler diventa il prete nero dell’amore impossibile.


1. Cavani e Pasolini: il corpo martirizzato come linguaggio del sacro

Per Cavani, il corpo รจ luogo della colpa che si desidera.
Per Pasolini, รจ luogo della purezza che si vuole profanare.
Entrambi mettono in scena corpi disarmati e/o messianici, ma lo fanno in senso quasi opposto.

In Il portiere di notte, il corpo di Lucia รจ martire di un amore che non puรฒ piรน uscire dalla gabbia della storia. La sua sofferenza รจ mascherata da rituale erotico.
In Salรฒ, i corpi dei ragazzi sono corpi-oggetto, carne sacrificata sull’altare di un potere che non desidera piรน: consume pure violence.
Cavani ancora crede nel sacro, anche se lo confonde con il male.
Pasolini lo nega in ogni immagine, proprio perchรฉ lo rimpiange.

Pasolini espone il corpo in forma di tabula rasa: lo mette a nudo per mettere a nudo il sistema.
Cavani, invece, non toglie: velatura, dissolvenza, sfocatura, penombra.
Il corpo resta sacro proprio perchรฉ non accessibile fino in fondo.
รˆ piรน vicino a Georges Bataille che a De Sade.

Eppure, in entrambi, il corpo รจ un linguaggio sacrificale:
Medea attraversa il dolore come transito spirituale.
Lucia si reincarna nella ripetizione per riattivare il sacro nel trauma.
Sergio e Renata in La pelle si spogliano per essere oltre l’umano.

Nel cinema di entrambi, non si fa sesso: si celebra una messa inversa.


2. Il suono, Mahler e la liturgia erotica del non-detto

Cavani non usa la musica come accompagnamento: la musica รจ personaggio occulto.
In particolare, Mahler — e la sua Sinfonia n. 5 — รจ la voce inascoltata del film.
Il celebre Adagietto diventa il sottofondo dell’indicibile: un lamento funebre e amoroso insieme.

Mahler era amato da Visconti (Morte a Venezia), ma Cavani lo reinventa in chiave piรน disturbante.
Laddove Visconti ne esalta la decadenza nobile, Cavani lo usa per cristallizzare un sentimento colpevole.
La musica non accompagna l’immagine — la incide.
Ogni nota รจ una cucitura del corpo lacerato dalla memoria.

Il suono nel film รจ anche assenza: le stanze vuote, il fruscio delle lenzuola, i passi nei corridoi, il cigolio degli ascensori.
Tutto รจ ipersensibile, come l’udito nella paranoia.
Cavani lavora con il suono come con la luce: per evocare l’invisibile.

E la voce stessa dei protagonisti, spesso spezzata, รจ un controcanto muto alla partitura di Mahler.
Come in una liturgia in cui non si puรฒ piรน parlare, ma solo ascoltare l’eco.


Entriamo ora nel cuore di un doppio specchio infranto: Il portiere di notte di Cavani (1974) e La pianista di Haneke (2001). Due opere che mettono in scena la violenza interiorizzata, la musica come ferita e l’erotismo come rituale sadomaso mai pacificato.
E poi ci spostiamo nel teatro post-drammatico tedesco, dove Cavani รจ stata non solo citata ma ritualizzata — tra Berlino e Vienna, in nuove liturgie corporee.


1. Cavani–Haneke: erotismo, trauma, musica. Una stanza chiusa a doppia mandata.

Nel film di Haneke, Erika Kohut (Isabelle Huppert) รจ una Lucia biforcata:
– vive anche lei in una cittร  mitteleuropea (Vienna),
– รจ anch’essa prigioniera di un amore impossibile,
e soprattutto, รจ abitata dalla musica come da un demone.

La musica classica, come in Cavani, non รจ elevazione: รจ congegno psichico.
Mahler per Lucia. Schubert e Schumann per Erika.
Ma entrambi sono ferite melodiche.
Note che lacerano invece di curare.
Non a caso Erika si taglia, si infila lame nelle mutande, si scrive addosso come su un pentagramma.

Cavani filma la reiterazione del trauma attraverso il ritorno di Max.
Haneke filma la reiterazione del trauma nella coazione al controllo.
Ma in entrambi c’รจ una protagonista che agisce la propria distruzione come scrittura d’amore alternativa.

Lucia si “lascia” ripetere.
Erika “costruisce” una partitura del dolore: scrive lettere con istruzioni sessuali, quasi come partiture.
Entrambe sono eredi della stessa tensione europea, della stessa Vienna post-freudiana, e di un erotismo che non libera, ma struttura la prigione interiore.

E in entrambi i film, il silenzio non รจ vuoto, รจ strumento musicale.
Le pause. Gli sguardi. I corpi immobili. Sono note sospese.


2. Il Portiere di notte sulle scene: riscritture teatrali e riti post-drammatici

A partire dagli anni Duemila, Il portiere di notte ha conosciuto una sorprendente rinascita teatrale, soprattutto in Germania e Austria, dove รจ stato riattivato come “liturgia della colpa europea”.

Tra le riscritture piรน significative:

Regie di Frank Castorf e Christoph Marthaler, in cui la figura di Lucia diventa una performer del trauma, spesso muta, spesso immersa in scenografie astratte (con video proiezioni, letture dal vivo di Bataille e Genet), come se il film fosse diventato uno spartito da smontare e ricomporre.

Produzione del Volksbรผhne (Berlino, 2009): la scena รจ una stanza blindata. Gli attori indossano divise che mutano in tempo reale (nazista, bondage, business). Lucia รจ interpretata da un attore drag, e Max da una performer non binaria. Tutto รจ de-sessualizzato e iper-testualizzato, a sottolineare il rimosso queer dell’opera originale.

Nel teatro viennese di Renรฉ Pollesch (Burgtheater): il testo รจ smontato e ricucito con frammenti da Medea e Sade, in una continua looping performance dove Lucia e Max non si incontrano mai: si cercano, si parlano, ma non si toccano. Come a dire: non c’รจ piรน spazio per la carne, solo per il concetto della carne.

Tutti questi lavori hanno fatto emergere un tratto centrale del film di Cavani:
il suo essere una partitura aperta, che vive di ripetizione, ossessione, e differimento continuo del desiderio.


Confronto tra Il portiere di notte di Cavani e Dogtooth di Lanthimos: ripetizione, prigionia domestica, identitร  queer e imposizione del linguaggio


1. La prigionia domestica come rituale di controllo

In entrambi i film, la casa non รจ un rifugio, ma un campo di prigionia psichica e fisica.
Nel Portiere di notte, Lucia e Max vivono un amore che non puรฒ evolversi se non nella ripetizione ossessiva dei momenti piรน traumatici della loro relazione. La loro casa รจ un luogo che disintegra l’idea di protezione: ogni angolo nasconde un atto di violenza, ogni stanza รจ sia santuario che prigione. Il non-detto pervade ogni angolo della scena: l’amore tra i due รจ sempre immobile, come se si stessero ripetendo i passaggi di una memoria congelata.

In Dogtooth di Lanthimos, la prigione domestica assume un aspetto ancor piรน grottesco e alienante. I genitori hanno costruito un universo parallelo per i loro figli adulti, un microcosmo in cui il linguaggio e le percezioni sono manipolati per impedire qualsiasi forma di conoscenza esterna. La casa รจ un carcere di cui i protagonisti non sono nemmeno consapevoli, poichรฉ tutto ciรฒ che รจ fuori dal loro controllo รจ stato bandito. Qui, la ripetizione รจ usata per rinforzare la manipolazione mentale dei figli, che non conoscono il significato delle parole, dei corpi, dei desideri.

La chiave comune tra i due film รจ la costruzione di una realtร  artificiale che, attraverso la ripetizione di atti o frasi, diventa la nuova veritร  per i protagonisti. Lucia e Max si ripetono come automi e, allo stesso modo, i figli di Dogtooth sono costretti a ripetere senza mai sfidare la loro prigione linguistica e comportamentale.


2. L’identitร  queer e l’imposizione del linguaggio

L’identitร  queer emerge come un tema sottile ma potente in entrambi i film. Nel Portiere di notte, la relazione tra Max e Lucia ha una componente ambigua, non solo in quanto proveniente dal passato nazista, ma anche per come si ricostruisce una danza sadomasochista che trascende il genere. Max non รจ solo un torturatore ma una figura vulnerabile, un uomo che si lascia definire dal proprio desiderio di sottomettere e essere sottomesso. Lucia, pur desiderando Max, ha una libertร  che non รจ mai esplicitamente dichiarata, ma che emerge nei suoi silenzi e nei suoi gesti. La loro relazione รจ una riflessione sulla fluiditร  del desiderio, in cui il ruolo di dominatore e sottomesso รจ continuamente invertito.

Nel film di Lanthimos, l'identitร  queer รจ ancora piรน radicale, ma attraverso un filtro di ignoranza e repressione. La sorella, che si prostituisce con l’uomo esterno alla famiglia, vive un’espressione di sexualitร  controllata, ma priva di significato, poichรฉ i genitori hanno creato una realtร  dove il sesso รจ solo un atto da compiere, senza desiderio o connessione emotiva. I figli sono separati dal mondo esterno e la loro sessualitร  รจ ridotta a un’interpretazione deviata della realtร . La sessualitร  emerge come una violenza silenziosa, sottoposta alla manipolazione totale del linguaggio.

In entrambi i film, il linguaggio diventa strumento di controllo e alterazione del significato, ma anche strumento di resistenza, seppur implicito. Mentre Lucia e Max sono immersi nella violenza dell’amore, Dogtooth mostra come il linguaggio diventa un modo per mantenere l’ordine e l’ignoranza. La ripetizione di vocaboli privi di senso, per esempio, cancella l’accesso alla vera realtร  del mondo esterno, impedendo una possibile esplosione di identitร  autentica.


3. Il linguaggio come strumento di tortura psichica e fisica

Il linguaggio รจ un corpo mutilato in entrambi i film:
– In Il portiere di notte, la comunicazione tra Lucia e Max avviene attraverso il silenzio, gli sguardi e le allusioni, mentre la lingua si fa strumento di tortura. Non solo parlano in modo criptico, ma il linguaggio stesso รจ interdetto da un passato tragico, che porta con sรฉ l’incapacitร  di costruire una relazione liberatoria.

– In Dogtooth, il linguaggio รจ costruito artificialmente per creare confusione cognitiva e limitare l’autocoscienza. Ogni parola ha un significato deviato, e la ripetizione di espressioni che non significano nulla nella realtร  crea un abisso tra percezione e veritร .

Entrambi i film utilizzano la disfunzione del linguaggio come metafora per la tortura psichica: un corpo che non puรฒ comunicare nรฉ con se stesso nรฉ con gli altri.


4. Espansione al cinema asiatico: Kim Ki-duk e Tsai Ming-liang

Nel cinema asiatico, le influenze dei due film si fanno sentire, ma prendono forme particolarmente tese e introspettive.

Kim Ki-duk, regista coreano, sviluppa in film come Il cigno e Ferro 3 un linguaggio di prigionia interiore e di eros come solitudine, che rimanda in parte a quella tensione tra corpo e trauma che attraversa Il portiere di notte.

In particolare, Kim Ki-duk รจ maestro nel descrivere la violenza interiore (come in La samaritana) attraverso la rappresentazione di corpi sottomessi dal dolore. Come Cavani, Kim ha una visione del corpo come spazio dove il trauma continua a vivere, una continua ripetizione di atti sessuali come chiave per l’anima torturata.

D’altra parte, Tsai Ming-liang, con Vivere, esplora il tema della prigionia domestica e sociale, ma attraverso il silenzio e la distanza emotiva. I suoi personaggi vivono in una solitudine che non รจ mai assoluta, ma che si espande continuamente. Vivere potrebbe essere letto come una trasposizione moderna della prigione senza sbarre di Dogtooth, ma con una profonditร  piรน meditativa e malinconica.

In Il portiere di notte e Dogtooth, la violenza del linguaggio e il controllo psicologico attraverso la prigione domestica sono meccanismi comuni. Se in Cavani la violenza รจ un ritorno a un passato, in Lanthimos รจ l’esito di una societร  completamente manipolata, dove la liberazione sessuale e l'identitร  sono impossibili.
Il cinema asiatico, con Kim Ki-duk e Tsai Ming-liang, aggiunge una dimensione di silenzio e solitudine, ma il tema della prigione interiore rimane costante: un corpo che non puรฒ essere liberato, un linguaggio che non puรฒ essere decifrato.


Tornando al Portiere di notte di Liliana Cavani, possiamo finalmente chiudere il cerchio della nostra analisi mettendo in luce il film come una riflessione profonda sulla memoria storica, il trauma e l’interazione complessa tra desiderio e potere. Se da un lato il film racconta una storia d’amore tanto controversa quanto disturbante, dall’altro emerge come un’opera che interroga incessantemente il passato e il suo ritorno, in un circolo vizioso che รจ il motore stesso della narrazione.

La ripetizione, come motore narrativo e psichico, รจ forse l’aspetto piรน potente e inquietante del film. Lucia e Max sono intrappolati in un gioco di seduzione e violenza che risuona costantemente con il passato di Lucia, un passato segnato dalla violenza dei lager nazisti. La relazione che sviluppano non รจ altro che una riattivazione di quel trauma, dove ogni momento sembra essere una replica del passato, una sorta di obbligo psichico che spinge i due a compiere sempre gli stessi gesti. Il film si svolge come una ripetizione compulsiva, che non puรฒ essere sfuggita. I protagonisti non possono fare a meno di tornare a quel luogo di dolore, di confronto con il proprio demone, di sottomissione e sopraffazione.

L’uso di Mahler come colonna sonora amplifica questa sensazione di "circolaritร " e "ripetizione". La musica non รจ solo un sottofondo emotivo, ma una sorta di liturgia che profonda nei sensi la complessitร  del legame tra i protagonisti. Il primo movimento della sua sinfonia รจ spesso usato per suggerire una sorta di ineluttabilitร  tragica. La musica ha un'energia che sfida il tempo: mentre i corpi si intrecciano nella violenza, nella passione e nell’affetto malato, Mahler articola questa tensione come un'architettura sonora che accompagna il movimento psichico dei protagonisti, facendoci sentire ogni loro emozione come un’eco distorta di un passato che non รจ mai superato.

Nel film, la musica non serve solo a sottolineare la tragicitร  del gesto erotico, ma anche a costruire la dimensione sacra del rapporto tra Lucia e Max. La colonna sonora diventa cosรฌ un’altra forma di violenza: una violenza psicologica, che mette a nudo le emozioni degli spettatori, ma che non offre mai alcuna catarsi. Piuttosto, l'effetto che ottiene รจ quello di un perpetuo ritorno. Ogni movimento musicale sembra rievocare il trauma, rinnovandolo continuamente, proprio come il corpo dei protagonisti che non riescono a sottrarsi ai loro ruoli di dominatore e dominato.

In questo senso, il film puรฒ essere visto come una metafora della memoria storica collettiva. Cosรฌ come Max e Lucia non possono sfuggire alla dinamica della loro relazione, cosรฌ anche la memoria collettiva della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah resta intrappolata in un ciclo di ripetizioni e ritorni, dove ogni tentativo di rielaborazione sembra destinato a fallire. L’operazione che Cavani compie, quindi, รจ quella di interrogare il passato e riportarlo nella contemporaneitร  attraverso la rappresentazione di un corpo martirizzato, che continua a vivere attraverso i suoi traumi irrisolti. Questo approccio porta inevitabilmente alla complicitร  silenziosa dei protagonisti: mentre si muovono tra amore, dolore e paura, Max e Lucia diventano specchi di una societร  che non รจ mai stata in grado di fare i conti con il proprio passato.

Il non-detto, che attraversa tutto il film, รจ un altro elemento centrale. Cavani non fa mai pienamente emergere le motivazioni psicologiche o storiche di ciรฒ che accade tra i due protagonisti. Ogni dialogo รจ incompleto, ogni gesto รจ carico di ambiguitร , come se i personaggi stessi fossero incapaci di dare una forma concreta al loro desiderio e al loro dolore. Questo uso del “non-detto” si inserisce perfettamente nel gioco di silenzio e violenza implicita, dove la parola e il gesto diventano strumenti di distorsione e manipolazione psicologica.

Nel confronto con il cinema contemporaneo, possiamo dire che Il portiere di notte ha avuto una profonda influenza su film che trattano il tema della violenza e della sessualitร  come modalitร  di controllo e manipolazione. I film di registi come Michael Haneke e Yorgos Lanthimos risentono fortemente di questa violenza sotterranea e del conflitto tra desiderio e repressione, che si traduce in una continua ricerca di senso attraverso comportamenti auto-distruttivi.

In particolare, Haneke, con film come La pianista, esplora un tema simile: la violenza e il desiderio sono sempre in tensione, ma l’erotismo non รจ mai liberatorio. รˆ una violenza silenziosa e introspettiva, come quella che permea Il portiere di notte. La figura di Erika Kohut in La pianista, come quella di Lucia, si nutre di una violenza che non ha mai una fine, un gesto che continua a ripetersi senza una possibile catarsi. L'erotismo in entrambi i film non รจ mai un atto di liberazione ma un atto politico che, come nel caso di Lucia e Max, alimenta un desiderio che non puรฒ essere esaurito. La ripetizione di atti sessuali e violenti, in entrambi i casi, รจ un modo per cercare di riparare al trauma, senza perรฒ mai riuscirci.

Lo stesso si puรฒ dire per Lanthimos, in particolare con Dogtooth. In questo film, la ripetizione e la prigionia sono ancora una volta al centro della narrazione, ma questa volta lo spazio domestico diventa un luogo totalmente controllato e alienante. Lanthimos, come Cavani, esamina la psiche umana come un paesaggio di violenza psicologica, dove l’innocenza รจ manipolata dal potere del linguaggio e della parola. In entrambi i film, la liberazione sembra essere impossibile, un sogno inafferrabile che si dissolve ogni volta che i personaggi tentano di fuggire dalla loro condizione.

Nel cinema asiatico, la stessa alienazione e solitudine puรฒ essere trovata in registi come Kim Ki-duk e Tsai Ming-liang, che si concentrano anch’essi su corpi prigionieri di se stessi e del loro passato. Kim Ki-duk, in particolare con Il cigno, esplora la sofferenza e l’auto-mutilazione come espressione di un desiderio non realizzato. Allo stesso modo, Tsai Ming-liang, con Vivere e La stanza*, usa la silenziosa solitudine dei suoi personaggi per raccontare storie di corpi e animi imprigionati, in una prigione sociale e psicologica che ricorda molto quella di Lucia e Max.

In definitiva, Il portiere di notte รจ un film che sfida il tempo: un’opera che non si esaurisce mai completamente e che continua a porre domande senza risposte definitive. Il suo ritorno continuo al passato, il suo rapporto con il trauma e la memoria storica, lo rendono un film che resta vivo e pulsante, ancora oggi in grado di influenzare il cinema contemporaneo. Non si tratta solo di una storia d’amore morbosa e tragica, ma di una riflessione che si proietta oltre il tempo e la cultura, esplorando le dinamiche di potere, desiderio, violenza e memoria che definiscono l’esistenza umana e che, come Max e Lucia, continuano a ripetersi, inesorabili.