venerdì 23 maggio 2025

Architettura come visione: la simbologia degli archi nella Rocchetta Mattei

La Rocchetta Mattei, situata nel territorio comunale di Grizzana Morandi, in provincia di Bologna, costituisce uno dei più straordinari esempi di architettura eclettica dell’Ottocento italiano. Edificata a partire dal 1850 su iniziativa del conte Cesare Mattei, noto per aver fondato la cosiddetta "elettromeopatia", questa costruzione si configura come un compendio architettonico in cui si intrecciano con audacia e sapienza motivi stilistici tratti dal repertorio islamico, gotico, romanico e rinascimentale. A questo sincretismo visivo corrisponde un altrettanto variegato immaginario simbolico, nel quale si riflettono le aspirazioni spirituali, esoteriche e terapeutiche del suo ideatore. Tra gli elementi più emblematici di tale progetto figurano gli archi, disseminati in numerosi ambienti della struttura, e concepiti non solo come dispositivi architettonici funzionali ma anche come strumenti narrativi e iconici.

L’arco come segno identitario dell’eclettismo matteiniano

La rilevanza degli archi nella composizione spaziale della Rocchetta Mattei non può essere compresa senza una preliminare riflessione sul loro valore simbolico e stilistico all’interno dell’edificio. L’arco, infatti, assume una funzione duplice: da un lato, articola il passaggio tra uno spazio e l’altro in un percorso labirintico, che invita alla scoperta e all’immersione; dall’altro, si configura come cifra decorativa, in grado di evocare suggestioni orientali e reminiscenze medievaleggianti. In tal senso, la scelta del conte Mattei di ispirarsi a modelli come l’Alhambra di Granada e la Mezquita di Córdoba risulta tutt’altro che casuale, poiché quei monumenti erano già nel XIX secolo divenuti icone di un Oriente estetizzato, mitizzato e reinterpretato alla luce del gusto romantico europeo.

Uno dei luoghi dove tale impostazione è maggiormente evidente è il cosiddetto Cortile dei Leoni, concepito come un omaggio diretto al celebre Patio de los Leones dell’Alhambra. Qui gli archi si moltiplicano in successione ritmica, poggiando su colonnine snelle che delimitano uno spazio centrale arricchito da una fontana. La forma dell’arco moresco – con il suo profilo trilobato o a ferro di cavallo – viene impiegata in funzione decorativa, ma anche per generare un effetto scenografico di apertura e leggerezza, enfatizzato dai motivi arabeschi che corrono lungo le superfici. Non è un semplice esercizio di stile: la presenza del leone e dell’acqua, unita alla geometria armonica dello spazio, allude a un ideale di ordine cosmico e a un’idea di guarigione spirituale che Mattei voleva associare alla propria dottrina terapeutica.

La cappella e la rielaborazione simbolica dell’arco islamico

Un ulteriore esempio di ibridazione stilistica si riscontra nella cappella interna, probabilmente l’ambiente più emblematico dell’intera Rocchetta. Qui il conte Mattei orchestrò una sorta di sinfonia simbolica in cui l’arco assume una funzione quasi liturgica. Ispirata alla Moschea di Córdoba, la cappella presenta una successione di archi a ferro di cavallo bicolori – disposti in alternanza cromatica bianca e nera – che non solo riproducono fedelmente il modello andaluso, ma lo reinterpretano in chiave moderna, caricandolo di nuovi significati. L’effetto visivo è quello di una cadenza visiva ipnotica, quasi onirica, che avvolge il visitatore e lo trasporta in una dimensione altra, sospesa tra il sacro e il fantastico.

La presenza degli archi in questo ambiente non ha quindi soltanto una valenza estetica o di richiamo esotico: essa si intreccia con il concetto matteiniano di medicina globale, in cui la cura del corpo si accompagna a un processo di elevazione interiore. Non a caso, la cappella fu concepita come un centro di irradiazione simbolica della dottrina elettromeopatica, nella quale il principio di corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo trova una traduzione concreta nella geometria degli spazi e nella reiterazione degli elementi decorativi.

Gli archi dell’ingresso e la funzione iniziatica

La funzione narrativa dell’arco si rivela in tutta la sua forza nel percorso d’accesso alla Rocchetta, che si configura come una sorta di rito di passaggio. L’ingresso principale, infatti, è preceduto da un portale con arco ogivale, che introduce a una scalinata in pietra culminante in un secondo arco, sorvegliato da una testa di leone scolpita. Questo duplice passaggio sotto arcate successive è da intendersi come una soglia simbolica, attraverso cui il visitatore abbandona la dimensione ordinaria per penetrare in un universo dominato da logiche diverse, in cui la ragione e la scienza si intrecciano con il mito e la visione. L’arco gotico dell’ingresso, con il suo slancio verticale, rappresenta così il primo segno tangibile di una volontà ascensionale, mentre la presenza della scultura leonica evoca la forza, la vigilanza e forse anche la funzione protettiva del sapere custodito all’interno della Rocchetta.

Iscrizioni, simboli e archi come dispositivi ermeneutici

Un ulteriore livello di complessità è dato dalla presenza, sopra numerosi archi interni ed esterni, di iscrizioni e simboli, tra cui spiccano le formelle con la "Torre della Visione", emblema dei rimedi ideati da Mattei, e fasce di scrittura araba o arabescheggiante, utilizzate non per il loro significato letterale ma per la loro carica estetica e allusiva. L’integrazione di tali elementi sopra le arcate trasforma questi passaggi in vere e proprie soglie ermeneutiche, cariche di rimandi e aperte a molteplici letture.

È interessante notare come questa sovrapposizione di codici (visivo, simbolico, terapeutico) faccia dell’arco non solo un elemento strutturale ma un dispositivo poetico, capace di orientare l’esperienza percettiva del visitatore e di stimolare la sua immaginazione. Il ricorso a forme arcaiche o esotiche non è dunque una mera moda ottocentesca, ma il frutto di una precisa volontà progettuale, tesa a instaurare una comunicazione sottile tra lo spazio architettonico e la psiche del fruitore.

Conclusione

In definitiva, gli archi della Rocchetta Mattei costituiscono il fulcro di una grammatica architettonica complessa, dove l’estetica si fonde con il simbolismo, e la struttura con la narrazione. Essi raccontano il sogno di Cesare Mattei: quello di edificare non un semplice castello, ma un luogo iniziatico, dove la bellezza si ponga al servizio della conoscenza, e l’architettura diventi medicina dell’anima. La loro presenza non si esaurisce nella funzione di raccordo tra ambienti, ma definisce un linguaggio visivo e spirituale che trasforma la Rocchetta in un autentico palinsesto da decifrare, stratificato di senso e aperto all’interpretazione.