Il volume Aptico, il senso della scultura di Jole de Sanna si inserisce in una tradizione teorica che mira a ridefinire il modo in cui comprendiamo e viviamo l’arte scultorea. La riflessione che l’autrice propone si basa su una ridefinizione radicale dei confini tra l’opera, l’osservatore e l’esperienza sensoriale che si crea. De Sanna sfida la concezione tradizionale della scultura come un oggetto statico da osservare passivamente, sostenendo invece che la scultura debba essere vissuta come una forma d’arte che stimola attivamente i sensi, coinvolgendo non solo la vista, ma anche il tatto, la memoria, l’emozione e il movimento fisico.
L’idea di "aptico" proposta da de Sanna non è solo una questione di percezione tattile nel senso più banale, ma un concetto che abbraccia una visione più complessa della relazione tra il corpo dell'osservatore e la scultura stessa. Il termine “aptico” proviene dal greco aptos, che significa "che può essere toccato", ma l’autrice va ben oltre il significato etimologico, esplorando come il tatto non sia solo un senso, ma una modalità profonda di interazione con la materia che ci circonda. In questo contesto, la scultura non si limita a essere un oggetto da osservare, ma diventa un’esperienza che richiede la partecipazione attiva del corpo dell’osservatore. Questo corpo, di fronte all’opera, non si limita a restare immobile, ma si muove, si avvicina, si distanzia, esplorando l'opera in una relazione dinamica che coinvolge ogni fibra del nostro essere.
Nel volume, de Sanna esplora come la scultura possa stimolare una risposta che non si limita a una percezione visiva, ma che abbraccia una sensorialità complessa e multilivello. La scultura diventa, quindi, un "corpo" in cui la materia non è solo un insieme di forme visibili, ma anche una superficie da esplorare, una consistenza da “sentire”. Quando parliamo di "aptico", quindi, non ci riferiamo solo alla sensazione che deriva dal toccare, ma anche a quella che scaturisce dal contatto visivo con le superfici, dalle forme che evocano una risposta fisica, dalle linee che ci invitano a percorrere mentalmente l’opera. Il corpo dell'osservatore entra, in questo caso, in una relazione profonda con la scultura, come se fosse un "dialogo" che non si limita alla vista ma che coinvolge anche la memoria, le emozioni, le sensazioni corporee. Ogni opera scultorea diventa, quindi, un’esperienza totale, una sfida a esplorare il significato profondo della materia e della forma in relazione al nostro corpo.
De Sanna non solo esplora il concetto di "aptico", ma fornisce anche una serie di esempi pratici e teorici che aiutano a comprendere come la scultura possa attivare una dimensione sensoriale che va oltre la visione. Gli artisti che l’autrice analizza, come Luciano Fabro, Hidetoshi Nagasawa, Antonio Trotta e altri, sono esempi perfetti di come la scultura possa entrare in relazione con il corpo, sia quello dell'artista che quello del pubblico. L’autrice mette in evidenza come questi artisti abbiano cercato di spingere i confini tradizionali della scultura, creando opere che non siano solo da guardare, ma da vivere, esplorare e, in alcuni casi, anche da toccare. La scultura, quindi, non è più solo un oggetto visivo, ma una sorta di "territorio" in cui si svolge una continua interazione tra l’arte e il corpo. Per esempio, le opere di Fabro, con le loro dimensioni monumentali e le forme in movimento, non si limitano a presentarsi come un’architettura da ammirare da lontano, ma diventano un ambiente in cui il corpo si inserisce, invitato a muoversi, a entrare in contatto fisico con la materia.
Il volume si sofferma anche sull’importanza dello "spazio aptico", un concetto che, come suggerisce l'autrice, non è solo un contenitore per l’opera, ma uno spazio che diventa parte integrante dell’esperienza scultorea. Lo spazio in cui la scultura si inserisce deve essere inteso come un “campo sensoriale” in cui l’opera entra in relazione con il corpo dell’osservatore. Questo “spazio” non è solo quello fisico in cui si trova l’opera, ma anche quello sensoriale che l’osservatore percepisce attraverso il suo corpo. L’opera diventa un luogo che il pubblico può "abitare", e questo cambiamento di prospettiva è fondamentale per comprendere il senso profondo dell’esperienza scultorea. Non si tratta più di un'opera isolata, ma di un luogo dinamico che si attiva grazie alla presenza del pubblico e alla sua partecipazione sensoriale. Così, ogni opera si arricchisce di significato nel momento in cui entra in relazione con chi la osserva, interagendo con il corpo, le emozioni e la percezione sensoriale dell’individuo.
L’analisi di Jole de Sanna, dunque, non si limita a una trattazione estetica della scultura, ma la esplora come una forma d’arte che ha la capacità di stimolare una varietà di reazioni sensoriali ed emotive nel pubblico. La scultura diventa, in questo senso, un mezzo di comunicazione non solo tra l’artista e l’opera, ma anche tra l’opera e il pubblico. La scultura, se vissuta in modo completo, non è mai un oggetto statico o monolitico, ma un’esperienza che cambia e si arricchisce in base alla partecipazione attiva del corpo e della mente dell’osservatore. L'autrice sottolinea come la percezione tattile non sia mai una mera questione fisica, ma che coinvolga anche una dimensione emotiva e intellettuale. Ogni contatto con la materia della scultura attiva una serie di riflessioni e sensazioni che vanno al di là della semplice osservazione. Il corpo dell'osservatore, infatti, non è solo un “recettore passivo” di sensazioni, ma partecipe di un'esperienza che coinvolge l’intero essere: fisico, emotivo e intellettuale.
Un altro tema centrale che emerge dal volume è il concetto di "materialità" dell’arte. La scultura, secondo de Sanna, non è solo un oggetto che si osserva dall’esterno, ma un corpo che si fa esperire nel suo essere materiale. Le superfici, le forme, la consistenza e la massa diventano elementi essenziali che richiedono una partecipazione sensoriale diretta. La scultura, in questo contesto, non è mai definita dalla sua apparenza esterna, ma dalla relazione che si instaura tra l’opera e il pubblico. Ogni scultura è un "corpo" che entra in contatto con il corpo dell’osservatore, e questo incontro genera una molteplicità di sensazioni che si sommano a livello fisico, emotivo e mentale.
In definitiva, Aptico, il senso della scultura rappresenta una riflessione profonda e innovativa sul ruolo della scultura nell’arte contemporanea. Jole de Sanna ci invita a riscoprire la scultura non come un oggetto visivo da contemplare, ma come un’esperienza sensoriale completa che coinvolge ogni aspetto della nostra percezione. La scultura diventa così un luogo di incontro tra l’artista e il pubblico, un territorio di esplorazione sensoriale che sfida i confini tra arte e vita quotidiana. La visione proposta da de Sanna è un invito a riappropriarci del nostro corpo e dei nostri sensi, non solo come spettatori, ma come partecipanti attivi in un’esperienza che si arricchisce e si trasforma con ogni incontro. La scultura, in questo contesto, diventa un luogo dinamico di interazione che trascende la visione e ci coinvolge in un’esperienza totale di scoperta sensoriale.
Proseguendo sulla scia delle riflessioni proposte da Jole de Sanna, è interessante osservare come la sua lettura della scultura non si limiti a una mera analisi estetica o formale, ma si estenda ad una riflessione più ampia sulla funzione dell’arte nell’esperienza umana contemporanea. La scultura, secondo de Sanna, diventa uno spazio di incontro tra il mondo materiale e quello immateriale, tra il corpo fisico dell’opera e quello dell’osservatore. In questo incontro, l'arte non è più un semplice prodotto da fruire passivamente, ma un campo di trasformazione, dove i sensi e le emozioni dell’individuo giocano un ruolo fondamentale.
La ricerca di de Sanna si sofferma anche sulla nozione di "spazio sensoriale", un concetto che trascende la comprensione tradizionale dello spazio come semplice contenitore o superficie in cui le opere vengono collocate. Lo spazio diventa, invece, un’estensione dell’opera stessa, un ambiente in cui il corpo umano interagisce con l’arte, dando vita a una reciprocità che modifica tanto l’osservatore quanto l’opera. L’ambiente circostante e il contesto in cui la scultura è inserita non sono più passivi, ma diventano protagonisti del processo di percezione, favorendo una relazione dinamica che può evolversi con il tempo e la partecipazione del pubblico.
In questo senso, la scultura non è un oggetto statico o delimitato da confini rigidi, ma una realtà in movimento, che interagisce con chi la osserva e la vive. Questo approccio invita a ripensare l’arte non come un prodotto da collezionare o contemplare distaccatamente, ma come un’esperienza da vivere, che si alimenta dalla presenza fisica del corpo umano. Ogni movimento, ogni passo compiuto dallo spettatore, ogni variazione della distanza tra lui e l’opera, contribuisce a trasformare l’opera stessa, che diventa viva e mutevole grazie alla sua relazione con il pubblico.
Un altro aspetto fondamentale del volume di de Sanna è l’idea che la scultura, nel suo essere “aptica”, risveglia una dimensione intima e personale di fruizione. In effetti, l’arte, per de Sanna, non è mai un’esperienza neutra: ogni opera suscita una reazione emotiva specifica che dipende dalla sensibilità e dalla percezione individuale. L’incontro con la scultura, così come con qualsiasi altra forma d’arte, è mediato da una serie di fattori soggettivi, dalle esperienze passate, dalle memorie tattili, dalle emozioni e dai vissuti di ciascun individuo. In altre parole, ogni osservatore, nell’esperienza della scultura, porta con sé una “mappa” sensoriale e emotiva unica, che modella il modo in cui l’opera viene percepita e vissuta.
De Sanna sviluppa anche una riflessione interessante sulla "memoria tattile". La memoria tattile è quella che non si ferma alla semplice capacità di percepire la consistenza e la forma di un oggetto, ma è la memoria che evoca sensazioni corporee più profonde, che trascendono il tempo e lo spazio. L’opera d’arte diventa così una sorta di custode di esperienze sensoriali che non sono più esclusivamente legate al presente, ma si intrecciano con ricordi, percezioni e sensazioni passate. La memoria, nel suo aspetto tattile, ha la capacità di restituire un significato che va oltre il semplice riconoscimento visivo, rendendo l’arte un’esperienza totale che coinvolge il corpo e la mente in un processo di ricostruzione continua e interattiva.
Questo concetto si riflette in molte delle opere che de Sanna analizza, dove il contatto fisico con la scultura non è mai ridotto alla semplice osservazione tattile, ma diventa un atto che attiva una serie di riflessioni interiori. L'arte diventa una sorta di linguaggio silenzioso che parla direttamente alla sfera emotiva, invitando il pubblico a entrare in un rapporto profondo e intimo con l’opera. Ogni opera, nella sua matericità, non è mai soltanto un oggetto, ma una sorgente di sensazioni, di emozioni e di pensieri che si riverberano nel corpo, aprendo nuove vie di comprensione.
De Sanna inoltre si sofferma sull'importanza di rendere l’arte accessibile e di farla entrare nella vita quotidiana. Questo, in qualche modo, riprende una riflessione più ampia sull’arte pubblica, sull’arte che non rimane confinata nel museo o in spazi elitari, ma che si integra nella vita di tutti i giorni. La scultura aptica, in questo contesto, diventa un’arte inclusiva, capace di rispondere a una domanda più grande: come può l’arte, attraverso la sua capacità di stimolare i sensi, diventare una forma di comunicazione che travalica le barriere della fruizione e diventa parte integrante dell’esperienza sociale e collettiva?
L’arte, secondo de Sanna, deve essere in grado di abbattere le distinzioni tra chi la produce e chi la fruisce. L’esperienza sensoriale della scultura deve essere vissuta da tutti, senza distinzioni di classe, di educazione o di preparazione culturale. La scultura aptica non è solo un invito ad ammirare un’opera, ma un invito a viverla, a esplorarla, a farne parte. In questo modo, l’arte diventa uno strumento di democratizzazione sensoriale, in cui ogni individuo è in grado di entrare in relazione diretta con l’opera e di ricevere da essa un’esperienza unica, in grado di stimolare la propria sensibilità e il proprio senso estetico.
Per concludere, Aptico, il senso della scultura di Jole de Sanna è un’opera che propone una visione innovativa e profonda della scultura contemporanea, invitando il pubblico a riscoprire questa forma d’arte non solo come un prodotto visivo da osservare, ma come un’esperienza sensoriale che coinvolge tutti i sensi. L’arte, attraverso l’approccio aptico, diventa un processo interattivo che stimola una partecipazione attiva del corpo, delle emozioni e della mente. In questo modo, la scultura non è più un oggetto statico, ma un’esperienza che si trasforma e si arricchisce attraverso il contatto fisico, emotivo e intellettuale con l'osservatore. La scultura aptica non è solo una questione di forme e materiali, ma di relazioni, di memoria e di sensazioni che si intrecciano, aprendo nuove prospettive per il rapporto tra l'arte e il pubblico.