Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea ospita la prima grande retrospettiva italiana dedicata a Rebecca Horn, una delle voci più visionarie dell’arte contemporanea. La mostra, intitolata Cutting Through the Past, si svolgerà dal 22 maggio al 21 settembre 2025, e offrirà un viaggio attraverso oltre cinquant’anni di produzione artistica, rivelando la profonda interconnessione tra corpo, macchina, poesia e mito nelle sue opere. Questa esposizione non solo esplorerà i celebri dispositivi indossabili, le sculture cinetiche e le installazioni meccaniche, ma metterà in luce anche il suo lavoro nel cinema, nella fotografia e nella poesia.
Curata da Jana Baumann e Marcella Beccaria, in collaborazione con la Haus der Kunst di Monaco di Baviera, la mostra si inserisce in un contesto di rivalutazione del lavoro di Horn, artista che ha influenzato intere generazioni con la sua ricerca visionaria e interdisciplinare. Il percorso espositivo è concepito per dialogare con l’architettura storica della Manica Lunga del Castello di Rivoli, creando un’esperienza immersiva e multisensoriale che rispecchia la complessità e la poeticità della sua opera.
Un’artista tra corpo, tecnologia e trasformazione
Nata nel 1944 a Michelstadt, in Germania, Rebecca Horn ha iniziato il suo percorso artistico negli anni Sessanta, in un momento in cui la performance art e l’arte concettuale stavano ridefinendo i confini della pratica artistica. La sua ricerca è stata fortemente influenzata da un’esperienza personale drammatica: all’età di vent’anni, un’intossicazione da polveri di fibra di vetro la costrinse a una lunga degenza ospedaliera. Questo evento segnò il suo rapporto con il corpo e la sua vulnerabilità, portandola a esplorare il concetto di protesi e di estensione fisica attraverso la tecnologia.
Le sue prime opere includono dispositivi indossabili che amplificano o alterano i movimenti del corpo, trasformando il performer in una creatura ibrida tra l’umano e il meccanico. Alcune delle sue opere più iconiche di questo periodo sono:
Einhorn (Unicorno) (1970-72): un’armatura indossabile che trasforma il corpo della performer in un essere mitologico, sottolineando il rapporto tra fisicità e fantasia.
Finger Gloves (1972): guanti con lunghe protesi che estendono le dita, modificando la percezione dello spazio e del contatto con l’ambiente.
Body Fan (1972): un dispositivo che si apre e si chiude attorno al corpo, creando un movimento continuo tra protezione e esposizione.
Questi lavori non sono semplici sculture o costumi, ma strumenti per azioni performative che esplorano il limite tra il sé e il mondo esterno, tra il naturale e l’artificiale. La loro documentazione fotografica e video, spesso realizzata in collaborazione con artisti e cineasti, ha contribuito a definire l’estetica di Horn come un crocevia tra scultura, performance e immagine in movimento.
Il passaggio alle macchine: il teatro meccanico di Horn
A partire dagli anni Settanta, il lavoro di Horn si evolve verso installazioni meccaniche e sculture cinetiche, in cui il movimento diventa un elemento essenziale della narrazione visiva. I suoi automi e macchine animate sembrano dotati di una loro vita interiore, evocando sia il fascino delle invenzioni futuriste che il senso di inquietudine generato dalla tecnologia.
Alcuni esempi di opere fondamentali di questo periodo includono:
Peacock Machine (1982): una scultura cinetica che imita il movimento di un pavone, aprendo e chiudendo le sue piume metalliche in modo ipnotico e rituale.
Concert for Anarchy (2006): un pianoforte appeso al soffitto che improvvisamente si ribalta, con i tasti che esplodono in un caos sonoro incontrollato, destabilizzando la percezione della musica e dello strumento stesso.
Tower of the Nameless (1994): un’installazione ispirata ai campi profughi austriaci, in cui elementi metallici in movimento evocano un senso di precarietà e resistenza.
Questi lavori testimoniano un passaggio dalla centralità del corpo umano alla creazione di un teatro cinetico e meccanico, in cui gli oggetti si animano di un’energia propria, creando drammi silenziosi e coreografie autonome. Il movimento non è solo un elemento estetico, ma diventa una metafora della condizione umana, della memoria e della tensione tra controllo e caos.
Cinema, poesia e narrazione visiva
Rebecca Horn ha sempre concepito il suo lavoro come un universo interconnesso tra arti visive, cinema e poesia. Oltre alle sue installazioni e sculture, ha diretto diversi film sperimentali, nei quali le sue tematiche ricorrenti – il desiderio, l’identità fluida, la memoria e il mito – trovano una nuova forma espressiva.
Tra i suoi film più importanti:
La Ferdinanda – Sonate für eine Medici Villa (1981): un’opera cinematografica sospesa tra storia e sogno, in cui l’architettura diventa protagonista di una narrazione metafisica.
Buster’s Bedroom (1991): un lungometraggio ambientato in un ospedale psichiatrico californiano, ispirato alle figure del cinema muto, in particolare Buster Keaton.
La mostra al Castello di Rivoli presenterà una selezione di questi lavori, proiettati all’interno del Teatro del Museo, per offrire una visione completa della produzione di Horn anche nel campo del cinema e del video.
Un’eredità ancora attuale
La retrospettiva Cutting Through the Past rappresenta un’occasione unica per riscoprire il lavoro di un’artista che ha anticipato molte delle problematiche centrali dell’arte e della società contemporanea: il rapporto tra corpo e tecnologia, la fragilità dell’identità, il confine tra naturale e artificiale, il dialogo tra memoria e presente.
Horn ha influenzato generazioni di artisti nel campo della performance, della scultura cinetica e della videoarte, e il suo lavoro continua a essere oggetto di studi e reinterpretazioni. La mostra al Castello di Rivoli non è solo un tributo alla sua carriera, ma un invito a riflettere sulle potenzialità trasformative dell’arte, in un’epoca in cui il confine tra uomo e macchina si fa sempre più sfumato.
Un evento imperdibile per chi desidera immergersi in un universo di forme, suoni e movimenti, dove la poesia si fonde con la meccanica, e l’arte diventa un’esperienza totale.