lunedì 26 maggio 2025

Louise Nevelson a Bologna: l’arte rivoluzionaria di una pioniera della scultura negli spazi storici di Palazzo Fava


La mostra dedicata a Louise Nevelson, ospitata per la prima volta a Bologna nelle prestigiose sale di Palazzo Fava dal 30 Maggio al 20 Luglio, rappresenta un evento di grande rilievo nel panorama culturale della città e, più in generale, nell’ambito dell’arte contemporanea italiana. Questa esposizione celebra con grande attenzione e rispetto il lavoro di una delle figure più innovative e rivoluzionarie della scultura del Novecento, una donna che ha saputo imporsi in un mondo artistico fortemente dominato dalla presenza maschile, affermandosi con la sua cifra espressiva unica e la sua poetica radicale.

Il contesto scelto per l’allestimento della mostra è di per sé un elemento di grande valore simbolico e culturale. Palazzo Fava, antico palazzo storico nel cuore di Bologna, custodisce un ciclo di affreschi straordinari realizzati dai fratelli Carracci — Ludovico, Annibale e Agostino — maestri del tardo Rinascimento e precursori del Barocco. Questo sfondo artistico così ricco e raffinato crea un dialogo suggestivo tra due epoche e due linguaggi espressivi radicalmente diversi: da un lato la pittura narrativo-figurativa e monumentale dei Carracci, dall’altro le sculture astratte, costruite e assemblate con materiali di recupero, di Louise Nevelson. Il contrasto tra la tradizione pittorica italiana e l’avanguardia americana si trasforma così in un’opportunità di confronto e di riflessione sul ruolo dell’arte nel suo divenire storico.

Louise Nevelson, nata nel 1899 e attiva soprattutto a partire dagli Anni Quaranta, è stata una pioniera nell’uso della scultura come mezzo di assemblaggio e trasformazione di materiali quotidiani, in particolare legno, ma anche metallo e oggetti di recupero, che venivano raccolti e riassemblati in composizioni complesse, spesso monocromatiche, in cui il nero dominava come colore simbolico. Questo uso del nero non è solo una scelta estetica, ma diventa un elemento unificante e quasi mistico, che trasforma le singole componenti in un tutto armonico, enigmatico e ricco di suggestioni. La mostra bolognese permette di osservare da vicino queste caratteristiche peculiari del suo lavoro, mettendo in luce sia le opere monumentali di grandi dimensioni che i lavori più intimi, quasi sculture-rituali, che raccontano la sua visione spirituale e il suo rapporto con lo spazio.

Il percorso espositivo si articola in modo da raccontare anche la biografia di Louise Nevelson, sottolineandone la tenacia, la forza di volontà e il coraggio nell’affrontare un ambiente artistico e culturale degli Stati Uniti, e non solo, ancora fortemente segnato dal maschilismo e da barriere sociali e professionali che spesso escludevano le donne da ruoli di primo piano. Negli Anni Quaranta e Cinquanta, in particolare, Nevelson diventa una delle prime artiste a rompere questi schemi, facendo della sua scultura una forma di linguaggio autonomo e radicale che influenzerà generazioni di artisti successivi. Il suo lavoro si colloca in un contesto di grande fermento artistico a New York, a contatto con altre avanguardie, ma mantiene sempre una sua indipendenza di stile e un’intensità emotiva che la distinguono nettamente.

Le opere in mostra si concentrano soprattutto sulle celebri “sculture-assemblaggio”, autentiche architetture poetiche costruite con un sapiente gioco di luci e ombre, di pieni e vuoti, in cui ogni elemento conserva la propria identità pur diventando parte di un tutto più grande. Questi lavori si presentano come veri e propri ambienti in miniatura, che sembrano aprirsi a una dimensione spaziale e temporale sospesa, quasi sacra. Lo spettatore è invitato non solo a osservare, ma anche a immergersi in questi spazi costruiti, dove la materia si fa segno e la forma diventa simbolo di un’intensa ricerca interiore.

Un altro aspetto fondamentale dell'esposizione è la riflessione sul ruolo rivoluzionario che Louise Nevelson ha avuto nel ridefinire il concetto stesso di scultura. Lontana dalle tradizionali forme monumentali e figurative, la sua arte introduce elementi di casualità, di assemblaggio e di dialogo con l’ambiente circostante, anticipando molte delle pratiche che sarebbero diventate centrali nell’arte contemporanea. La mostra si propone quindi anche come una narrazione di questa innovazione, mostrando come l’arte di Nevelson abbia aperto nuove strade e nuovi modi di intendere la scultura, trasformandola in un’esperienza sensoriale e concettuale più ampia.

In definitiva, questa esposizione a Bologna rappresenta non solo un omaggio a una grande artista che ha segnato la storia dell’arte moderna, ma anche un’occasione per riflettere sul rapporto tra arte, genere e innovazione. Il confronto tra la maestria dei Carracci e la forza visionaria di Nevelson, all’interno dello stesso spazio, permette di leggere l’arte come un continuum fatto di rotture e di continuità, di tradizione e di sperimentazione.