giovedì 20 febbraio 2025

Giuseppe Genna


Giuseppe Genna è una delle figure più atipiche e radicali della letteratura italiana contemporanea, un autore che ha fatto della sperimentazione linguistica e narrativa la sua cifra distintiva, rifiutando qualsiasi etichetta e sfuggendo a qualsiasi tentativo di incasellamento. La sua scrittura è un organismo complesso, stratificato, in perenne trasformazione, capace di inglobare e rielaborare generi diversi, dall’indagine storica al noir, dalla speculazione filosofica al thriller complottistico, dal memoir all’inchiesta giornalistica, sempre con un approccio che mira a disgregare le strutture convenzionali del romanzo per ricostruirle secondo nuove regole. In questa continua ricerca di una forma espressiva che sia adeguata al caos del mondo contemporaneo, Genna ha prodotto opere che oscillano tra il realismo e l’allucinazione, tra la cronaca e il delirio visionario, tra la denuncia e la riflessione metafisica, trasformando ogni testo in una sorta di esperimento narrativo che mette alla prova il lettore, lo spinge oltre i confini della narrazione tradizionale e lo immerge in un flusso di linguaggio ipnotico, incalzante, frammentato.

Nato a Milano nel 1969, Genna cresce in una città che diventerà un elemento centrale della sua poetica. Ma la Milano che emerge dai suoi romanzi non è quella patinata della moda e della finanza, né quella rassicurante della cultura borghese, bensì una città oscura, un crocevia di poteri occulti, trame segrete e conflitti irrisolti. La sua è una Milano che si trasforma in un organismo vivente, un labirinto di strade e palazzi dietro cui si nascondono storie di corruzione, violenza e manipolazione. È una città che non offre certezze, ma si presenta come un universo instabile, in continuo mutamento, dove nulla è mai come sembra e la verità sfugge costantemente alla presa di chi la cerca. Questa visione della metropoli come spazio di mistero e alienazione attraversa tutta la sua opera e contribuisce a creare quell’atmosfera claustrofobica e inquietante che caratterizza i suoi romanzi.

Fin dal suo esordio con Catrame (1999), Genna mostra chiaramente la sua volontà di scardinare le regole del genere. Se inizialmente il romanzo sembra inserirsi nella tradizione noir italiana, con atmosfere cupe e personaggi enigmatici, ben presto si capisce che l’obiettivo dell’autore non è quello di costruire un giallo tradizionale. La struttura della narrazione si disgrega, i punti di vista si moltiplicano, la scrittura si fa sempre più visionaria. Il protagonista non è un detective nel senso classico del termine, ma un uomo che si muove in una realtà in cui ogni certezza si sgretola, in cui la verità è un’illusione e il senso stesso della ricerca si dissolve. Catrame è un romanzo che si avvicina più al flusso di coscienza che alla narrazione lineare, un’opera che usa il genere solo come pretesto per portare il lettore in una zona liminale tra sogno e incubo, tra cronaca e delirio.

Questa tendenza a destrutturare la narrazione si amplifica nei suoi lavori successivi. Nel nome di Ishmael (2001) è un’opera ambiziosa e stratificata, che fonde elementi di thriller, teoria del complotto e speculazione filosofica. Il romanzo è un’indagine su una figura enigmatica che attraversa la storia recente lasciando dietro di sé una scia di misteri irrisolti. Ma il vero protagonista del libro è il linguaggio stesso: la scrittura di Genna si fa sempre più serrata, incalzante, ipnotica. Il lettore è trascinato in un vortice di informazioni e rimandi, in un continuo gioco di specchi in cui realtà e finzione si confondono fino a diventare indistinguibili. L’effetto è quello di un testo che si legge come un incubo lucido, una discesa in un mondo in cui ogni certezza è messa in discussione.

Con Dies Irae (2006), Genna raggiunge il punto più estremo della sua sperimentazione narrativa. Il romanzo abbandona del tutto la struttura tradizionale per diventare un collage di documenti, frammenti di cronaca, riflessioni filosofiche e inserti narrativi. L’11 settembre, la guerra in Iraq, il terrorismo e la manipolazione mediatica sono al centro di un testo che si presenta come un dispositivo critico, un’indagine sul potere e sulle sue forme di controllo. Non c’è una trama lineare, ma una serie di percorsi che si intrecciano e si sovrappongono, creando un’opera che riflette il caos del mondo contemporaneo e lo restituisce sotto forma di flusso narrativo.

Nel 2008 pubblica Hitler, un libro che sfida ogni definizione. Non è un romanzo, non è una biografia, non è un saggio: è un’indagine sulla persistenza del male nella storia e nell’immaginario collettivo. Hitler è al tempo stesso un uomo e un concetto, una figura storica e un simbolo che continua a esercitare un’influenza inquietante sulla cultura contemporanea. Genna affronta il tema con una scrittura chirurgica, spietata, senza concessioni alla retorica o al patetismo. È un libro che mette il lettore di fronte all’orrore senza filtri, obbligandolo a confrontarsi con le dinamiche della violenza e del potere.

Oltre alla sua attività di scrittore, Genna ha lavorato nel campo dello scouting editoriale per importanti case editrici, contribuendo alla scoperta di autori innovativi e alla diffusione di nuove voci nella narrativa italiana. Questa esperienza gli ha permesso di sviluppare una profonda conoscenza delle dinamiche del mercato editoriale e delle trasformazioni della letteratura contemporanea.

Ha inoltre ricoperto il ruolo di caporedattore della rivista Poesia, una delle più prestigiose pubblicazioni letterarie italiane. Tuttavia, il suo ruolo era prevalentemente redazionale e non influiva sulla linea editoriale, che era decisa dall’editore-direttore. La sua esperienza nella redazione gli ha comunque dato l’opportunità di confrontarsi con alcuni dei più importanti poeti italiani e internazionali, e di approfondire il rapporto tra scrittura poetica e ricerca sperimentale.

Un altro aspetto fondamentale della sua opera è il rapporto con il digitale. Genna è stato uno dei primi autori italiani a esplorare le potenzialità della scrittura online, sperimentando con blog, social media e nuove forme narrative. Questa apertura ai linguaggi digitali non è mai stata un semplice esercizio stilistico, ma un modo per riflettere sulle trasformazioni della comunicazione e sulle nuove forme di narrazione.

La sua scrittura è sempre una sfida, un atto politico, un tentativo di forzare i limiti della letteratura per esplorare nuove possibilità espressive. I suoi libri non offrono risposte, ma pongono domande, obbligano il lettore a confrontarsi con il caos del presente e con la crisi della verità. In un panorama editoriale spesso dominato da logiche di mercato e da modelli narrativi prevedibili, Genna rappresenta una voce radicale, indipendente, un autore che usa la scrittura come strumento di resistenza e di esplorazione. I suoi romanzi non si limitano a raccontare storie, ma sono dispositivi critici, strumenti per decifrare il mondo e metterne in discussione le narrazioni dominanti.