Questo titolo racchiude l’essenza dei sonetti: un viaggio introspettivo nelle profondità oscure dell’anima, alla ricerca di ciò che è stato perduto (infanzia, luce, speranza). Il termine "speleologia" richiama l’atto di esplorare abissi sconosciuti e pericolosi, mentre "buio" sintetizza la presenza onnipervasiva dell’oscurità, sia fisica che simbolica. Il titolo riflette il tono cupo e filosofico dell’opera, evocando un’indagine che è più un confronto con il vuoto che una vera scoperta.
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1. L’eco del balocco
Con i balocchi nudi sotto il letto,
giacque l’infanzia, spoglia del suo incanto;
cresce la fama, luna, del sospetto,
ché nera sembri quando fuggi il canto.
Vìola di me quel sogno maledetto,
la stanza rada vibra un solo pianto,
giammai la luce osa varcare il tetto:
sotterra il sole e si dissolve il vanto.
Speleologo in me, scendi al profondo,
scopri del buio il volto più sereno,
ché l’ombra cela un senso meno immondo.
Così al mistero io lego il mio terreno,
la luna è madre, il sonno mondo,
e il sogno è figlio a un cielo troppo pieno.
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2. La stanza vuota
In quella stanza rada, senza niente,
giace la traccia muta dell’addio.
Giammai un lume, né un passo s’è presente,
soltanto l’eco flebile d’un io.
Balocchi sparsi, nudi eppur potenti,
ricordi opachi d’un infantile oblio.
La luna nera esplora quei frammenti,
vìola il tempo, lo sfiora a modo suo.
Ma sotto il letto, il vuoto si fa chiaro:
un sole scava il buio, sotterraneo,
e lascia al cuore un palpito più raro.
Speleologo cieco, eterno e strano,
cerco la via, ma il passo resta avaro:
ritorno all’ombra, al cielo più lontano.
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3. L’infanzia spezzata
Finita l’infanzia, resta un luogo oscuro,
dove balocchi giacciono, traditi.
La luna è nera, il cielo resta duro,
i giochi un tempo amati son svaniti.
Chi mai violò quel sogno tanto puro?
Forse il silenzio, o giorni scoloriti,
forse un destino ignoto e già maturo
che sputa ombre ai passi in noi smarriti.
Sotterra il sole, scivola un abisso,
si spezza il fiato, il cuore non s’accende,
e un vuoto cresce al centro d’ogni viso.
Speleologo dentro, il tempo spende
la luce sua, ma resta sempre il fiso
sguardo del buio che più non sorprende.
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4. Il lume assente
Senza giammai un lume nella stanza,
vaga il pensiero, orfano e leggero,
mentre la luna nera in lontananza
vìola il sonno, complice al mistero.
Sotto il letto i giochi d’una danza
giacciono muti, l’infanzia nel sentiero
di ciò che fu. Speleologo speranza,
scavo nel buio un sole prigioniero.
Quel sole è lì, pulsante, sotterrato,
pronto a brillare, eppure senza voce.
Un sogno chiama, e torna dissipato.
Forse rimane, intatto, nella croce
di ciò che manca: il vuoto non è andato,
l’ombra s’espande, e al cuore tutto nuoce.
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5. Il sole nascosto
Nel buio il sole, eterno esploratore,
scava sentieri, luoghi del passato.
Sotto il letto un frammento di dolore
resta silente, a lungo consumato.
Finì l’infanzia; ormai nessun rumore,
soltanto un tempo tenue, sussurrato.
La luna è nera e abbraccia il suo colore,
la stanza rada in sogni è sigillato.
Chi spezza il sonno non trova il ritorno,
ché il cielo d’ombra inghiotte ogni bagliore.
Si vive d’eco, d’oggi senza giorno.
Speleologo in cerca d’un calore,
scendi profondo, scava fino a un forno
di luce vera, e il buio sia splendore.
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6. La luna traditrice
Tradisce il passo, luna troppo nera,
e il cielo resta chiuso sopra i volti.
Nella sua fama, cieca e prigioniera,
sfiora i pensieri già da noi sepolti.
Speleologo eterno nella sera,
scava il silenzio, il buio mai sconvolti.
Sotto il letto, l’infanzia si dispera,
un gioco muto giace senza ascolti.
Forse violò quel tempo un desiderio,
forse la mano d’un astro sotterrato.
Resta una stanza rada, senza imperio.
Il sole dorme, il vuoto è consumato;
non c’è chi veda più ciò che è più serio:
il sogno ha perso il suo volto dorato.
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7. L'infanzia sommersa
Finita l’infanzia, resta sotto il letto
il buio immenso d’un’antica guerra.
Vìola di me la luna nel suo aspetto,
scava la luce, speleologo in terra.
La stanza vuota è eco d’un progetto
mai cominciato, già disperso in serra:
un sole cieco, muto, circoscritto,
attende il buio per chiudere la sferra.
Giammai un lume consola questo oblio,
ché l’ombra regna, fedele e impassibile.
Tutto si perde in un segreto fio.
E mentre l’eco tace, incomprensibile,
resta una luna nera in suo balìo,
certa, nel buio, d’un senso invisibile.
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8. La stanza spezzata
Senza più giochi, il letto si fa vuoto,
muto custode d’un silenzio arcano.
La luna nera spia, e con devoto
sguardo sprofonda in ogni sogno umano.
Vìola la stanza, il suo respiro ignoto,
giammai la luce scorre dal suo vano:
un sole stanco, pallido e remoto,
s’affonda al suolo, immobile e lontano.
Speleologo in cerca d’un motivo,
scavo quel buio, ma nulla si rivela.
Resta soltanto il vuoto primitivo.
E nella stanza rada e senza vela,
cresce la fame d’un sogno tardivo,
ombra che sosta, e mai si ricompila.
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9. Il buio eterno
Nel cuore il sole vive, sotterrato,
ma non esplode; il fuoco resta spento.
Sotto il letto, il balocco abbandonato
giace, nel tempo perso, lento e intento.
La stanza rada accoglie un sussurrato
silenzio: il nero invade ogni momento.
Vìola la luna un sogno già sognato,
sfiora un ricordo fragile, violento.
Giammai ritorna il giorno in questo vuoto,
ché ogni speranza resta un’eco vana,
e il cielo cupo oscura l’infinito.
Speleologo, esploro una savana
di luce spenta, il cuore più remoto:
resta un abisso, mai una via piana.
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10. La fama della luna
Di luna nera è la fama ch’io canto,
ombra che cresce sopra la mia pelle.
Vìola ogni sogno, spegne ogni rimpianto,
e sotto il letto scava nuove celle.
Balocchi sparsi giacciono, nel pianto
d’una stanza spoglia, vuota di stelle.
Il sole tace, sotterraneo, affranto,
giammai esplorato da mani ribelli.
Speleologo, avanzo nel mistero,
ma nulla trovo, solo buio e canti
lontani, spenti, immobili nel nero.
Così mi arrendo, il tempo resta infranto:
la luna ride, il cielo resta intero,
e tutto tace, muto, nei suoi vanti.
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11. L’abisso nascosto
Sotto quel letto s’apre un gran deserto,
dove ogni gioco tace, si dissolve.
La luna nera, sguardo tanto esperto,
scivola lenta sopra spoglie polve.
La stanza è rada, il vento aperto e incerto,
eppure il sole, sotterraneo, evolve.
Vìola il vuoto, ma rimane coperto,
celando un cuore che mai più si risolve.
Speleologo cieco, il mio destino
è scendere al profondo, fino al vero,
trovare un lume e dirgli: “Tu sei mio.”
Ma nulla appare: resta sempre nero
l’abisso sotto il letto, tanto fino
da divorare il mondo intero.
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12. Ombra infinita
La stanza è vuota, priva di carezze,
s’aggira l’eco d’un silenzio arcano.
Finì l’infanzia, perse le certezze,
giace il balocco in polvere lontano.
La luna nera cela le sue brezze,
vaga nel vuoto, cerca un volto umano.
Speleologo, al buio le mie altezze
son pronte a scendere nel cielo strano.
Sotterra il sole, il tempo si nasconde,
si perde il lume e l’occhio non si avvede
dell’ombra eterna, fragile e profonda.
Così rimango, muto nella sede
del sogno infranto. L’ombra si confonde,
e il cielo tace, avvolto nelle fedi.
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13. Il letto e la luna
Sotto il letto, balocchi e frasi mute
restano a dire ciò che più non siamo.
La luna nera è lì, senza virtù né
pace, soltanto un’eco d’un richiamo.
Speleologo cieco, al buio nutre
il passo stanco: il vuoto il suo reame.
La stanza rada accoglie solo flute
di sogni infranti, polvere e suo brame.
Il sole tace, scivola lontano,
scava nel nero un filo d’alba vana,
ma nulla cresce, né si tiene in mano.
Così l’infanzia muore; resta strana
questa promessa: un nulla più sovrano,
dove ogni lume tace e si profana.
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Ecco altri sonetti seguendo lo stesso tono evocativo e riflessivo:
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14. Il gioco del silenzio
Sotto il letto, balocchi nudi e stanchi,
custodiscono il tempo, ormai disperso.
L’infanzia giace lì, tra i sogni bianchi,
mentre il silenzio canta il suo universo.
La stanza è rada, priva di quei flanchi
che un giorno reggevano il sole emerso.
Ora soltanto luna e i suoi malvagi
segni violano un cielo rovesciato.
Speleologo cieco, scavo il nero,
ma non raccolgo luce né respiro.
Tutto è perduto, il senso resta intero.
Sotterra il sole il cuore che ritiro,
e questa ombra, giunta al suo pensiero,
culla un segreto troppo antico e giro.
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15. La stanza e il buio
Nella stanza, un’eco lunga s’aggira,
vaga tra muri spogli, freddi, scuri.
La luna nera il suo segreto attira,
vìola i giorni chiusi nei suoi muri.
Il letto tace, l’infanzia si ritira
nel buio fitto d’ombre senza duri
confini. Il sole, stanco, non respira,
né più si vede alzarsi dai suoi puri.
Speleologo dentro il nero abisso,
scavo ricordi, ma ne trovo niente.
Solo l’assenza guida il mio passaggio.
Così l’infanzia resta, un sogno fisso,
nel letto vuoto e freddo, onnipresente,
un buio eterno in forma di messaggio.
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16. Il sole disperso
Sotterra il sole il suo calore antico,
giace nel buio senza più fervore.
Sotto il letto, un silenzio tanto amico
culla i balocchi e spegne ogni dolore.
La stanza è rada, il sogno resta amico
d’una luna che nera cresce al cuore.
Giammai violata da un pensiero unico,
sfiora l’abisso senza dargli onore.
Speleologo, il passo si fa incerto,
scivolo dentro a un vuoto così denso
da non lasciare spazio all’altro aperto.
Così nel nero, immerso senza senso,
cerco un bagliore in ciò che resta esperto:
l’ombra che vive del suo vuoto intenso.
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17. L’infanzia nascosta
Con i balocchi nudi, l’infanzia è stanca,
giace sul bordo d’un ricordo vano.
La luna nera scivola e s’imbianca,
sfiora la stanza rada con la mano.
Violano l’aria ombre senza stanca
fama di nero, il cielo troppo umano.
Sotterra il sole un desiderio; manca
ogni respiro caldo e più lontano.
Speleologo errante, scavo il fondo
del letto vuoto, cerco ciò che è perso.
Ma non raccolgo che un silenzio immondo.
Così rimango, il buio s’è diverso,
e tutto tace: un mondo troppo fondo
accoglie il cuore e chiude il suo universo.
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18. L’ombra invincibile
La luna nera veglia sopra il letto,
il suo bagliore è cieco, senza meta.
Giammai un lume, né un cielo benedetto,
vìola il cuore e il sogno non completa.
La stanza rada accoglie il suo dispetto,
un sole muto scava la sua pietra.
Sotto quel letto giace il mio sospetto,
mentre l’infanzia giunge alla sua meta.
Speleologo cieco, scendo piano,
mi nutro d’ombre e d’eco senza vita.
Il cielo chiude l’occhio, resta umano.
Resta una luna sopra l’infinita
stanza d’un cuore privo della mano
che un tempo accarezzava ogni ferita.
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19. Il vuoto eterno
La stanza è vuota, tutto si dissolve,
né un suono, né un respiro lì rimane.
Sotto il letto, la polvere si evolve
in forme mute, in ombre tanto strane.
Balocchi sparsi, muti nelle volve
d’un sogno rotto, senza più campane.
La luna nera i suoi misteri involve,
il sole tace, stretto in vecchie tane.
Speleologo eterno, il buio esploro,
ma non ritrovo luce o senso alcuno.
Solo un’assenza, pallida, divoro.
Così nel vuoto il cuore resta bruno,
mentre il silenzio cresce come un coro:
ombra d’infanzia, canto senza uno.
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20. L’eco del sole
Il sole scava sotto un nero eterno,
sotterra luce in stanze senza fiato.
Sotto il letto, un abisso così inferno
cresce silente, in cuore sigillato.
La luna nera osserva il suo governo,
vìola il tempo, il sogno consumato.
Giammai ritorna un giorno così moderno:
tutto scompare, nulla viene dato.
Speleologo muto, scendo lento
nel buio fitto, cerco ciò che resta.
Ma trovo solo un vuoto di cemento.
L’infanzia tace, chiusa nella cesta
d’un desiderio infranto, ormai spento.
Il cielo è buio, e l’ombra si manifesta.
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21. La fame del buio
Nel cuore il buio cresce, si dilata,
sfiora la stanza vuota e si riprende.
Un sole stanco in terra si è piegato,
la luna nera tutto il resto offende.
Balocchi muti, l’eco s’è fermata,
e sotto il letto il nulla ormai s’intende.
L’infanzia è giunta al margine, negata,
e il sogno vive solo in false tende.
Speleologo incerto, cerco l’ombra,
ma essa cresce e mai si lascia dire.
Il suo mistero eterno mi raddoppia.
Così mi arrendo; il nero fa impazzire,
la luna sfiora il buio che mi sgombra:
tutto si spegne, senza più mentire.
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22. Il buio scavato
Speleologo eterno, il cuore mio
scava tra polveri e balocchi spenti.
Il letto è vuoto, l’ombra resta un dio,
la stanza rada accoglie i suoi tormenti.
La luna nera veglia senza un io,
vìola i giorni e li sospinge lenti.
Giammai il sole torna, troppo fio
il prezzo d’un silenzio in tanti eventi.
Il nero vive, un cielo sempre vuoto
si specchia in occhi stanchi e più lontani.
Ogni respiro tace, senza moto.
E nel profondo, immerso nelle mani
d’un’ombra fredda, scopro il mio devoto
canto perduto in spazi sovrumani.
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23. La luna e il letto
Sotto il letto, balocchi senza voci
cullano il buio d’una stanza spoglia.
La luna nera sparge sue veloci
ombre, violando un tempo senza soglia.
Sotterra il sole un mondo senza croci,
tace il silenzio, e il vuoto si raccoglia.
La stanza rada avvolge chi più non loce,
giammai l’infanzia torna alla sua soglia.
Speleologo incerto, scavo il fondo
d’un letto spento, nero di paure.
Ma non ritrovo luce in questo mondo.
Così mi arrendo al vuoto che perdura,
ché l’ombra è madre, il nero il cielo tondo,
e il nulla è casa, spoglio di letture.
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24. La stanza dei giochi
Sotto il letto, balocchi e polvere restano,
cose dimenticate, prive d’un respiro.
La luna nera guarda e lentamente infestano
le ombre di quel mondo che già io ritiro.
La stanza rada vibra, ma non destano
i giorni ormai passati il passo mio di giro.
Speleologo dentro, scavo nero e testano
le mani l’assenza d’un cielo troppo miro.
Finisce l’infanzia; tutto è sepoltura.
Il sole tace, il buio si confonde.
E nella stanza cresce una paura.
Così rimango, chiuso nelle onde
d’un sogno infranto, senza più ventura:
solo un silenzio al cuore m’appartonde.
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25. Il nero sovrano
Il nero regna, il cielo è senza rive,
e il letto accoglie i suoi segreti stanchi.
La luna nera, sola, sempre vive
su questa stanza, vuota di suoi bianchi.
Giammai ritorna un giorno che descrive
l’ombra che cinge e il sole senza flanchi.
Sotto il letto, l’infanzia si nasconde,
un sogno muto, abisso tra i suoi banchi.
Speleologo, avanzo nel mistero,
ma tutto tace, e il buio resta immenso.
Sotterra il sole il cuore, sempre vero.
Così rimango, senza un solo senso,
e cerco pace in un dolore intero,
ché l’ombra è madre d’un amore intenso.
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26. Sogni senza lume
Nel buio scende il sogno, sempre spento,
mentre la luna veglia e si nasconde.
Sotto il letto, l’infanzia nel suo lento
declino tace, priva d’onde profonde.
Balocchi muti, polvere e sgomento
riempiono stanze vuote e troppo monde.
Sotterra il sole un raggio ormai già spento,
vìola il tempo e ciò che in noi s’infonde.
Speleologo cieco, scavo il nero,
ma non raccolgo che silenzi forti.
Tutto si spegne, resta solo un vero.
Il letto vuoto accoglie i sogni morti,
e nel profondo cresce un cuore fiero
che si dissolve tra promesse e sorti.
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27. Il canto dell’ombra
L’ombra s’infila tra le mani spoglie,
sfiora il balocco e spegne il suo colore.
La stanza rada accoglie le sue voglie,
ma non regala un sogno né un dolore.
La luna nera, madre senza soglie,
vìola il cuore e spegne il suo calore.
Giammai si vede il sole tra le foglie,
ché tutto è nero, privo di valore.
Speleologo dentro, cerco invano
un lume spento, un cielo che respira.
Ma il letto tace; tutto è troppo strano.
Così mi arrendo, mentre il buio gira,
e il nero, infine, prende la mia mano:
l’ombra è regina, nulla si ritira.
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28. Il letto e il vuoto
Il letto tace, il vuoto lo circonda,
e sotto il tempo scorre senza scampo.
Un balocco nudo, muto, affonda
in un silenzio privo d’ogni campo.
La luna nera osserva, e si confonda
la stanza rada d’un dolore a lampo.
Speleologo cieco, il nero sonda,
ma resta solo il vuoto in un rilampo.
Sotterra il sole l’ultimo suo canto,
il buio cresce, il cuore resta stanco.
Tutto si perde; niente resta santo.
E nella stanza rada, fredda e bianca,
vive soltanto un’eco senza vanto:
l’ombra rimane, e al cuore si affranca.
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29. Speleologo del buio
Nel buio scendo, l’occhio non s’appaga,
e cerco il fondo d’un letto sommerso.
La stanza rada resta la mia paga,
il sogno è chiuso in un silenzio perso.
Balocchi nudi, la polvere li appaga,
la luna nera il suo mistero ha terso.
Sotterra il sole un’ombra che ripaga
un cuore vuoto in un dolore terso.
Così mi muovo, speleologo d’ombre,
scavo il profondo, ma il buio è sovrano.
La luce manca, un eco non si compie.
E mentre il nero tiene saldo il piano,
il cuore tace, il cielo più non rompe:
solo l’assenza prende la mia mano.
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30. Il nero infinito
Finisce qui il sentiero, sotto il letto,
un nero senza fine m’ha accolto.
Balocchi muti, polvere e dispetto
riempiono un vuoto ormai troppo avvolto.
La luna nera ride, senza aspetto,
vìola il cuore e il suo destino stolto.
Giammai ritorna un lume nel suo letto,
tutto è nel buio, eterno e non raccolto.
Speleologo muto, il passo oscillo,
mi perdo dentro un vuoto senza storia.
L’infanzia tace, l’eco non scintillo.
E questo nero vive la memoria
di giorni spenti: un sogno che distillo
è solo assenza, muta d’ogni gloria.
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I sonetti condividono temi ricorrenti che costruiscono un’atmosfera malinconica, onirica e profondamente introspettiva. Ecco i temi principali:
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1. La fine dell'infanzia
La perdita dell’infanzia è un tema dominante. L’innocenza svanisce, lasciando un vuoto simbolico rappresentato dai balocchi abbandonati sotto il letto e da una stanza spoglia. L’infanzia viene evocata come un luogo lontano, ormai irrecuperabile.
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2. Il vuoto e l’assenza
Il vuoto fisico della stanza e del letto si riflette in un senso di assenza interiore e di perdita. Questo vuoto diventa quasi tangibile, un’entità che avvolge e consuma.
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3. La luna nera e il buio
La luna nera è una presenza costante e inquietante. È simbolo di oscurità, mistero e violazione di un ordine naturale. Il buio diventa un elemento onnipresente, metafora della solitudine, del lutto interiore e dell’incertezza esistenziale.
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4. Il sole sotterraneo
Il sole, sepolto o assente, rappresenta la luce e il calore che non ci sono più. È il simbolo di ciò che è perduto: speranza, vitalità, futuro. La sua assenza acuisce il senso di privazione e rende l’ombra e il buio i protagonisti incontrastati.
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5. Il tempo immobile
Il tempo nei sonetti sembra sospeso, immobile. Non c’è progresso o cambiamento, solo una ripetizione ciclica di assenze e mancanze. La stanza, la luna e il letto sono spazi senza evoluzione, bloccati in una dimensione eterna.
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6. Il viaggio speleologico
La figura del "speleologo" è una metafora della ricerca interiore. Si esplorano abissi personali, oscurità psichiche, ma senza trovare risposte o appigli. Questo viaggio è incessante e privo di una meta definita, un simbolo dell’indagine esistenziale sterile.
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7. Il letto come simbolo
Il letto non è più luogo di riposo o sicurezza, ma simbolo dell’abbandono e del mistero. È un portale verso il vuoto, un confine tra il mondo perduto dell’infanzia e l’ombra dell’età adulta.
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8. L’infanzia come eco
L’infanzia non è un ricordo luminoso, ma un’eco lontana e sbiadita. I balocchi nudi, oggetti inanimati, diventano reliquie di un tempo irrimediabilmente trascorso, incapaci di ricucire il legame con la gioia passata.
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9. La natura ambigua dell’ombra
L’ombra ha un ruolo duplice: è oppressiva e invasiva, ma al contempo accogliente. Diventa una sorta di presenza materna che avvolge e protegge nella sua oscurità, pur privando di luce e vitalità.
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10. Il conflitto tra speranza e resa
I sonetti oscillano tra la ricerca di un significato (il sole, la luce, l’infanzia) e la consapevolezza di non poterlo più raggiungere. La tensione tra il desiderio di riscatto e la resa definitiva al buio è centrale.
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Conclusione:
Questi sonetti riflettono un viaggio interiore che esplora la perdita, l'assenza e il buio come simboli universali di una condizione esistenziale alienante. Si percepisce un senso di malinconia e introspezione che affronta temi universali come il tempo, la memoria e la ricerca di sé, ma con uno sguardo consapevole della loro irrisolvibilità.