lunedì 24 febbraio 2025

La guerra alle parole: l’amministrazione Trump e la censura del linguaggio inclusivo

Negli Stati Uniti, l'amministrazione Trump ha recentemente introdotto restrizioni linguistiche che stanno facendo discutere il mondo accademico, scientifico e politico. Secondo quanto riportato da diverse fonti, il governo federale ha imposto nuove direttive che vietano l’uso di specifici termini nelle pubblicazioni, nei report ufficiali e nei documenti di ricerca finanziati con fondi pubblici. Tra le parole proibite figurano termini come woman (donna), disability (disabilità) e una serie di espressioni legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale, come gay, trans e non-binary.

Questa decisione si inserisce in una più ampia strategia dell’amministrazione Trump volta a contrastare le politiche di Diversity, Equity, and Inclusion (DEI), ovvero i programmi nati per affrontare le discriminazioni sistemiche nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni educative. Questi programmi, sviluppati nel corso degli ultimi decenni, avevano lo scopo di ridurre le barriere per le minoranze e creare ambienti più equi, tenendo conto di differenze di genere, etnia, orientamento sessuale e disabilità. Tuttavia, la Casa Bianca ha ribaltato questa prospettiva, sostenendo che le politiche DEI abbiano creato divisioni artificiose e contribuito a diffondere una narrazione ideologica dannosa.

L’impatto sul mondo accademico e scientifico

Le nuove restrizioni hanno immediatamente sollevato forti preoccupazioni tra le università e i centri di ricerca. La minaccia di perdere fondi governativi ha portato molti ricercatori a interrogarsi su come muoversi per evitare la censura o il blocco delle proprie ricerche. Una delle conseguenze più gravi è il rischio di autocensura: molti studiosi potrebbero decidere di evitare determinati argomenti, modificare il linguaggio delle proprie pubblicazioni o riformulare intere ricerche per non incorrere in penalizzazioni.

Un ulteriore problema riguarda la revisione delle pubblicazioni accademiche. Se un testo menziona termini proibiti, potrebbe essere soggetto a un controllo più severo, con il rischio di essere bloccato o escluso da finanziamenti pubblici. Questo potrebbe colpire in modo particolare gli studi di genere, le ricerche sulla disabilità e le analisi sociologiche sulle comunità LGBTQ+, che si basano proprio sui concetti messi in discussione dall’amministrazione Trump.

Le implicazioni si estendono anche ai giovani ricercatori e agli studenti universitari, molti dei quali hanno scelto di specializzarsi in discipline legate ai temi di equità e inclusione. La paura di non trovare finanziamenti o di non poter pubblicare i propri studi potrebbe scoraggiare intere generazioni di studiosi dall'approfondire queste tematiche, riducendo il contributo scientifico in settori cruciali per la comprensione della società contemporanea.

Effetti sulla sanità pubblica

Un altro ambito fortemente colpito da queste restrizioni è quello della sanità pubblica. Eliminare parole come disability o woman dai report ufficiali potrebbe avere conseguenze dirette sulla raccolta di dati epidemiologici e sulla definizione di politiche sanitarie mirate. Senza un linguaggio preciso, si rischia di escludere intere categorie di persone dagli studi statistici, con il pericolo di non identificare specifiche problematiche sanitarie legate al genere o alla disabilità.

Ad esempio, se non si possono utilizzare termini legati all’identità di genere e all’orientamento sessuale, diventa più difficile raccogliere dati su problemi di salute specifici della comunità LGBTQ+, come il tasso di depressione e suicidio tra le persone trans o l’incidenza di alcune malattie sessualmente trasmissibili in gruppi a rischio. Lo stesso vale per le donne: se il termine woman viene eliminato o ridimensionato nei documenti sanitari, potrebbe essere più complicato sviluppare politiche mirate per la salute riproduttiva o la prevenzione del tumore al seno.

Gli esperti di salute pubblica temono che questa decisione possa compromettere decenni di progressi nella medicina basata sull’evidenza. La possibilità di raccogliere dati accurati e di fornire cure specifiche per gruppi vulnerabili dipende fortemente dalla capacità di nominare e descrivere le realtà sociali con precisione.

Un attacco al linguaggio e alla realtà sociale

Oltre alle conseguenze pratiche, questa iniziativa ha anche un profondo valore simbolico. L’eliminazione di determinate parole non è solo una questione amministrativa, ma si inserisce in una battaglia culturale più ampia volta a ridefinire i riferimenti identitari accettabili nelle istituzioni pubbliche.

Negare l’esistenza di certi termini significa, di fatto, cercare di cancellare le realtà che essi descrivono. Se non si può più parlare di disabilità, si rischia di minimizzare i problemi che le persone con disabilità affrontano quotidianamente. Se non si può più parlare di donna, si rende più difficile riconoscere le discriminazioni di genere. Se le parole gay, trans e non-binary spariscono dal linguaggio ufficiale, si contribuisce a marginalizzare ancora di più le comunità LGBTQ+.

Questa strategia non è nuova. Nella storia, i regimi autoritari hanno spesso tentato di controllare il linguaggio come mezzo per plasmare la società. L’idea di base è che modificando il modo in cui le persone parlano di certi argomenti, si possa anche cambiare il modo in cui li percepiscono. La censura linguistica diventa quindi uno strumento per ridefinire la realtà, eliminando gradualmente certi concetti dal dibattito pubblico.

L’ordine esecutivo sul genere

Parallelamente a queste restrizioni linguistiche, l’amministrazione Trump ha introdotto un ordine esecutivo che stabilisce ufficialmente l’esistenza di soli due sessi, maschile e femminile, basati esclusivamente su caratteristiche biologiche immutabili. Questa decisione ha conseguenze dirette su documenti ufficiali come passaporti, certificati di nascita e documenti di identificazione, che non riconosceranno più le identità di genere non binarie.

Questa misura è stata accolta con indignazione dalle organizzazioni per i diritti civili, che la considerano un attacco diretto alla dignità e ai diritti delle persone trans e non binarie. L’ordine esecutivo potrebbe anche avere implicazioni legali, portando a un’ondata di cause giudiziarie per la discriminazione basata sull’identità di genere.

Le reazioni e le prospettive future

Di fronte a queste nuove restrizioni, molte università, centri di ricerca e organizzazioni per i diritti umani stanno valutando come reagire. Alcuni Stati a guida democratica stanno cercando di mantenere attivi i programmi DEI, stanziando fondi alternativi per la ricerca e garantendo la libertà accademica nei propri atenei. Tuttavia, la pressione federale potrebbe rendere sempre più difficile per le istituzioni continuare a lavorare su questi temi senza subire tagli o sanzioni.

Le implicazioni di queste politiche potrebbero farsi sentire per anni, ridefinendo il panorama accademico e culturale degli Stati Uniti. Se la censura linguistica dovesse imporsi come norma, il rischio è quello di un impoverimento del dibattito pubblico, con conseguenze non solo per la ricerca scientifica, ma per l’intera società.

Quello che sta accadendo oggi è più di una semplice questione di parole: è una lotta per il diritto di nominare, analizzare e affrontare le realtà sociali in tutta la loro complessità.