giovedì 27 febbraio 2025

PINK FLAMINGOS: UNA PIETRA MILIARE DEL CINEMA UNDERGROUND E DELLA CONTROCULTURA



"Pink Flamingos" (1972), diretto da John Waters, è un film che sfida ogni definizione. È un’opera anarchica, un atto di ribellione contro il decoro e un capolavoro del cinema underground. Con Divine nel ruolo principale, Waters crea un film che non si limita a infrangere le regole del buon gusto, ma le distrugge con una gioia infantile e selvaggia. A oltre cinquant’anni dalla sua uscita, Pink Flamingos continua a essere un manifesto per tutti coloro che si oppongono al conformismo, alla mediocrità e all’oppressione culturale.


1. IL CONTESTO: GLI ANNI ’70 TRA RIVOLUZIONE CULTURALE E CINEMA UNDERGROUND

Gli anni ’70 furono un decennio di cambiamenti radicali. Dopo le turbolenze degli anni ’60, con la lotta per i diritti civili, i moti femministi e le prime proteste LGBTQ+, il decennio successivo vide la controcultura consolidarsi in movimenti artistici e politici più definiti. In questo contesto, il cinema underground emerse come una forma d’arte indipendente, lontana dai meccanismi di Hollywood.

John Waters, nato a Baltimora nel 1946, rappresentava una delle voci più audaci e originali di questo panorama. Cresciuto in un sobborgo borghese, Waters trovò nella diversità e nella marginalità di Baltimora un’inesauribile fonte di ispirazione. Influenzato da registi come Russ Meyer e dall’estetica camp, Waters sviluppò uno stile unico che univa il grottesco, l’umorismo nero e un’irriverenza senza limiti.

Baltimora, la città in cui Waters girò quasi tutti i suoi film, diventa in Pink Flamingos un personaggio a sé. Non è la Baltimora dei centri storici o delle istituzioni culturali, ma quella dei sobborghi, dei vicoli sporchi e delle roulotte, un luogo che riflette il degrado e, al tempo stesso, l’umanità dei suoi abitanti.


2. JOHN WATERS E LA NASCITA DEL "TRASH CINEMA"

John Waters è spesso definito il “Papa del trash”, un titolo che ha abbracciato con orgoglio. Ma cosa significa davvero “trash” nel contesto di Waters? Per lui, il trash non è solo cattivo gusto, ma una forma d’arte che sovverte le convenzioni estetiche e sociali. Waters usa il trash per smascherare le ipocrisie della società e celebrare ciò che è autentico, anche quando è brutto, sporco o disturbante.

Fin dagli anni ’60, Waters lavorò con un gruppo di collaboratori noti come i "Dreamlanders", tra cui Divine, Mink Stole, Edith Massey e Mary Vivian Pearce. Divine, il cui vero nome era Harris Glenn Milstead, divenne presto la musa di Waters e il volto del suo cinema. Con il suo trucco esasperato, i costumi eccessivi e la sua presenza scenica imponente, Divine incarnava l’essenza del cinema di Waters: una celebrazione della diversità e della ribellione contro le norme sociali.

Waters trovò ispirazione anche nella cultura pop e nel melodramma: adorava i film hollywoodiani di Douglas Sirk e le soap opera, ma li reinterpretava in chiave grottesca e sovversiva.


3. LA TRAMA DI PINK FLAMINGOS: UNA GUERRA DI PERVERSIONI

La trama di Pink Flamingos è volutamente semplice, quasi un pretesto per mettere in scena una serie di atti oltraggiosi. Divine, autoproclamatasi "la persona più disgustosa del mondo", vive in una roulotte con la sua famiglia disfunzionale: sua madre Edie, ossessionata dalle uova; suo figlio Crackers, che si dedica a pratiche sessuali bizzarre; e Cotton, una giovane complice delle loro follie.

La serenità della loro vita viene interrotta dai coniugi Marble, una coppia borghese che, in segreto, gestisce un racket di rapimenti e traffico di neonati. I Marble, gelosi del titolo di Divine, si propongono di superarla in depravazione, dando inizio a una guerra di oscenità che culmina in atti di pura follia.

Ogni scena del film è pensata per scioccare lo spettatore: dalla violenza al sesso, fino alla celebre sequenza in cui Divine consuma un escremento di cane in un gesto di ribellione assoluta.


4. I PERSONAGGI: UNA GALLERIA DI MOSTRI GROTTESCHI

I personaggi di Pink Flamingos sono estremi e caricaturali, ma al tempo stesso profondamente umani.

  • Divine: protagonista assoluta, è un’icona larger-than-life. Con il suo trucco eccessivo e i suoi monologhi sopra le righe, Divine rappresenta una figura mitica, una dea queer che sfida ogni norma sociale.
  • Edie: interpretata da Edith Massey, è un personaggio tragicomico, confinata su una poltrona e ossessionata dalle uova, che mangia in quantità spropositate.
  • I coniugi Marble: Connie e Raymond Marble sono la quintessenza dell’ipocrisia borghese. Apparentemente rispettabili, nascondono una vita di perversioni e crimini.
  • Crackers e Cotton: i figli di Divine, che partecipano con entusiasmo alle follie della famiglia.

5. L’ESTETICA: IL TRASH COME ARTE

Visivamente, Pink Flamingos è un’opera che sfida tutte le convenzioni cinematografiche. Girato con un budget irrisorio, il film utilizza scenografie grezze, costumi eccessivi e una fotografia volutamente amatoriale per creare un’estetica unica. La roulotte di Divine, decorata con fenicotteri rosa di plastica, è un simbolo del kitsch e del rifiuto della rispettabilità borghese.

La colonna sonora, composta da brani pop e rock degli anni ’50 e ’60, crea un contrasto ironico con le immagini scioccanti del film. Questo uso del contrasto è una delle cifre stilistiche di Waters, che usa l’ironia per sovvertire le aspettative dello spettatore.


6. IL SIGNIFICATO CULTURALE: UNA RIVOLUZIONE QUEER E ANARCHICA

Sotto la sua superficie grottesca e provocatoria, Pink Flamingos è un’opera profondamente politica. Il film celebra l’individualità e la libertà, mettendo in discussione le convenzioni sociali e le norme morali. Divine, con la sua fisicità imponente e il suo atteggiamento sfacciato, è un simbolo di empowerment queer, una figura che rifiuta di conformarsi alle aspettative di genere e bellezza.

Il film mette in scena una lotta di classe simbolica tra i Marble, rappresentanti dell’ipocrisia borghese, e Divine, che vive apertamente la sua eccentricità. Questo conflitto riflette una critica più ampia alla società americana dell’epoca, con le sue disuguaglianze e il suo moralismo oppressivo.


7. LA RICEZIONE E L’EREDITÀ DI PINK FLAMINGOS

Quando uscì, Pink Flamingos fu accolto con reazioni estreme. Bandito in molti paesi e condannato come osceno, il film trovò però un pubblico fedele nei cinema di mezzanotte, dove divenne un simbolo della controcultura.

Nel corso degli anni, il film è diventato un classico di culto, amato da generazioni di spettatori che vedono in esso un inno alla libertà e alla ribellione. La sua inclusione nel National Film Registry nel 2021 ha confermato il suo valore come opera d’arte, nonostante (o forse grazie a) la sua natura provocatoria.


8. LA PRODUZIONE: UN’IMPRESA DI GUERRIGLIA CINEMATOGRAFICA

Pink Flamingos fu realizzato con un budget di appena 10.000 dollari, una cifra che evidenzia la natura DIY (do-it-yourself) della produzione. Waters ottenne il finanziamento principalmente grazie agli amici e a piccoli investitori, creando una sorta di collettivo artistico in cui ogni membro del cast e della troupe era coinvolto con passione in ogni aspetto del progetto.

La produzione stessa fu un’avventura. Le riprese, svolte in gran parte a Baltimora, furono caratterizzate da un clima di caos creativo. Waters, con la sua macchina da presa 16mm, lavorò senza permessi ufficiali per girare in luoghi pubblici, il che contribuì al senso di autenticità e spontaneità del film. La roulotte di Divine, ad esempio, era un autentico veicolo prestato da un conoscente, e molti dei costumi furono creati dallo stesso cast o acquistati in negozi di seconda mano.


9. I DREAMLANDERS: UN GRUPPO ICONICO

Il cast del film è composto quasi interamente dai "Dreamlanders", il gruppo di amici e collaboratori di Waters che comparvero in molti dei suoi film. Ognuno di loro portava al progetto una personalità unica:

  • Divine: oltre alla sua iconica performance, Divine lavorava a stretto contatto con Waters per sviluppare il personaggio. La sua totale dedizione al ruolo è evidente, soprattutto in scene particolarmente estreme che nessun altro attore avrebbe osato affrontare.
  • Edith Massey: il suo ruolo di Edie, l’ossessiva madre di Divine, era tanto assurdo quanto indimenticabile. Massey, con la sua voce stridula e la presenza bizzarra, divenne una figura amatissima dai fan di Waters.
  • Mink Stole: Connie Marble, con la sua perfidia grottesca e i costumi eccentrici, rappresentava un perfetto contraltare alla carismatica Divine.
  • Danny Mills (Crackers) e Mary Vivian Pearce (Cotton) completarono il quadro familiare, contribuendo con le loro espressioni estreme a creare un’atmosfera di surreale decadenza.

Waters era noto per il suo approccio comunitario: trattava i Dreamlanders come una famiglia, creando un ambiente di lavoro che, pur caotico, era permeato da fiducia reciproca e creatività. Questa sintonia traspare chiaramente nel risultato finale.


10. LE SCENE SCANDALOSE: OLTRE LA PROVOCAZIONE

Molte delle scene di Pink Flamingos sono diventate leggendarie, ma non si trattava di provocazioni gratuite. Waters le inserì per destabilizzare le convenzioni borghesi e affrontare tabù culturali in modo diretto, anche grottesco. Alcuni esempi includono:

  • La scena dell’accoppiamento con una gallina, che suscitò particolare scalpore. Waters stesso ammise che l’idea nacque come una sfida alla censura, ma la gallina utilizzata non subì danni permanenti, e venne successivamente affidata a una fattoria.
  • La sequenza finale con l’escremento di cane, un momento che ha segnato l’immaginario collettivo. Divine eseguì la scena senza effetti speciali, rendendola uno degli atti più radicali di fedeltà artistica nella storia del cinema.
  • La rappresentazione esplicita della diversità sessuale e di genere, affrontata in modo ironico e sovversivo, era un atto politico in un’epoca in cui queste tematiche erano raramente rappresentate sullo schermo.

11. LA RICEZIONE CRITICA: DALLO SCANDALO AL CLASSICO DI CULTO

Al momento della sua uscita, Pink Flamingos ricevette una valanga di critiche negative dai media tradizionali. Fu bollato come osceno, volgare e privo di valore artistico. Tuttavia, questa reazione fu esattamente ciò che Waters sperava: un rifiuto totale da parte dell’establishment culturale, che rafforzava il film come simbolo di resistenza e ribellione.

Parallelamente, Pink Flamingos trovò una comunità entusiasta nei cinema di mezzanotte, dove veniva proiettato per un pubblico di appassionati, molti dei quali provenivano dalle comunità queer e alternative. La proiezione collettiva divenne un rituale, con spettatori che urlavano le battute e celebravano il film come un’esperienza comunitaria.

Col tempo, la critica si ricredette. Molti storici del cinema riconobbero Pink Flamingos come una pietra miliare del cinema indipendente e un’opera di grande valore culturale. La sua influenza si estese anche a registi come Pedro Almodóvar, Quentin Tarantino e Gregg Araki, che hanno citato Waters come un’ispirazione per la loro estetica sovversiva.


12. L’EREDITÀ QUEER: UN SIMBOLO DI RIBELLIONE E ORGOGLIO

Pink Flamingos è molto più di un film: è un manifesto queer. Divine, con la sua identità fluida e il suo atteggiamento irriverente, incarnava una sfida radicale alle norme di genere. Era una figura larger-than-life, capace di ispirare chiunque si sentisse emarginato o intrappolato da aspettative sociali oppressive.

Waters stesso descrisse Divine come "la drag queen definitiva", ma anche qualcosa di più: un’icona di libertà, che dimostrava che essere se stessi, anche in modo estremo, era un atto di resistenza. Questo messaggio risuona ancora oggi, rendendo il film una fonte di ispirazione per le nuove generazioni.


13. JOHN WATERS OGGI: L’IMMORTALITÀ DI PINK FLAMINGOS

John Waters continua a essere un punto di riferimento per la cultura queer e alternativa. Sebbene il suo stile si sia evoluto nel tempo, l’impatto di Pink Flamingos rimane centrale nella sua carriera. Waters stesso ha dichiarato che il film è una celebrazione del cattivo gusto, ma anche un invito a guardare oltre le convenzioni per scoprire la bellezza nell’imperfezione e nella devianza.

Nel 2021, l’inclusione di Pink Flamingos nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti ha consacrato l’opera come un classico culturale, garantendo la sua preservazione per le generazioni future. Questo riconoscimento dimostra quanto il film, nonostante le polemiche iniziali, sia diventato parte integrante del patrimonio culturale americano.


14. UN’OPERA D’ARTE POP E ANTI-ARTE

Waters ha sempre affermato di essere stato ispirato tanto dal cinema underground quanto dall’arte pop. Pink Flamingos si pone come un’opera che combina elementi di arte alta e bassa, sfidando le distinzioni tradizionali tra i due ambiti. L’intero film è un collage grottesco che cita, parodizza e sovverte la cultura americana degli anni ’50 e ’60.

Gli oggetti di scena, i costumi e persino l’ambientazione (come la roulotte di Divine) fungono da ready-made duchampiani, decontestualizzati e trasformati in strumenti di critica sociale. Il kitsch, che nel contesto borghese era considerato di cattivo gusto, diventa nell’universo di Waters un’estetica ribelle. È come se Andy Warhol avesse incontrato i dadaisti in una discarica e avesse deciso di fare cinema.

Anche l’ossessione di Edie per le uova può essere letta come un riferimento surrealista (le uova erano un simbolo ricorrente nei lavori di Salvador Dalí), ma al tempo stesso rappresenta un’assurda caricatura delle nevrosi domestiche.


15. IL CONTESTO STORICO: UN FILM CONTRO IL CONSERVATORISMO

Il film uscì nel 1972, un periodo di enormi tensioni sociali negli Stati Uniti. La guerra del Vietnam, il movimento per i diritti civili, e l’emergere del femminismo e dei movimenti LGBTQ+ crearono un clima di ribellione e resistenza.

Waters usò Pink Flamingos per rispondere al clima di repressione che ancora persisteva, soprattutto nei confronti delle minoranze sessuali. Sebbene Stonewall avesse già scosso il mondo nel 1969, la comunità queer era ancora vittima di stigmatizzazione e marginalizzazione. Il film non è solo una celebrazione dell’essere outsider, ma un attacco diretto all’ipocrisia morale della società eteronormativa.

Con personaggi come Divine, Connie e Raymond Marble, Waters crea una caricatura grottesca della lotta tra il conformismo borghese e l’anti-sistema. I Marble, con la loro ossessione per il controllo e il denaro, rappresentano il “nemico”: la società puritana che tenta di schiacciare tutto ciò che è diverso. Al contrario, Divine e la sua famiglia abbracciano l’eccesso, la libertà e il caos come forma di resistenza.


16. UN FILM QUEER ANCOR PRIMA CHE QUEER FOSSE UNA PAROLA DI LOTTA

Sebbene il termine "queer" come rivendicazione politica fosse ancora agli albori, Pink Flamingos ne incarna pienamente lo spirito. Divine, con il suo corpo imponente, le sue parrucche eccessive e il suo trucco drammatico, sfida ogni concetto tradizionale di femminilità e mascolinità. Non è una drag queen nel senso classico, ma una figura liminale, che distrugge le norme di genere anziché imitarle.

Il film abbraccia anche apertamente una rappresentazione fluida della sessualità. Non ci sono regole nell’universo di Waters: le relazioni e gli atti sessuali, per quanto grotteschi o estremi, sono rappresentati come naturali, persino inevitabili. Questo approccio, volutamente provocatorio, si oppone alle rappresentazioni normative del cinema mainstream dell’epoca, dove l’omosessualità era ancora spesso associata al peccato o alla tragedia.


17. LA COLONNA SONORA: UN MANIFESTO CULTURALE

La colonna sonora di Pink Flamingos è un elemento chiave della sua estetica. Waters, noto per il suo amore per la musica pop retrò, scelse brani che riflettevano il tono ironico e dissacrante del film. Canzoni come The Girl Can’t Help It di Little Richard o Surfin’ Bird dei The Trashmen aggiungono un livello di contraddizione: melodie orecchiabili e nostalgiche accompagnano immagini spesso disturbanti, creando un effetto straniante.

Questa contrapposizione musicale è parte integrante del messaggio del film: Waters usa icone della cultura pop per sabotare il loro significato originale, trasformandole in simboli di resistenza.


18. INFLUENZE SUL CINEMA E SULLA CULTURA POP

L’impatto di Pink Flamingos sul cinema indipendente è incalcolabile. Registi come Pedro Almodóvar, Todd Solondz e Harmony Korine hanno citato Waters come un’influenza primaria, adottando il suo approccio dissacrante per esplorare temi tabù. Anche la cultura pop, dalla moda alle arti visive, ha preso ispirazione dall’estetica kitsch e provocatoria di Waters.

Divine, in particolare, è diventata un’icona internazionale, influenzando artisti come Leigh Bowery e persino Lady Gaga. La sua immagine ha sfondato le barriere del cinema per entrare nella cultura mainstream, diventando un simbolo di empowerment e ribellione.


19. UN’ANALISI FILOSOFICA: IL DISGUSTO COME FORMA D’ARTE

Molti critici hanno analizzato il modo in cui Waters utilizza il disgusto come strumento artistico. Pink Flamingos ci costringe a confrontarci con i nostri pregiudizi culturali e morali, spingendoci a riflettere su ciò che consideriamo "accettabile". Attraverso l’uso di immagini volutamente sconvolgenti, Waters sfida il pubblico a superare la superficie e a trovare significati più profondi.

La scena finale del film, con Divine che mangia l’escremento di un cane, è forse l’esempio più estremo di questa filosofia. Non è solo un atto scioccante, ma una dichiarazione d’intenti: un rifiuto totale delle norme culturali e una celebrazione della libertà assoluta.


20. PINK FLAMINGOS OGGI: UN MONUMENTO ALLA LIBERTÀ

A distanza di oltre cinquant’anni, Pink Flamingos rimane un’opera unica. In un’epoca in cui il cinema indipendente è sempre più assorbito dall’industria mainstream, il film di Waters si erge come un faro per chi cerca una voce autentica e ribelle.

Il suo messaggio è ancora rilevante: celebrare l’individualità, abbracciare il caos e resistere a ogni forma di conformismo. È un’opera che, nonostante le controversie, continua a ispirare artisti, attivisti e outsider di ogni tipo, dimostrando che il potere del cinema risiede non solo nel raccontare storie, ma nel trasformare le vite di chi le guarda.