Klaus Nomi è stato un cantante, controtenore e performer tedesco, uno dei personaggi più eccentrici e indimenticabili della scena musicale e artistica degli anni '80. Nato a Berlino nel 1944 come Klaus Sperber, ha conquistato il pubblico grazie alla sua voce straordinaria e alle sue esibizioni surreali, unendo la musica classica e l’opera con il pop e la new wave.
Trasferitosi a New York negli anni '70, è entrato nella scena artistica underground, dove si esibiva con un trucco teatrale esagerato, abiti dallo stile futuristico e un aspetto da alieno che sembrava fuoriuscito direttamente da un film di fantascienza. La sua immagine era infatti ispirata alla pop art e all’estetica del cinema di fantascienza, con costumi a triangolo e makeup che lo rendevano un'icona visiva e musicale.
Una delle sue collaborazioni più celebri è stata con David Bowie, che lo ha voluto come corista in un'apparizione televisiva memorabile su Saturday Night Live nel 1979. Questo è stato un trampolino di lancio per la sua carriera, che ha raggiunto un apice con canzoni come "The Cold Song" e "Total Eclipse," brani che mettevano in risalto la sua voce drammatica e il suo stile unico.
Purtroppo, Klaus Nomi è stato anche uno dei primi personaggi pubblici a essere colpito dalla crisi dell’AIDS negli anni '80 e si è spento nel 1983 a soli 39 anni. La sua eredità rimane influente nella musica e nella cultura queer, dove è celebrato come un pioniere che ha saputo fondere arte, moda e musica in una forma espressiva inedita e ancora oggi molto potente.
Klaus Nomi è molto più che una semplice icona della new wave: è un enigma vivente che ha fatto del proprio corpo e della propria voce uno spettacolo impossibile da classificare. La sua formazione musicale era classica, e si era innamorato delle arie d'opera fin da giovane, ascoltando Maria Callas su vecchi vinili. Da qui nasce la sua firma stilistica: un’interpretazione operistica che mescola il romanticismo lirico con il minimalismo sintetico e l’energia punk della New York degli anni ‘70.
Il suo repertorio musicale spaziava da Purcell e Saint-Saëns a pezzi originali in cui cantava con la voce eterea di un angelo inquieto. La sua "Cold Song", tratta dall'opera King Arthur di Purcell, è una delle interpretazioni più strazianti mai realizzate, con un senso di gelo e fragilità che rispecchiava l'angoscia esistenziale di Nomi stesso.
Nomi era inoltre noto per la sua estetica avant-garde, frutto di un’attenzione maniacale ai dettagli visivi: indossava costumi geometrici in bianco e nero, con spalle spigolose che sembravano prese da un universo parallelo. Il trucco pesante, quasi da mimo, e i capelli cotonati accentuavano il suo aspetto alieno, creando un’estetica che influenzò innumerevoli artisti nel mondo del pop e del glam rock.
Nonostante il suo successo iniziale, la vita di Klaus Nomi fu costellata di solitudine e vulnerabilità. La scena newyorkese underground degli anni '80 lo accoglieva con entusiasmo, ma era un outsider anche lì, spesso incompreso e troppo innovativo perfino per un ambiente che celebrava l'anti-conformismo. La sua morte prematura, avvenuta nel 1983, fu uno shock per il mondo della musica e dell'arte, poiché fu tra i primi artisti noti a morire di AIDS, una malattia ancora stigmatizzata e poco conosciuta.
Il mito di Klaus Nomi continua a vivere in molti artisti e performer che cercano di trasgredire le convenzioni e di spingere la performance artistica in territori inesplorati. Nomi è stato un precursore dell'inclusività, della fusione dei generi e della liberazione queer: non un cantante né un performer convenzionale, ma una vera e propria opera d'arte vivente, un ponte tra il classico e il contemporaneo, il terrestre e l’alieno.
La musica di Klaus Nomi è un viaggio sonoro unico che fonde opera, pop, synth e teatralità in modo rivoluzionario. La sua voce, un controtenore rarissimo, gli permetteva di passare senza sforzo tra registri alti e bassi, conferendo ai suoi brani un’atmosfera da sogno – o, a tratti, da incubo.
Il suo album di debutto, Klaus Nomi (1981), è una miscela di arie classiche e brani pop elettronici. Tra le canzoni più iconiche, c’è la già menzionata "The Cold Song" di Henry Purcell, dove il suo canto evoca immagini di paesaggi ghiacciati e cuori spezzati. La melodia è fredda e tagliente, e la voce di Nomi si staglia in un’interpretazione drammatica, come se provenisse da un’altra dimensione.
Un’altra delle sue hit è "Total Eclipse," una canzone apocalittica che suona quasi come un inno alieno. Qui, la sua voce si muove su bassi martellanti e sintetizzatori distorti, creando un'atmosfera di angoscia cosmica. È uno dei momenti in cui Nomi riesce a mescolare l’energia punk con la solennità dell'opera in modo magistrale, in pieno spirito new wave.
Brani come "Lightning Strikes" e "Nomi Song" dimostrano invece la sua capacità di giocare col pop in modo ironico e irriverente. In "Lightning Strikes," per esempio, prende un successo pop degli anni ‘60 e lo trasforma in una performance melodrammatica, quasi parodica, ma con un’aura affascinante e decadente.
Il secondo album, Simple Man (1982), esplora sonorità più pop e accessibili, pur mantenendo quell’essenza stravagante che caratterizzava Nomi. La title track è un perfetto esempio di come riesca a creare atmosfere delicate e malinconiche pur utilizzando arrangiamenti elettronici. L’album contiene anche "Ding-Dong," un pezzo divertente e giocoso ispirato a Il Mago di Oz, dove mostra la sua vena surreale e il gusto per l’assurdo.
Klaus Nomi ha anticipato molte tendenze musicali: il crossover tra generi, l’uso dei sintetizzatori, l’estetica gotica e il gusto per l’eccentricità che influenzano tuttora artisti queer e non. La sua musica rimane un faro per chi cerca qualcosa di diverso, qualcosa che trascenda i limiti dell’umano e dell’alieno, del classico e del contemporaneo.
Za Bakdaz: The Unfinished Opera è un progetto musicale visionario di Klaus Nomi, iniziato nei primi anni '80 ma lasciato incompiuto a causa della sua prematura scomparsa. Questo album è un viaggio strano e incantato in un universo musicale che unisce opera, new wave, elettronica e teatralità, in una storia surreale che ruota attorno a un personaggio alieno, Za Bakdaz, il protagonista della "space opera" che Nomi stava immaginando.
L'album, pubblicato postumo nel 2008, rappresenta la parte più ambiziosa del lavoro di Nomi, il suo sogno di portare l'opera a nuovi livelli attraverso una fusione totale con le tecnologie musicali più avanzate dell’epoca. Composto con il collaboratore George Elliott, Za Bakdaz è un'opera stravagante, piena di mistero e bizzarrie, che esplora temi come l’alterità, l’isolamento e la ricerca di un’identità in un mondo alieno.
Le tracce dell'album, che includono canzoni mai pubblicate e frammenti di registrazioni, sono un mix di elementi vocali teatrali, synth pulsanti e atmosfere oniriche. Le canzoni evocano immagini di pianeti lontani, creature strane e scenari che sembrano appartenere a un sogno gotico-futurista. Anche se incompiuto, Za Bakdaz offre uno sguardo affascinante sull’immaginario di Nomi e sul suo desiderio di creare una performance che trascendesse i confini musicali e visivi.
Quest'opera postuma è diventata una sorta di reliquia per i fan e per chi è interessato a esplorare il lato più profondo e sperimentale di Klaus Nomi. Anche se non rispecchia del tutto la visione finale che l'artista aveva in mente, Za Bakdaz resta un tributo alla sua creatività audace e alla sua missione di spingere la musica oltre i limiti del conosciuto, lasciando una traccia indimenticabile nella storia dell'arte queer e della musica sperimentale.
Klaus Nomi è una delle figure più indelebili e innovative della scena musicale e culturale degli anni ’80: una cometa che ha attraversato il panorama artistico lasciando una scia luminosa e ineguagliabile. La sua musica, il suo stile e la sua presenza scenica continuano a ispirare e ad affascinare, soprattutto perché sono il frutto di un’anima libera e visionaria, che ha scelto di rompere ogni schema e di costruire un mondo sonoro e visivo tutto suo.
In Nomi convivono tutti gli opposti: alieno e umano, classico e contemporaneo, fragile e potente. Za Bakdaz è una degna testimonianza di questo, un’opera incompiuta che ci lascia immaginare il mondo che avrebbe potuto creare se la sua vita non fosse stata così breve. Ma, in fondo, è forse proprio quell’incompiutezza, quella scintilla non del tutto domata, che rende Klaus Nomi una leggenda.
La sua eredità è uno stimolo per chiunque voglia infrangere le convenzioni, per chi cerca nella musica e nell’arte un luogo dove abitano la libertà e l’eccentricità, dove è possibile essere alieni e, allo stesso tempo, profondamente umani.