I mostri sono la carne viva dell’umanità, l’impulso irrefrenabile che si nasconde nel sangue, nelle ossa, nei pensieri. Essi non dormono mai del tutto. Rimangono lì, annidati in un’ombra che non ha confini, pulsando appena sotto la superficie della coscienza. Non chiedono nulla, perché non ne hanno bisogno; sono i padroni silenziosi, gli artefici invisibili delle nostre vite. Ogni respiro che prendiamo, ogni passo che compiamo, è un omaggio al loro dominio. Essi sono il movimento nell’oscurità, il soffio umido che sfiora la nuca quando crediamo di essere soli. Non esiste solitudine, perché i mostri ci abitano, ci accompagnano ovunque.
Non si può scappare da ciò che si è. La nostra ignoranza di loro è solo un’illusione, un meccanismo che ci protegge dal peso insopportabile della consapevolezza. Viviamo senza sapere, ma essi sanno tutto. Sono il nostro passato, il nostro futuro, e soprattutto il nostro presente. Sono l’eredità di un’origine che abbiamo sepolto, ma non cancellato; sono l’eco di una foresta antica, di un tempo in cui l’uomo era bestia e il mondo era un teatro di fame e caccia, di violenza e sopravvivenza. Ogni progresso che crediamo di aver fatto non è che una maschera sottile, un velo posato su una ferita che non può rimarginarsi.
I mostri sono il gene egoista, il padrone occulto di ogni vita. Non c’è spazio per la pietà, né per la compassione. Essi conquistano con una precisione chirurgica, insinuandosi nelle viscere della mente, piegando ogni volontà al loro disegno oscuro. Non hanno bisogno di alzare la voce, perché ogni impulso umano è già loro. La violenza che crediamo di scegliere è in realtà una necessità che loro dettano. La civiltà, quel fragile castello di carte che abbiamo costruito, è solo una tregua apparente, un equilibrio che i mostri tollerano finché serve ai loro scopi.
Persino le nostre idee più nobili – giustizia, uguaglianza, amore – sono corrotte dalla loro presenza. La giustizia non è che una parodia, un gioco di specchi in cui il forte si traveste da buono per mantenere il controllo. L’uguaglianza è una chimera, una promessa che si infrange al primo sussurro dei mostri. L’amore, che chiamiamo sublime, non è altro che il loro linguaggio segreto, un desiderio che divora, un languore che consuma. È la trappola più dolce, il veleno più raffinato che offrono. Nel loro dominio, l’amore si confonde col possesso, la passione con la schiavitù.
Il potere è la loro voce più chiara. Essi lo ispirano, lo esigono, lo alimentano in ogni sua forma. Chi lo possiede è divorato dalla loro fame; chi lo odia è solo un altro loro strumento, un corpo in cui hanno seminato l’invidia, una mente che soffoca nel desiderio di ciò che non può avere. Anche la ribellione contro il potere è orchestrata dai mostri, che traggono forza da ogni conflitto, da ogni scissione. Essi non vogliono ordine né caos, ma un ciclo eterno in cui entrambi si alternano, distruggendo e ricreando all’infinito.
La religione stessa, che dovrebbe essere il rifugio contro il male, è il loro capolavoro. Ci spingono a credere in un dio giusto, in un’autorità superiore che possa darci pace. Ma quel dio non è che il riflesso delle nostre paure, un’ombra proiettata dai mostri che ci abitano. Essi sussurrano il suo nome, ci fanno sognare la redenzione mentre ci guidano verso l’abisso. Non c’è consolazione, perché anche la fede è contaminata dal loro veleno. Le croci, le preghiere, i miti di redenzione sono strumenti nelle loro mani, usati per piegarci meglio.
I mostri ci trascinano oltre il limite, verso un piacere che si mescola al dolore, un desiderio che si annoda alla distruzione. Alimentano il nostro gusto per il macabro, il piacere oscuro che proviamo davanti alla morte, alle rovine, al sangue. Ogni immagine di sofferenza che ci attira è il loro canto, un richiamo a cui non possiamo resistere. La morte non è un fine, ma un mezzo per perpetuare il loro dominio.
Quando i mostri si moltiplicano, non c’è scampo. Si diffondono come un contagio, attraversano i confini, si insinuano in ogni terra. Non conoscono differenze, non rispettano divisioni. Essi crescono, si nutrono delle nostre paure e delle nostre illusioni. Ci portano inevitabilmente verso la guerra, non come scelta, ma come destino scritto nella carne e nella mente. La devastazione è il loro trionfo, il segno tangibile del loro potere. Non esiste una via d’uscita, perché i mostri non sono altro che noi stessi, e da noi stessi non possiamo fuggire.