mercoledì 29 gennaio 2025

"L’assenzio" di Edgar Degas


"L’assenzio" di Edgar Degas, realizzato nel 1876, rappresenta una delle opere più significative e complesse della sua produzione. Sebbene Degas sia conosciuto principalmente per i suoi dipinti di ballerine, ritratti e scene quotidiane, "L’assenzio" si distingue per la sua attenzione alla psicologia del soggetto e alla riflessione sulla solitudine, l’alienazione e la decadenza. Questo dipinto non è solo un’istantanea di un momento, ma un’indagine profonda sui temi universali dell’individuo che si perde in una realtà alienante e solitaria. L’opera si inserisce perfettamente nell’ambito dell’impressionismo, ma allo stesso tempo si distacca da alcuni tratti distintivi di questo movimento, offrendo una visione più introspettiva e inquietante della vita urbana. Degas, infatti, si concentra non sulla percezione fugace della luce e della natura, ma sull’emozione e sulla condizione sociale dei suoi soggetti, proponendo una riflessione più complessa e, in alcuni casi, più pessimistica.

Per comprendere a fondo "L’assenzio", è necessario inquadrarlo nel contesto storico e sociale della Parigi del XIX secolo, un periodo di profondi cambiamenti. Negli anni successivi alla Rivoluzione Industriale, Parigi divenne il cuore pulsante della modernità, un laboratorio di sperimentazione sociale, economica e culturale. Il secolo era caratterizzato dalla rapida crescita della classe borghese, la quale, sebbene simbolo di progresso e dinamismo, viveva un’esistenza segnata da frustrazioni e solitudini. La Parigi che Degas ritrae non è quella delle grandi piazze animate, dei viali luminosi e delle feste mondane, ma una città dove le luci della modernità si riflettono sulle ombre di chi vi abita, in particolare di coloro che, pur vivendo nel cuore della capitale, sono destinati a rimanere invisibili e distanti.

In questo scenario di fermento sociale e di divisioni economiche, i caffè di Parigi si trasformano in luoghi di incontro e di rifugio, ma anche di solitudine e di isolamento. Questi spazi pubblici, che accoglievano sia la classe borghese che gli strati sociali più poveri, diventano anche luoghi di espressione di malesseri psicologici e sociali. L’assenzio, in particolare, è una bevanda simbolica di questa epoca, associata alla decadenza, al disincanto e alla fuga dalla realtà. Non è solo una bevanda alcolica, ma rappresenta un atto di resistenza all'inquietudine della vita quotidiana, un rimedio per anestetizzare il dolore interiore, ma anche un mezzo di auto-distruzione. La diffusione dell’assenzio tra la classe operaia e le persone emarginate, come prostitute e alcolisti, rende il dipinto di Degas un commento alle condizioni di vita di queste categorie sociali, relegate in una sorta di limbo esistenziale.

L'assenzio era infatti molto più di una semplice moda; nel periodo in cui Degas dipingeva, stava diventando una vera e propria epidemia sociale. La sua diffusione segnava la separazione tra chi poteva permettersi una vita borghese apparentemente più stabile e chi, invece, era vittima di un’esistenza in bilico, dominata dalla solitudine, dal lavoro e dalla disperazione. L’assenzio, dunque, nel dipinto di Degas, non è solo una bevanda, ma un simbolo potente della modernità urbana che aliena l’individuo, costringendolo a rifugiarsi nell'auto-compassione e nell'indifferenza verso gli altri.

Dal punto di vista tecnico, "L’assenzio" è un esempio magistrale dell'abilità di Degas nell'uso delle tecniche miste. Utilizzando il pastello su carta e l'olio su tela, Degas crea un effetto visivo morbido e sfumato, che contribuisce a rendere ancora più palpabile l’atmosfera opprimente e inquietante dell'opera. La luminosità gelida che irradia dall’alto non è mai confortante, ma piuttosto sembra sottolineare la freddezza e la distanza tra i soggetti e l'ambiente che li circonda. La luce artificiale che illumina la scena, così diversa dalla luce naturale, accentua il senso di un mondo alienante e artificioso, come se la stessa città fosse avvolta da un velo di distacco e tristezza.

L’inquadratura scelta da Degas è decisamente originale e lontana dalle tradizionali composizioni simmetriche o centrali a cui ci si aspettava da un pittore accademico. L’artista non si limita a una rappresentazione convenzionale del soggetto, ma adotta un punto di vista angolato e disorientante, come se stesse osservando la scena da una posizione laterale o dall’alto. Questo tipo di inquadratura aumenta il senso di disconnessione, sia tra i soggetti rappresentati sia tra l’osservatore e i protagonisti. Degas non si limita a documentare la scena, ma invita lo spettatore a partecipare emotivamente, ad immergersi in un ambiente dove il contatto umano è minimo e le emozioni sono distorte. I volti della donna e dell’uomo non sono idealizzati, ma rappresentano la realtà cruda della vita quotidiana, senza alcun tentativo di mascherare la sofferenza o l'inquietudine.

Inoltre, la composizione del dipinto si distingue per la sua astrazione, lontana dalla tradizione della pittura realista. Degas sfida le aspettative del pubblico, scegliendo di rappresentare una scena di apparente banale quotidianità che, tuttavia, nasconde una tensione emotiva palpabile. La posizione della donna, inginocchiata sulla sedia e immersa nel suo bicchiere d’assenzio, è simbolica: la sua postura chiusa e difensiva, l’assenza di contatto con l’uomo che le siede accanto, la rende parte di un universo di solitudine interiore. La distanza fisica e psicologica tra i due è accentuata dalla scelta della luce e dalla disposizione spaziale.

L'uso dell'assenzio come simbolo di alienazione è solo una delle molteplici interpretazioni possibili di questo dipinto. La solitudine dei soggetti non è solo sociale, ma anche esistenziale. La donna nel dipinto non è solo una figura di emarginazione, ma rappresenta una metafora di una condizione psicologica che tanti altri individui della Parigi moderna avrebbero potuto vivere: una sensazione di stallo, di vuoto, di distacco emotivo dal mondo che li circonda. L’assenzio non è soltanto una sostanza fisica che altera la percezione, ma diventa un simbolo della disconnessione totale tra l’individuo e la realtà, come un filtro che fa vedere tutto attraverso una lente distorta, ma che non fornisce alcuna risposta o sollievo.

Anche l’uomo seduto accanto alla donna sembra essere una figura di passaggio, disinteressato, persino incapace di interagire con lei. Nonostante si trovi nello stesso spazio, la sua indifferenza accentua la solitudine della donna e suggerisce che, sebbene entrambi siano immersi nella stessa città e probabilmente nello stesso stato sociale, le loro vite non si incrociano mai veramente. Non c'è alcuna comunicazione tra i due, né uno sguardo di complicità o di riconoscimento. Questo disinteresse reciproco simboleggia non solo la frattura tra gli individui, ma anche la separazione tra le diverse classi sociali, che pur vivendo nella stessa città non riescono a trovare un terreno comune, una comunicazione o un’interazione reale.

Il dipinto diventa così una potente riflessione sulla crisi delle relazioni umane nella modernità, un’epoca che, pur promettendo progresso e innovazione, lasciava indietro interi segmenti della popolazione, imprigionati in una condizione di isolamento che li rendeva invisibili agli occhi della società. La figura femminile, con la sua postura introversa e il suo sguardo distante, appare come una vittima di questa disconnessione, una donna che cerca conforto nell’assenzio, ma che, nel farlo, diventa sempre più distante dalla vita stessa.

L’opera di Degas non è solo una rappresentazione della solitudine dell’individuo, ma una critica alla società della sua epoca. La Parigi che emerge dal dipinto è quella di una metropoli vivace e caotica, ma al tempo stesso disumanizzante, dove il progresso e la frenesia della vita quotidiana sembrano lasciare poco spazio alla vera connessione emotiva tra le persone. In questo contesto, l’assenzio diventa un simbolo della fuga dalla realtà, della difficoltà di affrontare le sfide della vita in un ambiente che, pur essendo affollato e pieno di stimoli, è anche capace di produrre una profonda solitudine interiore.

Degas, attraverso "L’assenzio", non si limita a descrivere un fenomeno sociale, ma offre una riflessione sulla modernità stessa, sulle sue contraddizioni e sulle sue disillusioni. La solitudine dei suoi soggetti non è solo il riflesso di un malessere individuale, ma di una condizione collettiva che segna un’epoca. La donna e l’uomo nel dipinto, pur trovandosi insieme, sono separati non solo dalla loro condizione psicologica, ma anche dalle barriere sociali e culturali che li dividono. La città di Parigi, pur essendo simbolo di modernità, diventa così il palcoscenico di una tragedia silenziosa, fatta di cuori solitari, di destini interrotti e di speranze disilluse.

"L’assenzio" di Degas è un’opera che sfida la tradizione, sia per i temi trattati che per la sua composizione innovativa. Attraverso l’uso sapiente della luce, del colore e della prospettiva, Degas ci offre uno spunto di riflessione sul significato della solitudine, dell’alienazione e delle difficoltà della vita moderna. L’assenzio, simbolo di fuga e di disperazione, diventa il filtro attraverso cui i protagonisti vedono il mondo, ma anche il mezzo attraverso il quale essi si perdono nella propria condizione di solitudine. Il dipinto non è solo una critica alla società parigina dell’epoca, ma una riflessione universale sui temi della separazione, della disconnessione e del senso di smarrimento che caratterizzano la vita umana.