mercoledì 29 gennaio 2025

Rossella Valdrè, "Sulla sublimazione: Un percorso del destino del desiderio nella teoria e nella cura"


Rossella Valdrè, con il suo libro "Sulla sublimazione: Un percorso del destino del desiderio nella teoria e nella cura", pubblicato da FrancoAngeli nel 2015, compie un’operazione coraggiosa e raffinata: riportare al centro del discorso psicoanalitico il concetto di sublimazione, esplorandone non solo la dimensione teorica, ma anche le implicazioni cliniche e culturali. Il testo, che si muove con eleganza tra i grandi temi della psicoanalisi freudiana e post-freudiana, rappresenta una riflessione profonda su come la sublimazione possa costituire non solo una difesa dell’Io, ma anche una via privilegiata per la crescita, l’evoluzione psichica e la creazione artistica e intellettuale.

Valdrè parte da una constatazione che potrebbe apparire sorprendente: sebbene la sublimazione sia stata a lungo uno dei pilastri della teoria freudiana, negli ultimi decenni sembra aver perso centralità nel discorso psicoanalitico. Il panorama clinico e teorico attuale, sottolinea l’autrice, appare sempre più concentrato su temi come il trauma, la pulsione di morte, le patologie borderline e narcisistiche, lasciando in secondo piano quella dimensione più costruttiva e trasformativa che la sublimazione incarna. Ma perché questo allontanamento? E soprattutto, quali sono le conseguenze di questa rimozione – se così si può definire – di un concetto così cruciale?

Per rispondere a queste domande, Valdrè propone un viaggio alle radici del concetto di sublimazione, ripercorrendo i testi fondamentali di Freud e mostrando come la sublimazione sia sempre stata avvolta in un’aura di ambivalenza. Da un lato, Freud vedeva nella sublimazione uno degli esiti più maturi e desiderabili per l’energia pulsionale. Attraverso la sublimazione, la sessualità e l’aggressività, che rappresentano le forze motrici della psiche, possono essere canalizzate verso attività socialmente elevate e culturalmente produttive, come l’arte, la scienza, la filosofia o l’impegno politico. Dall’altro, Freud non mancava di sottolineare come la sublimazione comporti sempre una perdita, una rinuncia al soddisfacimento diretto delle pulsioni. In questo senso, la sublimazione appare come una vittoria dell’Io sulla pulsione, ma anche come una forma di sacrificio.

Valdrè mette in evidenza questo doppio registro, mostrando come la sublimazione sia al tempo stesso un processo creativo e una difesa dall’angoscia. La sublimazione permette all’individuo di sopportare la frustrazione e l’assenza, trasformando il dolore in bellezza, il vuoto in conoscenza. Tuttavia, proprio questa capacità di trasformazione implica un lavoro psichico intenso e spesso conflittuale, che non sempre l’individuo è disposto o capace di compiere.

Una delle tesi centrali del libro riguarda la crisi della sublimazione nella società contemporanea. Viviamo in un’epoca caratterizzata da un’eccessiva valorizzazione del godimento immediato e dalla mercificazione del desiderio. Il capitalismo avanzato, osserva Valdrè, promuove una cultura in cui la soddisfazione pulsionale viene continuamente stimolata e accelerata, lasciando poco spazio alla rinuncia e alla trasformazione. In altre parole, il messaggio dominante sembra essere: perché sublimare quando si può ottenere tutto e subito?

Questa dinamica, tuttavia, ha conseguenze profonde non solo a livello individuale, ma anche collettivo. La capacità di sublimare non riguarda solo la sfera personale, ma costituisce una delle forze fondamentali che permettono lo sviluppo della civiltà. Freud stesso, in Il disagio della civiltà, aveva sottolineato come la cultura sia il risultato di un lavoro incessante di sublimazione delle pulsioni. Se questa capacità viene meno, la società rischia di regredire verso forme più primitive di soddisfazione, in cui la violenza e l’acting out prendono il posto della creatività e della riflessione.

Uno degli aspetti più affascinanti del libro è l’analisi del rapporto tra sublimazione e desiderio. Valdrè esplora la tensione tra il bisogno di soddisfare le pulsioni e la necessità di trasformarle in qualcosa di più alto e duraturo. Questo conflitto, sottolinea l’autrice, è presente non solo nell’arte e nella scienza, ma anche nella clinica psicoanalitica. Il lavoro analitico stesso può essere visto come una forma di sublimazione, in cui l’analista aiuta il paziente a trasformare il dolore psichico in narrazione, simbolizzazione e significato.

In questa prospettiva, Valdrè riprende le intuizioni di autori come Donald Meltzer, Hanna Segal e Julia Kristeva, mostrando come l’arte e la creatività rappresentino spesso l’unica via possibile per elaborare traumi profondi. L’opera d’arte, il romanzo, la musica non sono semplici espressioni estetiche, ma autentici strumenti di sopravvivenza psichica, attraverso i quali l’individuo riesce a dare forma all’angoscia e al dolore.

Un esempio emblematico è quello di Frida Kahlo, artista che ha saputo sublimare le sue esperienze traumatiche – il dolore fisico, le ferite del corpo e dell’anima – in opere d’arte di straordinaria intensità emotiva. Valdrè analizza il caso di Kahlo come esempio paradigmatico di come la sublimazione possa trasformare il trauma in creazione, facendo emergere una bellezza che nasce proprio dalla sofferenza.

Un altro tema cruciale affrontato da Valdrè è il legame tra sublimazione e desiderio di conoscenza. La psicoanalisi, osserva l’autrice, ha sempre sottolineato come il sapere nasca da un impulso profondamente erotico. Il bambino, nel suo rapporto con la madre, sviluppa una curiosità epistemofilica che rappresenta una delle prime forme di sublimazione. Questo desiderio di conoscere, di esplorare, di "vedere dentro" all’oggetto d’amore, costituisce la base per lo sviluppo della ricerca scientifica, della filosofia e dell’arte.

Tuttavia, come sottolineava Meltzer, il desiderio di sapere è sempre accompagnato dall’angoscia di distruggere l’oggetto conosciuto. L’individuo teme che, penetrando troppo a fondo nel mistero dell’altro, possa violarlo o danneggiarlo. Questo conflitto, che Valdrè chiama "conflitto estetico", è alla base di molte delle tensioni che caratterizzano il processo creativo e intellettuale.

In un’epoca che sembra aver dimenticato il valore della sublimazione, il libro di Rossella Valdrè rappresenta un invito a riscoprire la bellezza e la necessità di questo processo psichico. Sublimare, ci ricorda l’autrice, non è un lusso o una fuga dalla realtà, ma una condizione essenziale per la sopravvivenza psichica e culturale.