François Villon rappresenta uno di quei rari casi in cui l’opera e la vita dell’autore si fondono così strettamente da risultare inseparabili. La sua esistenza travagliata e i suoi versi danno voce a una Parigi dimenticata, popolata da sbandati, prostitute, ladri e condannati. È il poeta degli ultimi, ma anche il cantore della morte, della caducità e della bellezza sfuggente. Se Rimbaud e Baudelaire incarnano la figura del poeta maledetto dell’Ottocento, Villon è il loro progenitore medievale, il primo a trasformare una vita di miseria, violenza e disillusione in arte immortale.
Il fascino esercitato da Villon non risiede solo nelle sue poesie, ma nell’immagine che ha lasciato di sé: quella di un uomo che ha danzato con la morte e il peccato, deridendo le convenzioni sociali con un’ironia tanto tagliente quanto disperata. Villon non si limita a raccontare la vita, ma la vive in modo talmente estremo da trasformarla in un’opera d’arte. È un poeta che, pur vivendo nell’oscurità delle taverne e delle prigioni, riesce a scrivere versi capaci di sfidare i secoli.
Le informazioni sull’infanzia di François Villon sono poche e frammentarie. Nasce intorno al 1431 (anno simbolico che segna anche la morte di Giovanna d'Arco) in una Parigi devastata dalla Guerra dei Cent’anni. La Francia è un paese in ginocchio: la peste nera ha decimato la popolazione e la povertà dilaga. Parigi, capitale malconcia, non è la città monumentale che conosciamo oggi. È un luogo buio, sporco, sovrappopolato e pericoloso, dove la legge è spesso arbitraria e la giustizia si mescola alla corruzione.
Villon cresce in questo contesto, orfano di padre fin da bambino. La sua fortuna è quella di essere adottato da Guillaume de Villon, un ecclesiastico rispettabile che lo accoglie e gli consente di accedere agli studi. Grazie a questa figura paterna, François si iscrive all’Università di Parigi e nel 1452 ottiene il titolo di maître ès arts, il che lo qualifica come insegnante o chierico.
Ma l’animo di Villon è inquieto. Ben presto le aule accademiche iniziano a stargli strette e l’attrazione per il mondo di strada, con le sue taverne e i suoi bassifondi, diventa irresistibile. Villon si allontana progressivamente dal percorso ecclesiastico che Guillaume aveva immaginato per lui e si immerge in quella Parigi fatta di bettole, gioco d’azzardo e risse.
Per comprendere la poesia di Villon è fondamentale immergersi nella Parigi del XV secolo, una città dove convivono la magnificenza della cattedrale di Notre-Dame e la desolazione dei quartieri popolari, pieni di mendicanti e disperati. La città è divisa tra un’élite di nobili e prelati e una massa di emarginati che sopravvive come può. È in questo secondo mondo che Villon trova la sua dimensione.
La taverna diventa il suo rifugio, la strada la sua musa. Villon non canta l’amore cortese né le gesta dei cavalieri; il suo interesse si rivolge ai ladri, ai mercanti corrotti, ai mendicanti e alle prostitute. I suoi versi dipingono un affresco vivido e brutale della società medievale, con uno stile che oscilla tra il comico e il tragico, il grottesco e il sublime.
Il 1455 segna il punto di non ritorno nella vita di François Villon. La notte del 5 giugno, in una rissa avvenuta nei pressi della Chiesa di San Benedetto, Villon pugnala a morte Philippe Sermoise, un prete con cui discute per questioni banali. La violenza improvvisa trasforma Villon da poeta in criminale ricercato.
Condannato per omicidio, riesce a ottenere la grazia grazie ai potenti protettori che riescono a intercedere per lui, ma la sua vita non sarà più la stessa. È costretto a lasciare Parigi, iniziando un lungo pellegrinaggio tra le città francesi. Villon diventa così un vagabondo letterato, un poeta errante che porta con sé l’esperienza del crimine e del carcere.
Nel 1456, durante uno dei suoi brevi ritorni clandestini a Parigi, Villon partecipa a un furto presso il Collegio di Navarra, rubando una grossa somma di denaro. Anche questa volta viene scoperto e deve fuggire. Durante questo esilio forzato scrive Le Lais (o Petit Testament), un'opera che rappresenta una sorta di testamento poetico in cui il poeta lascia in eredità le sue “ricchezze” agli amici e ai nemici.
Ma Le Lais non è un testamento tradizionale: è una parodia, un gioco grottesco in cui Villon elenca oggetti improbabili e maledizioni scherzose, alternando sarcasmo e poesia. La sua voce è quella di un uomo che ride della propria miseria, consapevole che il destino riserva per tutti lo stesso epilogo: la morte.
Nel 1461, Villon viene imprigionato a Meung-sur-Loire per ordine del vescovo Thibaut d'Aussigny, che lo condanna per una serie di crimini. Durante la prigionia, scrive quella che sarà la sua opera più celebre: Le Testament.
L’opera è una lunga meditazione in versi sulla vita e sulla morte. Qui, Villon riflette non solo sulla sua condizione personale, ma su quella dell’umanità intera. Il suo tono è più maturo e profondo rispetto a Le Lais. Tra i componimenti spiccano la celebre Ballade des dames du temps jadis, in cui Villon piange la scomparsa delle grandi figure femminili del passato, e la Ballade des pendus, una preghiera universale in cui i condannati a morte invocano la pietà dei vivi.
Dopo il 1463, Villon scompare nel nulla. Non si sa se sia morto in miseria o se abbia trovato rifugio in qualche città lontana. Ma la sua eredità è immortale. Villon è considerato il primo poeta maledetto della storia, un precursore di Rimbaud e Baudelaire, un uomo che ha saputo trasformare l’emarginazione e la sofferenza in poesia eterna.
La sua voce continua a risuonare attraverso i secoli, ricordandoci che anche il più oscuro degli uomini può scrivere con inchiostro indelebile.
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Bibliografia suggerita:
Per approfondire la vita e l'opera di François Villon, ecco una selezione di testi essenziali disponibili in italiano:
"Il testamento e altre poesie"
Traduzione di Antonio Garibaldi, a cura di Aurelio Principato. Questa raccolta offre una selezione significativa delle opere di Villon, accompagnata da un'introduzione che contestualizza il poeta nel suo tempo. Pubblicata da Einaudi nella collana Collezione di poesia nel 2015.
"Le lais ou le petit testament. Il Lascito o il Piccolo testamento"
Traduzione di G.A. Brunelli, con illustrazioni di L. Cacucciolo. Questa edizione bilingue presenta il testo originale a fronte, arricchito da illustrazioni che ne esaltano l'aspetto poetico. Pubblicata da Schena Editrice nel 2010.
"Poesie"
Traduzione e cura di Claudio Rendina. Questa edizione offre una raccolta completa delle poesie di Villon, con note esplicative che aiutano a comprendere il contesto storico e letterario. Pubblicata da Garzanti nella collana I grandi libri nel 2005.
"François Villon. Poeta e mascalzone"
Saggio di Giovanni Macchia. Un'approfondita analisi critica che esplora la complessa personalità di Villon, evidenziando il legame tra la sua vita tumultuosa e la sua produzione poetica. Pubblicato da Adelphi nella collana Saggi nel 1991.
"La ballata degli impiccati e altre poesie"
Traduzione e cura di Fabrizio Corselli. Questa raccolta propone una selezione delle poesie più celebri di Villon, con un'introduzione che ne analizza i temi principali. Pubblicata da Feltrinelli nella collana Universale economica nel 2018.
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Per approfondire la figura e l'opera di François Villon attraverso saggi critici disponibili in italiano, ecco una selezione di testi essenziali:
"François Villon. Poeta dei paradossi"
Scritto da Giuseppe Antonio Brunelli, questo saggio offre un'analisi approfondita delle contraddizioni presenti nella vita e nelle opere di Villon, evidenziando la complessità del suo pensiero poetico.
"François Villon"
Saggio critico di Salvatore Gaetani, pubblicato nel 1921, che esplora la poesia di Villon nel contesto della letteratura medievale, analizzando le influenze e l'originalità del poeta.
"Il testamento e la ballata degli impiccati"
Con un saggio introduttivo di Ezra Pound e traduzione italiana a cura di Rina Sara Virgillito, questo volume offre una prospettiva critica sulle opere principali di Villon, arricchita dall'analisi di uno dei più influenti poeti del XX secolo.
"François Villon"
Pubblicato dalla Peloritana Editrice nel 1975, questo saggio raccoglie commenti e contributi di vari studiosi, tra cui G. A. Brunelli, offrendo diverse prospettive critiche sull'opera di Villon.
"Io, François Villon"
Romanzo di Jean Teulé che, pur essendo una biografia romanzata, fornisce un'interpretazione approfondita della vita e dell'opera del poeta, utile per comprendere il contesto storico e personale in cui ha operato.
Questi testi offrono una panoramica approfondita su François Villon, permettendo di esplorare le sfaccettature della sua poesia e della sua complessa personalità.