domenica 15 giugno 2025

"Dentro Lorenzo Lotto": un viaggio sensibile e visionario nel cuore di Bergamo e della pittura del Cinquecento

Entrare oggi all’Accademia Carrara di Bergamo è come attraversare una soglia invisibile, oltre la quale non ci si limita a osservare un dipinto, ma si è coinvolti in una storia che pulsa, che vibra, che chiama lo spettatore a prendere parte a un atto di amore e memoria. Fino al 31 agosto 2025, Dentro Lorenzo Lotto non è soltanto il titolo di una mostra: è un’intenzione poetica, un gesto curatoriale radicale, una scelta politica e affettiva. È, soprattutto, un invito.

Invito a riscoprire un artista che troppo a lungo è stato percepito come marginale rispetto ai giganti del suo tempo, ma che oggi si impone in tutta la sua complessità: Lorenzo Lotto, il veneziano errante, il pittore degli umili e dei turbati, l’autore che ha saputo dare corpo visibile a un’umanità fragile, spirituale, carica di ombre interiori. Ma è anche un invito a riscoprire Bergamo, la sua storia, la sua architettura, la sua luce. E infine, è un invito a rallentare, a guardare davvero, a lasciarsi interrogare dalla bellezza non come categoria astratta, ma come presenza viva, concreta, vulnerabile.

Al centro del progetto vi è la celebre Pala di San Bernardino, realizzata da Lotto nel 1521 per l’oratorio della confraternita omonima, vero spartiacque della sua permanenza bergamasca. La pala è una composizione mirabile di equilibrio e intensità emotiva, una scena sacra attraversata da un’umanissima tensione narrativa. Ogni personaggio – dalla Vergine assisa nella sua compostezza, al piccolo Gesù che si protende come un figlio inquieto, ai santi che li attorniano – appare colto in un tempo interiore che non è mai solo liturgico, ma profondamente psicologico. È un dipinto che respira, che pensa, che sente.

Il recente restauro – accurato, discreto, illuminante – ha restituito non solo i colori originari, ma anche la struttura profonda della pala, la logica della sua costruzione, il pensiero che vi è sotteso. Il progetto espositivo non cela il processo conservativo: al contrario, lo mette in mostra, lo racconta, lo analizza. Un’intera sezione è dedicata alla stratigrafia dell’intervento, con fotografie, documenti, riflettografie, dettagli ingranditi che mostrano le mani, gli occhi, le trasparenze, come se si potesse entrare fisicamente nella pittura. Non è un’operazione didattica, ma una vera e propria pedagogia della contemplazione. Il pubblico è invitato a osservare lentamente, a interrogare il dipinto come fosse una persona, a coglierne le esitazioni, le pieghe, i silenzi.

E proprio a questi silenzi risponde, come in un contrappunto visivo, il lavoro fotografico di Axel Hütte. Il celebre artista tedesco, tra gli esponenti più noti della scuola di Düsseldorf, propone una serie di scatti che non illustrano, ma rispecchiano, evocano, rilanciano. Le sue immagini – architetture deserte, prospettive lente, luci di vetro – non dialogano direttamente con la pala, ma con il suo spirito. Hütte ha scelto di lavorare non sulla figura, ma sul paesaggio e sull’architettura, come se volesse ricreare le condizioni visive e spirituali entro cui l’arte di Lotto è nata. Ne risulta un viaggio parallelo: da un lato il pittore rinascimentale che scruta l’anima, dall’altro il fotografo contemporaneo che cattura l’essenza di un luogo nella sua assenza.

La presenza delle opere di Hütte all’interno del percorso è calibrata con precisione: non sovrasta, non compete, ma dilata l’esperienza. Le sue immagini si dispiegano come finestre su un altrove sospeso, in cui Bergamo diventa città mentale, palcoscenico astratto e concreto di una memoria che pulsa sotto la pietra. E così, la città stessa entra nel progetto. Non come semplice scenografia, ma come co-protagonista.

Dentro Lorenzo Lotto, infatti, si estende oltre le pareti museali: è una mostra diffusa, un itinerario fisico e simbolico. Attraverso mappe, pannelli, installazioni temporanee e strumenti digitali, il visitatore è invitato a ripercorrere i luoghi lotteschi di Bergamo. Dall’Oratorio di San Bernardino alla chiesa di San Bartolomeo, da Sant’Alessandro in Colonna fino al Museo della Cattedrale, l’intera città diventa teatro, spazio espositivo, paesaggio dell’anima. Lotto è ovunque, anche dove non è fisicamente presente. È nei colori delle facciate, negli affreschi logorati dal tempo, nelle ombre dei vicoli e nella luce che si rifrange sulle pietre. La mostra non solo documenta un’eredità artistica: la riattiva.

E proprio questo è il punto di forza del progetto: la sua capacità di tenere insieme tempo e spazio, materia e spirito, antico e contemporaneo. Dentro Lorenzo Lotto non è nostalgia, non è celebrazione musealizzata. È un gesto vivo, che chiede tempo, attenzione, rispetto. È una lezione su come si può (e si deve) fare cultura oggi: non riducendo le opere a oggetti di consumo, ma trattandole come esseri viventi, come compagne di viaggio.

In questo senso, l’operazione ha anche un valore esemplare per il mondo museale italiano: dimostra che si può lavorare sulla tradizione con intelligenza contemporanea, che il restauro non è un atto tecnico ma un’azione politica, che il dialogo tra arte antica e linguaggi del presente non è una forzatura, ma una necessità.

Chi visiterà questa mostra ne uscirà diverso. Non solo per la bellezza che avrà incontrato – quella di Lotto, fatta di quiete e tormento, di colore e trasparenza – ma per la possibilità di averla vista rinascere, respirare, dialogare con il nostro tempo. Ne uscirà con la consapevolezza che l’arte, se trattata con rispetto e audacia, può ancora aprire mondi. E che Bergamo, in questo 2025, è diventata per qualche mese la capitale silenziosa di un Rinascimento vivo, vibrante, e più che mai necessario.

Perché ci sono opere che non invecchiano. Ci sono artisti che non finiscono mai di parlarci. E ci sono città che, attraverso di loro, imparano a raccontarsi con voce nuova. Dentro Lorenzo Lotto è tutto questo. E molto di più.