venerdì 13 giugno 2025

La memoria riscritta: Maurizio Cattelan e la decostruzione dell’icona garibaldina a Bergamo

L’arte contemporanea come veicolo di riflessione storica e culturale si configura oggi sempre più come un campo di indagine privilegiato per rimettere in discussione le narrazioni ufficiali e i simboli identitari di una nazione. In tale prospettiva, l’intervento artistico di Maurizio Cattelan a Bergamo, con la sua installazione intitolata «One», assume un rilievo emblematico per la capacità di mettere in crisi la rappresentazione tradizionale di uno dei più celebri protagonisti del Risorgimento italiano, Giuseppe Garibaldi. L’opera, collocata in un luogo di forte valenza simbolica come la Rotonda dei Mille, si inserisce in un dialogo complesso e stratificato con la memoria storica e con le modalità con cui essa viene fruita e interpretata nel contesto urbano contemporaneo.

Per comprendere appieno la portata dell’installazione, è utile riflettere sul ruolo che le immagini e le statue pubbliche svolgono nel processo di costruzione dell’identità collettiva. Le figure monumentali, come quella di Garibaldi, non sono semplicemente rievocazioni del passato, ma veri e propri dispositivi di significazione che veicolano valori, ideali e modelli di comportamento che si vogliono trasmettere alle generazioni future. Tuttavia, queste rappresentazioni sono anche soggette a trasformazioni che riflettono i mutamenti politici, sociali e culturali di una società. Nel caso di Garibaldi, eroe di guerra e simbolo di rivoluzione, l’icona pubblica si è progressivamente sedimentata in un’immagine mitizzata e rassicurante, spesso svuotata della sua complessità e delle contraddizioni che la sua figura storica portava con sé.

L’opera di Cattelan «One» si presenta allora come un gesto artistico di rottura che cerca di riportare alla luce queste tensioni. Il bambino iperrealista, vestito di rosso e seduto in modo disinvolto sulla statua di Garibaldi, compie un gesto che sembra al contempo innocente e provocatorio: alza la mano come se stesse sparando in aria, un atto che evoca il gioco ma anche la violenza, la guerra e la rivoluzione, temi inscindibilmente legati alla figura dell’Eroe dei Due Mondi. Questa presenza infantile, con la sua ambiguità, suggerisce che la storia non è un racconto fisso e intoccabile, ma qualcosa di vivo, suscettibile di reinterpretazioni e di conflitti interni.

La scelta della Rotonda dei Mille come sito espositivo non è casuale: questo luogo è infatti simbolicamente connesso alla spedizione garibaldina che nel 1860 segnò una tappa cruciale nell’unificazione italiana. Collocare «One» in questo contesto urbanistico significa dunque instaurare un dialogo diretto tra passato e presente, tra la memoria storica e la sua attualizzazione critica. La statua di Garibaldi, solitamente oggetto di rispetto e commemorazione, viene così attraversata da una nuova narrazione che ne mette in discussione l’aura e ne propone una lettura più complessa, capace di coinvolgere lo spettatore in una riflessione critica.

L’installazione fa parte della più ampia rassegna «Seasons», curata dalla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, che si articola in vari spazi della città. Questa mostra diffusa rappresenta un’occasione unica per riflettere sul rapporto tra arte contemporanea, storia e società, invitando il pubblico a partecipare a un percorso critico che attraversa molteplici dimensioni tematiche. Il progetto si caratterizza per la volontà di mettere in dialogo opere site-specific con il contesto storico e culturale in cui sono inserite, stimolando una revisione del modo in cui il passato viene rappresentato e commemorato nella contemporaneità.

Nel corso di un’intervista rilasciata a «la Repubblica», Cattelan ha spiegato che l’idea alla base di «One» nasce dalla constatazione di come la figura di Garibaldi, un tempo temuta e rivoluzionaria, si sia progressivamente trasformata in un simbolo rassicurante e quasi innocuo, celebrato senza più quella forza dirompente che ne caratterizzava l’azione storica. L’artista evidenzia come questo processo di mitizzazione e assorbimento culturale porti a una sorta di anestesia collettiva, in cui ciò che una volta suscitava paura o ribellione viene lentamente integrato nel sistema e trasformato in un oggetto di consenso e devozione popolare. In questo senso, il bambino rappresentato nell’opera assume il ruolo di un agente di discontinuità, capace di interrompere la narrazione dominante e di riportare l’eroe a uno stato di vitalità critica.

Questa lettura si inserisce in una tradizione artistica e teorica che vede nell’arte contemporanea uno strumento privilegiato per mettere in discussione i simboli e le memorie collettive, spesso costruite e consolidate da narrazioni istituzionali. Attraverso il gesto apparentemente innocuo del bambino, Cattelan sfida lo spettatore a ripensare la storia non come un monolite immutabile, ma come un campo di battaglia in cui si confrontano interpretazioni diverse, conflitti di senso e potenziali revisioni. La forza provocatoria dell’opera risiede proprio in questa capacità di stimolare un dibattito pubblico e una riflessione profonda sul significato della memoria storica e sulla sua funzione nella società contemporanea.

L’attenzione di Cattelan al rapporto tra potere, memoria e rappresentazione si manifesta anche nelle altre opere esposte all’interno di «Seasons». Tra queste, spicca «Bones», installata nell’ex Oratorio di San Lupo, che raffigura un’aquila distesa a terra in uno stato di vulnerabilità. L’aquila, simbolo imperiale per eccellenza, diventa qui un emblema della decadenza e del declino del potere, evocando una meditazione sull’instabilità delle strutture dominanti e sulla complessa relazione tra l’uomo e l’ambiente naturale. Questa allegoria si inserisce nel filone contemporaneo di riflessione critica che mette in discussione le gerarchie tradizionali e invita a una riconsiderazione ecologica e politica delle nostre modalità di convivenza.

Nel suo complesso, la mostra «Seasons» si configura come un’occasione di grande rilevanza culturale e critica, offrendo al pubblico un percorso espositivo che attraversa la città di Bergamo e invita a confrontarsi con temi di grande attualità. Attraverso l’uso di linguaggi artistici diversi, la rassegna stimola una lettura critica della storia e delle sue rappresentazioni, mettendo in luce la funzione sociale e politica della memoria. L’arte contemporanea si mostra così capace di assumere un ruolo di primo piano nel dibattito pubblico, ponendosi come strumento di riflessione, provocazione e trasformazione.

In conclusione, l’opera di Maurizio Cattelan a Bergamo rappresenta un esempio esemplare di come la pratica artistica possa intervenire nei processi di costruzione e rinegoziazione dell’identità collettiva, utilizzando strategie di provocazione e ironia per stimolare una revisione critica dei simboli nazionali. «One» non è soltanto un’opera d’arte, ma un invito a ripensare il modo in cui la storia viene raccontata, celebrata e vissuta, ponendo l’accento sulle dinamiche di potere che ne sottendono la rappresentazione. La mostra, aperta fino al 26 ottobre, costituisce pertanto un momento di riflessione cruciale per chiunque voglia interrogarsi sul rapporto tra passato e presente, tra memoria e contemporaneità, in un’epoca segnata da continui processi di trasformazione culturale e sociale.