giovedì 12 giugno 2025

L'orlo avvinto


1. La fiamma avvinta

Sente il freddo delle vene,
come fiumi costretti alla quiete,
sente il tempo nel rumore sordo,
sente sé, sciolto dall’età.

Tra brume canta la rivelazione,
un fuoco che si avvilisce,
l’orlo avvinghiato della sera
riempito appena di assenze.

"Rallegrati!", grida la voce:
ama i fiori, persino i più impotenti!
Tingiti di parole smarrite,
e lì, tra lingue estranee, danzale:
il giorno si spezza,
la morte ride nel suo ventre.

Ah, dolce afflizione del cuore!
Odora il piacere e riempiti di tutto:
pianto, riso, e il grigio lume del tuo braccio,
mentre il Lemano scompare tra i ghiacci.

Simile a un gioiello, matura il tuo tempo,
il puro fallimento
è la verità che resta.


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2. L’orlo avvinghiato

L’orlo si stringe attorno al fuoco,
s’avvolge nel suo avvilimento.
Non un grido, ma un sussurro,
non un passo, ma un’eco.

Le brume raccontano ciò che rimane:
una danza scomposta,
il fragore dell’acqua che si piega,
dove la potenza è solo un’illusione
e il fine è lassù, irraggiungibile.

Lentamente, come il tempo,
le dolci afflizioni si moltiplicano,
il cuore lotta contro la sua stessa ombra,
mentre i ventri del piacere ridono e piangono.


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3. Il canto del Lemano

Dov’è il Lemano?
L’acqua risponde
con il silenzio del ghiaccio,
un gioiello che non splende,
che si muta in pietra.

Chi lo cerca trova
la lingua di un giorno interrotto,
la voce che proclama:
“Questo è il tuo tempo!”
e lo getta nel vuoto.


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4. La danza non facile

Danza, anche se i piedi
affondano nel gelo,
anche se il fuoco è cenere
e il cielo un cerchio chiuso.

La lingua che parla non consola,
le parole si tingono di lutto.
Ama! grida una voce lontana,
ama persino il nulla che ti avvolge.


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5. La pazienza del ghiaccio

Paziente come il gelo
che attende il sole,
il giorno si sostituisce al buio,
ma non lo cancella.

Questa lotta è tua,
la meraviglia del fallimento
è la luce che resta
quando tutto il resto svanisce.


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6. Un luogo diverso

I luoghi si piegano al tempo,
diversi, mai uguali.
Il braccio grigio del presente
si allunga,
si stacca dal corpo
e diventa ombra.


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7. Sensatezza d’argento

Indossa il fallimento
come una veste d’argento,
caparbio nella tua sconfitta,
sii re nel regno del nulla.


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8. Acque furenti

Le acque sono persone,
e le persone sono furia.
I fiumi ghiacciati cantano
il loro rumore sordo,
e tutto, lentamente, si muta.


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9. La sostituzione del giorno

Non rimane qui,
questo giorno è un’altra cosa:
una sostituzione lenta,
un cambio che non consola.


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10. La lotta del cuore

Lotta accompagnato dal cuore,
anche quando il cuore vacilla.
Le dolci afflizioni
sono le uniche stelle
che illuminano il cammino.


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11. Il tempo grigio

Il tempo è grigio
come il lume del tuo braccio.
Si spezza,
si rigenera,
e tutto ricomincia.


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12. Dove si parla una lingua

Tingiti di parole,
di una lingua che non conosci.
Lì troverai il senso,
forse, o forse solo l’eco.


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13. Piacere e fallimento

Odora il piacere,
anche quando è spezzato.
Il fallimento è puro,
è l’unica cosa che resta.


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14. Brume e canto

Tra le brume si nasconde il canto,
una melodia che non consola,
ma svela l’età e il volto,
il tempo e il suo rumore.


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15. Ah, la potenza!

La potenza è un’illusione,
un fine lassù,
irraggiungibile e lento.
Ah, le dolci afflizioni!


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16. Il volto del tempo

Sente il volto,
lo specchio di un’età dispersa
che si frantuma nel rumore.
Ogni ruga è un fiume,
ogni sguardo, una bruma.


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17. Il fuoco avvilito

Il fuoco avvinto si spegne,
ma lascia un calore tenue
che illumina appena l’orlo
di un giorno già perso.


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18. Rallegrati!

"Rallegrati!" grida l’eco:
ama i fiori, anche i più fragili,
tingiti di parole nuove
e annusa il profumo
della danza impossibile.


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19. Una dolce afflizione

La dolce afflizione ti accompagna,
ti consola e ti tormenta.
Lotta con il cuore,
anche quando il cuore trema.


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20. Acque di presenze

Le acque portano presenze,
furenti, mutevoli,
che danzano nel ghiaccio
e si dissolvono nel tempo.


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21. Il gioiello che muta

Un gioiello che cambia,
che non rimane uguale.
Matura col tempo,
ma non si spezza mai.


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22. Il meno pieno

Va nel meno pieno,
dove il vuoto si riempie
di ombre e di senso.


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23. Dove fu il Lemano

“Dov’è il Lemano?”
Chiede il tempo.
Lo vedi ancora?
Era vero,
o solo un riflesso?


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24. Sensatezza e fallimento

La sensatezza si indossa,
ma conduce all’insuccesso.
Eppure, nel fallimento,
trovi il tuo volto.


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25. Il grigio lume

Con il lume grigio del braccio,
tocca luoghi diversi.
Il ghiaccio non si spezza,
ma muta la sua forma.


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26. Le meraviglie seguenti

Raccolte in silenzio,
le meraviglie del tempo
seguono il ghiaccio,
e nulla rimane intatto.


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27. Un paziente sogno

Paziente come un sogno,
va a conoscersi.
Non rimane qui,
ma proclama il giorno,
e il giorno svanisce.


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28. La lingua del tempo

Parla una lingua strana,
il tempo.
Non consola,
non spiega,
ma lascia un’eco.


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29. Nel cuore del piacere

Odora i ventri del piacere,
ma non trattenerli.
Ridi, piangi,
e poi lasciati danzare.


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30. Una danza difficile

Non facile,
questa danza che incalza.
Ma è lì che trovi
il tuo equilibrio spezzato.


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31. Il fuoco che rimane

Avvilito,
ma mai spento del tutto.
Il fuoco si aggrappa all’orlo
di ciò che resta.


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32. Un giorno spezzato

Lo stesso giorno
si spezza e si ricompone.
Ogni frammento
è un gioiello,
ogni momento,
un Lemano perduto.


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33. Brume e rivelazioni

Tra le brume,
si nascondono i canti.
Il tempo li rivela,
ma solo a chi sa attendere.


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34. Dolce potenza

Ah, dolce potenza,
che lentamente va!
Non sei lassù,
sei qui,
nell’afflizione che consola.


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35. Una lotta silenziosa

Accompagnato dal cuore,
lotta.
Ma non gridare.
Il silenzio è la tua arma,
il tempo, il tuo alleato.


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36. Il ghiaccio e il volto

Nel ghiaccio,
il tuo volto si riflette.
Non è il tuo,
ma quello che il tempo
ha scolpito per te.


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37. La sostituzione

Il giorno si sostituisce,
e nulla resta uguale.
Ogni cosa è un’ombra,
e ogni ombra,
un nuovo giorno.


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38. Una lingua come questa

Parla una lingua come questa,
che non consola
ma racconta.
Ogni parola è un fiore,
ogni fiore, un respiro.


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39. Il canto delle acque

Le acque cantano,
furenti e mutevoli.
Portano via il tempo,
ma lasciano tracce.


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40. Un fallimento puro

Nel puro fallimento,
trovi la tua verità.
È lì che il tempo
ti rivela il suo volto.


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41. Il braccio che si allunga

Con il grigio lume del braccio,
tocca il passato.
Ogni luogo è diverso,
ma ogni ghiaccio è lo stesso.


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42. Meraviglie e silenzi

Seguono silenzi
le meraviglie seguenti.
Ogni raccolto è un segreto,
ogni segreto, una danza.


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43. La pazienza del giorno

Un paziente giorno,
che si conosce nel tempo.
Non rimane qui,
ma ti invita a seguirlo.


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44. Dove si nasconde il Lemano

Il Lemano si nasconde
tra i ghiacci.
Lo vedi?
Era vero?
O solo un’illusione?


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45. Indossa la sensatezza

Indossa la sensatezza,
anche quando pesa.
L’insuccesso è una veste,
ma il fallimento,
una corona.


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46. Il canto delle brume

Tra le brume,
si ode un canto.
Non è tuo,
ma ti appartiene.


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47. Un orlo avvinto

L’orlo del tempo
si avvolge su se stesso.
Non c’è fine,
solo mutamento.


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48. La potenza che resta

La potenza non è lassù,
ma qui,
nel lento mutare delle cose.
Ah, dolci afflizioni!


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49. Odora il piacere

Il piacere si annusa,
non si trattiene.
Ridi e piangi,
e poi lasciati andare.


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50. Una danza spezzata

Non rimane qui,
questa danza si spezza,
ma continua altrove.
Il tempo la guida,
e il giorno si rinnova.


Questa raccolta, composta da cinquanta poemetti, rappresenta molto più di un semplice esercizio poetico o di una rielaborazione formale: è un atto di scavo, un ritorno meditato e ardente su un testo che appartiene a una mia stagione passata, ma che continua a vibrare come un nervo scoperto, come una ferita non chiusa. Si tratta, a tutti gli effetti, di una riscrittura che non ha mai preteso di conservare, ma piuttosto di rifare, ridire, ripensare. L’impulso iniziale — che nasce da un bisogno antico e ostinato di dare forma a ciò che continuamente si disfa — si è trasformato via via in un gesto più ampio, più complesso: un viaggio attraverso stati dell’essere che si collocano fra poli estremi e apparentemente inconciliabili, come il gelo e il fuoco, l’inizio e la rovina, l’urgenza di durare e la rassegnazione alla caducità, la forza che accende e l’afflizione che spegne. Ma non è solo un itinerario tematico: è un attraversamento emozionale, una geografia interiore che si disegna non attraverso paesaggi, ma attraverso lesioni, fratture, aperture improvvise, momenti di chiarore e baratri che non si possono evitare. Ogni poemetto si offre come un punto di emergenza o di assenza, come una fenditura nella superficie dell’esistenza, da cui filtrano immagini, ombre, domande, talvolta risposte che non consolano ma spingono oltre.

Ogni componimento è stato concepito come una sorta di prisma: rifrange al suo interno una luce che non è mai uniforme, ma che si spezza, si rifrange, muta direzione a seconda dello sguardo di chi legge e del silenzio che lo circonda. E ogni poemetto — pur nella sua autonomia formale e semantica — si inserisce in un tessuto più vasto, in una trama che va avanti e indietro nel tempo e nella percezione, come se le parole, i simboli, le immagini ritornassero, si rincorressero, si ripetessero con minime variazioni, come nella musica, come in certi sogni. È un ciclo, ma non chiuso: è un cerchio aperto, una spirale che sale o scende a seconda del punto da cui lo si guarda. In questo senso, il gesto poetico non è mai stato per me un’operazione estetica, ma piuttosto un atto rituale, una forma di sopravvivenza e di interrogazione. I temi che attraversano la raccolta — la trasformazione, il conflitto interiore, la fragilità che ci abita come un demone dolce e implacabile — non sono semplicemente rappresentati, ma agiti all’interno della scrittura. Sono materia viva, pulsante, ferita, che la parola cerca di contenere senza mai domare del tutto.

Il testo originario da cui tutto ha preso avvio non è stato soltanto un punto di partenza, ma una presenza costante, un fantasma generativo. Non è stato copiato né citato, ma smembrato, spezzato, ridotto a sillabe e suoni, e poi ricomposto in forme nuove, come in un rito alchemico. È stato come scavare nella propria voce e trovarci dentro un’eco che non si era mai udita, come se il testo parlasse da un altro tempo, da una zona d’ombra dove ciò che non è stato detto continua a premere. Le immagini che in esso già abitavano — alcune precise, altre appena accennate — sono riemerse in questa nuova versione come figure trasfigurate: l’orlo avvinto, che è soglia e trappola; il fuoco avvilito, che non scalda più ma ancora brucia; il Lemano, che non è solo un lago, ma un enigma d’acqua e di abbandono; il grigio lume del braccio, che sembra indicare una direzione, ma forse solo per smarrirsi meglio. Questi elementi, attraversando i poemetti, non funzionano come allegorie chiuse, ma come simboli porosi, archetipi mobili, che assorbono il senso e lo restituiscono alterato, come dopo un’immersione. Sono segni di una tensione che non si placa, di una ricerca che non trova oggetto, ma che nel suo stesso movimento genera conoscenza e poesia.

La forma breve è stata una scelta necessaria, quasi obbligata: non per economia, ma per precisione. Il poemetto — nella sua concisione e intensità — consente di isolare un frammento di mondo, di tempo, di respiro, e di ampliarlo fino a farlo risuonare. Ogni componimento è una soglia, un’apertura e un’interruzione insieme: si legge in un soffio, ma quel soffio può contenere un’intera vertigine. È una forma che richiede ascolto e abbandono, come si ascolta un canto notturno o una voce perduta nella nebbia. Ma non si tratta di testi chiusi in se stessi: al contrario, dialogano in modo sotterraneo, talvolta impercettibile, formando una costellazione, un disegno in movimento. Ogni poesia può essere letta come un’isola, ma anche come una parte di un arcipelago: da sola resiste, ma nel contesto vibra, si moltiplica, si amplifica. È una costruzione che non cerca una narrazione lineare, ma un effetto di risonanza. È come gettare cinquanta sassi nello stesso specchio d’acqua e osservare come le onde si intersecano, si urtano, si dissolvono e poi ricominciano.

Il lettore non è mai guidato, ma accolto. Non gli si offrono spiegazioni, ma esperienze. È invitato a entrare, a perdersi, a ritrovare qualcosa che forse ha dimenticato. I poemetti sono frammenti di un discorso interrotto, ma anche inviti al silenzio, alla sospensione, all’ascolto di ciò che la parola non può nominare del tutto. La voce che li attraversa non è sempre la stessa: cambia timbro, registro, intensità. A volte è intima, quasi sussurrata; altre volte si fa tagliente, ironica, perfino brutale. Ma è sempre la voce di qualcuno che cerca, che rischia, che non si accontenta. E forse è questo, in fondo, ciò che un testo poetico può ancora offrire: non una consolazione, ma un campo di tensione, uno spazio in cui è possibile sostare, ascoltare, pensare, e forse — anche solo per un istante — sentire che si esiste con più chiarezza, con più vertigine, con più verità.

f.g.