domenica 15 dicembre 2024

20 sonetti

Un titolo che racchiuda i temi dei sonetti potrebbe essere:

"Il volo e la terra"
Questo titolo richiama il contrasto tra il desiderio di libertà e il peso del radicamento, temi centrali della raccolta.

Altre opzioni:

1. "Sguardi e ali" – Mette in evidenza sia il giudizio altrui che la spinta verso l’elevazione.


2. "Oltre il suolo" – Indica il superamento dei limiti imposti dalla terra e dal conformismo.


3. "Tra il giorno e la pioggia" – Una sintesi poetica degli elementi naturali ricorrenti e delle opposizioni temporali.


4. "Sii quello che sei" – Riprende il messaggio ispirazionale al centro dei sonetti.


5. "La danza del vento" – Simbolico del movimento, del cambiamento e del volo libero.


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Sonetto I
Fai attenzione a chi ti fissa addosso,
sorriderà soltanto nel vederti,
mentre il tuo tempo è un alito che smosso
sfuma distante, oltre ignoti deserti.

E quando sai cos'erano, capisci:
conquistar terre non vale un tuo respiro,
notte o giorno, non vi son benefìci
a inseguire un sogno così martiro.

Guarda il terreno e troverai la via,
non troppo saggia né troppo distante,
lì, dove il nulla genera mestizia.

Non sorprenderti, osserva e vai avanti,
prenditi tempo e non dar retta a fole:
a chi sul suolo giace invoca il sole.


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Sonetto II
C'è chi sul pavimento vive e prega,
un giorno nuovo invoca e già scompare,
e quando il tempo giunge non lo lega
né al nome né all'idea di quel che appare.

Impara a volar via senza timore,
fissa il tramonto quando il giorno è andato,
e scopri chi sei sotto il tuo bagliore,
che d'autunno piove in cielo ritratto.

Sii libero e rimani, pioggia o sole,
attento agli occhi che ti osservan muti,
e fan sembrare il nulla come altare.

Spezza la coppa, lascia il buio fuori,
che dentro porti il bene e la sua voce,
poiché il peccato illumina e ti cuoce.


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Sonetto III
Rimani attento, non fidarti mai
di chi sorride senza dar calore,
poiché ogni tempo tuo, ovunque stai,
non vale i giochi vuoti del loro ardore.

E se vedrai il loro triste passato,
la terra perderà la sua grandezza:
nulla, né notte né giorno segnato,
dà senso al dir di chi ha tanta bassezza.

Osserva il suolo, è lì, sotto i tuoi piedi,
non è lontano e neppure nascosto,
ma non sperare troppo da quei sedi.

Laggiù non cresce nulla, tutto è posto
a un peso d’occhi stanchi, consumati:
non sorprendere i loro sguardi amati.


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Sonetto IV
Prenditi il tempo, e troverai la pace,
dona una preghiera a chi sta ai tuoi piedi,
giace sul suolo, senza grandi sedie,
e vive d’aria, di speranza tace.

Se mai vedessi cosa il tempo cela,
non nominare i giorni o ciò che avvenne:
è già accaduto sotto questa vela,
tra il cielo e il mare, dove il vento accenne.

Non essere timido, alzati e vola,
guarda il sole al tramonto che scompare,
oltre il confine che il giorno consola.

E riconosci ciò che sei, il tuo fare
sotto una stella ferma ad aspettare
un giorno d’autunno pronto a brillare.


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Sonetto V
Fai attenzione a chi ti osserva muto,
e mentre il tempo sfugge ti sorride:
il tuo cammino resta sconosciuto,
e il loro giorno mai non si divide.

Verrà la notte, il giorno svanirà,
il senso delle cose tornerà spento,
conquistare la terra nulla darà
a chi non ode il fremito del vento.

Apri la coppa rotta e lascia andare
il buono e il male, il sole e il peccato,
ché ogni frammento avrà il suo giudicare.

Spalanca l’inno che tieni serrato,
scopri la fama nascosta nel volto,
non importa chi dica sia già detto.


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Sonetto VI
E quando i contadini il volto alzano
al cielo greve e alla pioggia imminente,
troverai chi, per gioco, il tempo sfacciano,
mentre l’ignoto danza nella mente.

Il suolo è stanco, il cielo senza meta,
il passo avanza lento e chiuso tace:
nessun amuleto desta l’atleta
che nel sogno di gloria trova pace.

Non fermarti a guardar quei volti vuoti,
non credere che tutto sia già scritto,
ché l’aria, pure in pioggia, ha suoi devoti.

Il movimento che ti scorre in petto
ti spinge fuori, sotto pioggia scura,
perché il cammino chiama chi lo cura.


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Sonetto VII
Sii quel che sei, libero da catene,
né troppo timoroso né arrogante,
e vivi il giorno sotto piogge amene,
riconoscendo il tempo in ogni istante.

Vedi quel sole, quando il giorno è spento,
gioca col cielo e il suo ultimo bagliore,
e guarda in alto, sopra il firmamento,
una stella attende il tuo splendore.

Vieni, autunno, porta il tuo regalo,
libero come pioggia, vento e fuoco,
ché ogni stagione ha il suo triste vassallo.

Ma sii attento a chi ti osserva a poco,
poiché la luce che nei tuoi occhi splende
può esser preda di chi al tempo tende.


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Sonetto VIII
Non sorprenderti mai del loro gioco,
ché il loro sguardo vive di bagliori,
di falsi canti e di fragili cori
che non raggiungono nemmeno il loco.

Guarda il terreno e troverai radici
che non crescono mai, stanche e consunte,
come promesse vane e cicatrici
che il tempo seppellisce senza unghie.

Dona un sorriso, non dar loro rancore,
ma non lasciarti ingannare dal velo,
che ogni preghiera cela un malore.

Vola più alto, verso un altro cielo,
ché il peccato che a volte sembra buono
ti mostra il sole senza alcun perdono.


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Sonetto IX
C'è un'eco nei pensieri che rimane,
un canto muto che dal buio sale,
tra occhi stanchi e mani senza pane,
nella distanza il vuoto si fa male.

Il terreno è vicino e non ti sfugge,
ma non attendere che il suo respiro
ti mostri un volto o una luce aggiunge:
è terra arida, sotto un sol martiro.

Prendi il tuo tempo, respira la vita,
ché la preghiera è un dono senza prezzo,
anche per chi sul pavimento è assisa.

E se vedrai la verità nel mezzo,
non dire niente, lascia che svanisca,
ché ciò che fu non serve alla tua bisca.


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Sonetto X
Quando il giorno ti sfugge dalle mani
e il sole cede al freddo della sera,
impara a volar via, sopra gli umani,
trova il tuo posto sotto una chimera.

Guarda una stella, quella che rimane
quando l'autunno giunge col suo peso,
e sii la luce che al buio si scanne,
laddove tutto sembra esser già steso.

Non temere il passato o il suo giudizio,
ché ciò che sei risplende nell'ignoto,
libero il cuore, sciolto dal supplizio.

Chi si ferma a guardarti resta vuoto,
un sorriso finge, eppur non sente,
mentre tu voli alto, indifferente.


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Sonetto XI
Non credere che il suolo sia soltanto
un luogo fermo, immobile e costante:
ciò che si ferma, in realtà, vive un canto
che si disperde piano tra le piante.

Ma non crescere mai dove non osa
il fiore aprirsi né il ramo curvare,
ché là si perde ogni speranza rosa,
là si spegne anche il sogno di volare.

Lascia i tuoi inni aprirsi verso il sole,
non nascondere ciò che in te risiede,
fatti cullare dalle tue parole.

E mentre intorno tutto tace e cede,
muoviti libero, senza timori,
ché nel tuo petto battono tamburi.


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Sonetto XII
Chi vive intorno a te sembra distante,
parla di giorni che non hanno forma,
di storie e fole che svaniscono tante,
mentre la loro ombra appena s’informa.

Il tuo cervello si muove veloce,
ti spinge fuori, lontano dalla pioggia,
oltre la linea che al peccato cuoce,
oltre l'ignoto che la luce appoggia.

Non farti fermare da chi ha già detto
che tutto è scritto, nulla può mutare,
ché il cambiamento nasce dentro al petto.

Sii il respiro che il vento sa portare,
colui che danza sotto cieli ampi,
mentre gli altri restano nei loro campi.


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Sonetto XIII
Sii quello che sei, non farti piegare
dalla paura o da occhi ingannevoli,
impara a vedere oltre il giudicare,
e vola alto, sopra i giorni deboli.

Il tempo è tuo, ma scivola silente,
non si ferma per chi vive ancorato
al peso stanco di terre avvilenti,
al pavimento dove è relegato.

Guarda il tuo sole, amalo mentre cade,
non temere la notte, è tua complice,
portatrice di stelle e luci rade.

E quando l'autunno si fa più agile,
ricorda: la pioggia non è nemica,
è libertà che bagna e purifica.


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Sonetto XIV
La terra parla, ma tu ascolta il vento,
ché nei suoi sussurri si cela il senso,
oltre gli occhi che scrutano in tormento,
oltre chi giudica senza consenso.

Non fermarti a chi t’osserva e condanna,
sorrisi vuoti e parole sprecate:
loro non vivono, restano in danno,
fissati ai giorni che han dimenticate.

Tu spezza il ritmo, infrangi la catena,
vola lontano, verso un cielo aperto,
dove ogni luce splende e si fa piena.

Non guardare chi resta in luogo incerto,
ché nel tuo sguardo brilla un nuovo ardore,
che ai loro occhi è fiamma e portatore.


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Sonetto XV
Non sorprendere mai con il tuo volo
chi resta al suolo, fermo nella nebbia,
ché i loro occhi, stanchi, cercano il polo
senza sapere come si fa rabbia.

La stanchezza li rende muti, inermi,
incapaci di cogliere il cammino,
e vivono in un eterno inverno, fermi
come ghiaccio che copre il loro destino.

Ma tu non fermarti, sii quel che sei,
guarda il cielo e spingiti oltre il limite,
oltre le nubi, oltre i loro "mai".

Apri le ali e porta con te l’etere,
impara che il peccato è solo un nome,
e dentro ognuno il sole si fa enorme.


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Sonetto XVI
Guarda la pioggia che danza sul viso,
non temere il freddo né l’aria scura,
ché ogni goccia nasconde un paradiso,
ogni temporale ha la sua natura.

Chi resta al suolo vive senza scopo,
ma il tuo destino è l’orizzonte aperto,
dove il cielo si tinge di un colore
che nessuno ha osato mai scoperto.

Spezza il silenzio, canta la tua gloria,
anche se intorno tutto si fa statico,
ché il movimento è l’anima di storia.

E chi ti guarda senza alcun rimpianto,
senza capire ciò che in te risiede,
non sa vedere oltre il proprio pianto.


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Sonetto XVII
Vivi leggero, senza dare peso
a chi ti fissa senza un vero intento:
il loro sguardo è vuoto, sempre teso
a spegnere la fiamma del talento.

Il tuo giorno si allunga fino a sera,
il tuo volo raggiunge altezze ignote,
mentre il silenzio della loro schiera
parla di vite assenti e mai devote.

Non lasciarti legare al loro abisso,
scopri la strada che porta al tuo cielo,
fai del tuo sogno un nuovo paradiso.

E quando il sole si piega al suo velo,
impara a vivere sotto la stella
che illumina la notte e resta bella.


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Sonetto XVIII
Non è la terra che ti darà pace,
né il suo silenzio, né i suoi volti spenti:
ogni promessa al suolo si disface,
ogni radice perde i suoi accenti.

Trova il respiro nella tua salita,
vola più alto dove il vento chiama,
lontano dal passato e dalla vita
di chi col peso spegne anche la fiamma.

Non ascoltare chi ti dice: "Fermo,
il cielo non è tuo, resta al confine",
ché il tuo destino è sempre più moderno.

Sii come pioggia che lava le spine,
libero e forte, senza catene,
ché anche il peccato spesso redime.


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Sonetto XIX
Il movimento è ciò che ti conduce,
la forza che ti spinge verso il sole,
oltre le mani stanche che riduce
la vita a un gioco senza più parole.

Chi ti osserva rimane prigioniero
dei suoi pensieri chiusi e senza luce,
mentre tu segui il vento e il suo sentiero,
laddove il tempo il cuore tuo conduce.

Non voltarti a guardar quei volti spenti,
lascia che restino nel loro errore,
ché non conoscono ciò che hai nei denti.

Sorridi al cielo, porta il tuo fervore,
e impara a vivere sopra ogni istante,
come fa l’alba che si apre distante.


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Sonetto XX
Ecco l’autunno che ritorna lieve,
porta la pioggia e il vento che sussurra,
e tu, nel mezzo, il cielo tuo riceve,
mentre la terra intorno si fa burla.

Sii quel che sei, libero dalla rete
di chi non sa vedere oltre il cammino,
segui la stella, lasciati al suo mete,
senza temere ciò che fu destino.

Non guardare i sorrisi dei perdenti,
non lasciare che il dubbio ti richiami,
ché il tuo volo è fatto di momenti.

Ogni giorno è un dono tra le mani,
e chi rimane al suolo si consuma
nel vuoto d’occhi e di speranza alcuna.


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Per comporre i sonetti ho pensato a una sorta di flusso poetico ricco di immagini evocative, e l'ho trasformato in un linguaggio metrico e strutturato secondo la forma classica del sonetto, cioè 14 versi endecasillabi suddivisi in due quartine e due terzine con una rima variabile (ABBA ABBA CDC DCD, o simili).

Metodo di lavoro

1. Analisi del testo di partenza:
Ho individuato i temi principali che si possono leggere come una meditazione sull'individuo, il tempo, la fragilità umana e il desiderio di libertà. Ho colto immagini ricorrenti come:

Il volo e l’aspirazione a un’esistenza più alta.

L’attenzione verso chi osserva (gli altri come critici o specchi).

Il legame ambiguo con la terra, vista come limite o peso.

Il confronto tra staticità e movimento (simboli di stagnazione e crescita).



2. Trasformazione in versi:
Ho tradotto le suggestioni in endecasillabi, cercando di mantenere il senso originale ma lavorando sul ritmo e la musicalità. In alcuni casi ho adattato le immagini per renderle più adatte alla struttura del sonetto, ad esempio espandendo idee implicite o connettendo concetti isolati in un discorso fluido.


3. Struttura e rime:

Per ogni sonetto ho creato una sequenza coerente di rime. La scelta delle rime non è stata puramente meccanica: ho bilanciato musicalità e significato per evitare che il testo risultasse troppo forzato.

Le quartine stabiliscono spesso un tema (riflessione o descrizione di un’immagine). Le terzine sviluppano o risolvono il pensiero, offrendo un’idea finale o un invito all’azione.



4. Tonalità:
Ho cercato di mantenere una tonalità lirica e meditativa, intrecciata con un tono ispirazionale. Le immagini naturali (sole, pioggia, stelle) si intrecciano a metafore esistenziali.


5. Coerenza tematica:
Ogni sonetto ha un tema unico, ma c’è una coerenza globale: sono variazioni sul medesimo nucleo di pensiero. Questo crea una sorta di ciclo poetico.


6. Fedeltà all'idea di partenza:
Sebbene non abbia usato ogni parola o frase dell'idea originale, mi sono sforzato di rispettarne il significato profondo e le immagini principali. Ho reinterpretato ciò che avevo in mente per adattarlo alla forma poetica senza snaturarlo.



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Ecco i principali temi che emergono dai sonetti, molti dei quali sono intrecciati tra loro e costituiscono una meditazione poetica continua:


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1. Il giudizio degli altri (tema dello sguardo)

Molti sonetti affrontano il tema dell'essere osservati da altri che giudicano, spesso senza empatia. Gli "sguardi vuoti" e i sorrisi che mascherano la mancanza di comprensione rappresentano la superficialità e il distacco di chi non sa vedere oltre l'apparenza.


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2. Il confronto con il tempo

C’è un senso di urgenza e consapevolezza nel rapporto con il tempo: da un lato viene percepito come lontano o sfuggente, dall’altro come un’occasione da cogliere. Il tempo è sia limite che opportunità, e il soggetto poetico si muove tra questi poli cercando la propria direzione.


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3. La libertà e il volo

Il volo è una metafora ricorrente: rappresenta l’aspirazione a una vita più alta e libera, lontana dalla staticità e dalla mediocrità. Imparare a volare significa superare i propri limiti, trovare il coraggio di essere sé stessi e affrontare l’ignoto con fiducia.


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4. La terra e la sua ambiguità

La terra simboleggia il radicamento, ma anche il peso della quotidianità e delle convenzioni. Viene descritta come vicina, ma sterile, incapace di nutrire chi cerca qualcosa di più grande. Si avverte un conflitto tra l’attaccamento alla terra e il desiderio di elevarsi oltre di essa.


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5. Il movimento e l'immobilità

La tensione tra chi si muove e chi resta fermo è centrale. Il soggetto poetico abbraccia il movimento (fisico e mentale) come forza vitale, in contrasto con la stagnazione di chi vive "nel pavimento", senza slancio o prospettiva.


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6. La solitudine dell'individuo creativo

Il poeta o l'individuo che pensa in modo autonomo si trova spesso solo, circondato da persone che non comprendono la sua visione o il suo messaggio. Tuttavia, questa solitudine non è negativa: è il prezzo della libertà e della verità interiore.


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7. La natura come simbolo di rinascita

Gli elementi naturali (sole, pioggia, vento, stelle) sono metafore della trasformazione e del cambiamento. La pioggia purifica, il vento guida, il sole illumina, e le stelle rappresentano l’eternità e il destino. La natura diventa un rifugio e un'ispirazione per chi cerca senso e bellezza.


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8. La rinascita attraverso il peccato

Il "peccato" è visto in modo non convenzionale: come un atto liberatorio, una forza creativa che rompe le catene del conformismo. Lasciarsi attraversare dal "peccato buono" diventa un atto di autoaffermazione e autenticità.


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9. Il ruolo della memoria e del passato

Il passato è presente come un'ombra che non deve frenare, ma da cui bisogna imparare. Si suggerisce di non rimanere prigionieri di ciò che è stato, ma di usarlo come base per costruire un futuro libero e consapevole.


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10. L'importanza di essere sé stessi

Il tema finale che attraversa tutti i sonetti è l'invito ad accettare e valorizzare la propria unicità. "Sii quello che sei" è il messaggio principale: solo attraverso l'autenticità si può trovare la libertà e il senso del proprio cammino.


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Questi temi si intrecciano, creando un quadro complesso ma coerente. La struttura ciclica dei sonetti permette a ciascun tema di essere esplorato da angolazioni diverse, conferendo profondità all'intera raccolta.