1. Il canto delle brume
Tra brume fitte canta il tempo assorto,
il volto tace, mentre l’età si spoglia.
Fiumi gelati avvincono la soglia,
del fuoco spento resta un flebile porto.
Ama i fiori, oh fragile passione,
tingi di vita ciò che lingua ignora,
rallegrati anche se la morte implora,
ché in dolci afflizioni è il cuore in unione.
Lentamente natura si dispiega,
lotta, accompagna l’ombra, senti il vento,
piangi e ridi, odora la verità cieca.
E nel ventre del piacere trova accento,
la danza non facile che mai si piega,
mutarsi è giorno, proclamarsi argomento.
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2. Il lembo del Lemano
Dov’è il Lemano? La voce si spezza,
come gioiello muta, e si risolve,
ha visto il tempo e in sé lo dissolve,
l’occasione matura si riflette avvezza.
Col lume grigio un braccio si distende,
ghiaccio e raccolti cantano stupore,
luoghi diversi narrano il bagliore
di presenze furenti e mente che offende.
E se il fallimento è meta che attira,
il caparbio passo giustifica il senso,
l’indossare insuccessi nella mira.
Così la vita, con tono più intenso,
rivela il fuoco che il ghiaccio respira,
e il cuore spezza ciò che appariva denso.
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3. La sostituzione del giorno
Nel giorno sostituito appare il vero,
“Dov’è quel Lemano? Lo vedi, è stato?”
Chiede la voce, dal tempo segnato,
tra ghiaccio e fiume che spacca ogni impero.
Vesti di senso l’ombra che declina,
sii gioiello che il tempo non consuma,
l’occasione matura è la bruma
che canta il mutare della sua china.
E il braccio grigio del lume sorregge,
mentre il raccolto si piega al ghiaccio,
tra meraviglie e furie che si legge.
Caparbio è il cuore, suo calice e braccio,
lotta e si tinge di morte che regge,
e danza con forza ciò che scioglie il laccio.
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4. Il tempo riflesso
Il gioco dei fiumi porta riflessi,
ghiaccio che taglia l'ombra del passato,
mentre il volto, dal tempo calcinato,
svela canti, ma lascia i giorni impressi.
Rifugiato nel fuoco che declina,
ama e loda i fiori, oh impotente!,
colora il giorno, sia lingua lucente,
rallegrati, ché il fine già s’avvicina.
Dolci afflizioni, eppure necessarie,
lotta col cuore, col ventre respira,
tra riso e pianto danza, oltre le arie.
Non resta qui, ma al giorno si ritira,
come un paziente che nel dubbio varie
ombre affronta, e dal buio si ritira.
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5. Gioiello mutato
Simile a gioiello che muta e splende,
il tempo in sé risolve la paura,
ha l’occasione del tempo, la misura,
un lume grigio che il ghiaccio pretende.
Luoghi diversi si fondono al braccio,
dove raccolti e furie son presenze,
acque di voci, luci che non si assenze,
sono il linguaggio che distrugge il laccio.
Indossa sensi fino all’insuccesso,
caparbio in lotta, guida la follia,
che nel fallire trova un lume espresso.
Ed ecco il cuore, col volto d’agonia,
canta e distrugge il vetro mai concesso,
e danza ancora, finché notte sia.
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6. L’autorizzazione del fallimento
Caparbio cuore, il tuo canto si spezza,
autorizzato al ghiaccio della mente,
vesti il fallire con puro ardimento,
finché il tempo declina la sua piazza.
Acque furenti, presenze in rivolta,
gridano il senso del cambiamento,
un giorno che rinasce col tormento,
lingua che sola ogni orlo risolta.
Non è facile danza, né conforto,
il ventre porta gioie e desolazione,
ma il fuoco arde e risorge dal porto.
Gioiello vivo, che in tempo ha occasione,
dal lume al gelo trovi il vero assorto,
e il giorno canta la sua sostituzione.
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7. La lingua del fuoco
Il fuoco canta, ma cede al tormento,
il volto resta un orlo avvinghiato,
tra le brume del tempo ha consumato
il fragile gioco d’un canto spento.
“Oh, loda i fiori, ama ciò che langue,
tingiti dove questa lingua vibra,
rallegrati, ché il cuore mai si libra
se non conosce il pianto che lo affranga.”
Ecco la morte, spezzata, dolce, lenta,
è la natura che lassù s’avvolge,
più forte d’ogni altra cosa, e si assenta.
Lotterò ancora, col vento che volge,
con il piacere che dal ventre spenta
la danza ricrea, mentre il giorno sorge.
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8. Il grigio lume
Col grigio lume di un braccio teso,
si aprono ghiacci, raccolti di brume,
presenze furenti tra luci e piume,
luoghi diversi che mutano il peso.
Come gioiello, che tempo maturo
plasma e dissolve nel suo mutamento,
indossa il senso, ché il fallimento
è meta pura, è fine che rende duro.
Il cuore caparbio guida la lotta,
e sente l’ombra di un linguaggio spento,
tra il giorno perso e la danza interrotta.
Ma nella sostituzione trova accento,
il Lemano ritorna nella condotta
d’un tempo che brilla e di ghiaccio è vento.
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9. La gioia fragile
Odora il ventre del piacere amaro,
ridi e piangi col passo più avvinto,
ché la danza, pur non facile, ha spinto
il cuore al giorno d’un destino raro.
Non resta qui la voce del paziente,
ma si rifugia in dubbio e argomento,
si proclama nel vuoto il mutamento,
il sostituirsi al giorno è permanente.
“Dov’è il Lemano?” chiede all’orizzonte,
forse un gioiello risolto nel gelo,
un lume grigio che il braccio riassonte.
E quando il ghiaccio dissolve il suo velo,
tra presenze e furori, il cuore è fonte
d’un canto nuovo, che trova il suo cielo.
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10. Il paziente che attende
Non resta qui, il paziente che attende,
il fuoco è un orlo che si spegne piano,
una lingua nascosta, un Lemano
che al giorno cede ciò che lo sorprende.
Come bruma si avvolge, non desiste,
si rivela in natura, canto lento,
dolce afflizione che accompagna il vento,
lotta nel cuore che nel ghiaccio insiste.
Ma nell’ombra sorge un lume improvviso,
col braccio teso verso l’imperfetto,
trova presenze e furie nel sorriso.
Così il tempo riflette ogni concetto,
fallisce e splende, nel volto inciso,
e canta il giorno, ora meno sospetto.
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11. La lotta dei fiumi
I fiumi lottano contro il ghiaccio eterno,
mutano luoghi e l’orlo che li avvinghia,
come gioielli si spezzano e si allineano,
il tempo è bruma che ritorna d’inverno.
Ama i fiori, canta, oh cuore impotente,
indossa il fallimento con ardore,
e nei ventri del piacere trova il fiore
che danza e ride, tra dolori e mente.
Ma il giorno non resta, è sostituzione,
l’orlo spezzato è puro argomento,
e il fuoco arde, ma chiede remissione.
Così il Lemano si scioglie nel momento,
tra ghiaccio e braccia, il grigio scompone
ogni certezza in lento movimento.
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12. Natura lenta
La natura va lenta, ma sa colpire,
ogni dolce afflizione è accompagnata
dal cuore che si tinge di giornata
e dal vento che la morte fa fiorire.
Odora il ventre, e nella lotta il senso,
la lingua è muta, ma canta sottovoce,
il fuoco resta, nonostante la croce
del ghiaccio che si scioglie nel consenso.
E il Lemano è ricordo, e brilla ancora,
tra gioielli risolti nel mutare,
l’orlo del tempo che danza e si innamora.
Il giorno è pieno, non si può arrestare,
è quella luce grigia che consola,
e il cuore ride mentre osa fallare.
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13. Il mutamento delle acque
Le acque mutano, portano distanze,
e furie urlanti, presenze che assaltano,
dove i raccolti al ghiaccio si avvantano,
sotto un lume che grigio avanza in danze.
Il tempo scioglie il canto dei pazienti,
che si rivolge al giorno mai venuto,
indossa il senso di un verbo taciuto,
e si fa eco di cuori non sapienti.
Il Lemano riflette l’ombra scissa,
ogni afflizione è lenta, ma si chiude
nel ventre che respira ciò che abissa.
E tra il fallire e il gelo che non cede,
si scioglie il fuoco, e il volto che s’insista
nel riso e pianto di ciò che mai si vede.
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14. Il grido del fallimento
Caparbio è il cuore, eppure si consuma,
autorizzato al ghiaccio che lo frena,
indossa il senso di una lingua piena
di vento e voci perse nella bruma.
Il giorno si sostituisce, non resta,
tra i ventri del piacere un fuoco langue,
rallegrati, oh mortale!, ché la guancia
porta il riflesso della fine mesta.
E il Lemano è il testimone di un lampo,
di un grigio lume che si perde al gelo,
dove il canto risolve ciò che infrango.
Così il tempo diventa pure cielo,
e il ventre lotta, e il giorno al suo fianco
risplende ancora, sciolto dal suo velo.
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15. Ghiaccio e canto
Il ghiaccio rompe il braccio di chi preme,
mentre il canto del fiume si riflette,
tra i volti il tempo tinge nuove vette,
ogni paziente annoda ciò che teme.
La morte lenta danza il suo richiamo,
si tinge il giorno di bruma e silenzio,
e nei ventri si specchia il senso intenso
di cuori rotti che risplendon piano.
Ma l’orlo avvinghiato non si nasconde,
il Lemano vive tra i lampi spenti,
e il tempo canta dove il ghiaccio infonde.
Così mutano acque e braccia ardenti,
si scioglie il vero, il giorno si confonde,
e il cuore ride tra dolori assenti.
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16. L’età riflessa
L’età si specchia in brume e gelo fiero,
sente il tempo che taglia ogni confine,
e nei fiumi che spezzano l’argine fine
il volto tace, come inganno vero.
Ama e loda, oh cuore, ciò che langue,
tingiti dove la lingua mai si perde,
rallegrati, ché la morte si disperde
nel ventre acceso di chi il pianto affranca.
Lentamente natura è dolce lotta,
ogni afflizione ha il fuoco in sé sopito,
e nel ghiaccio si odora la rivolta.
Il giorno non resta, ma è sostituito,
il Lemano risplende come rotta
d’un canto perso e infine risentito.
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17. Fiamma e ghiaccio
La fiamma giace dove il ghiaccio irrompe,
sulle rive di un volto che si muta,
e il tempo, oh paziente!, mai rifiuta
di rendere all’eterno le sue impronte.
Senti il canto tra i giorni che s’infrangono,
senti il vento che parla senza voce,
la lingua è questa: una vita feroce,
un ventre amaro, dove i cuori arrancano.
Ma il Lemano risorge come fiume,
il lume grigio del braccio si tende,
e ogni ghiaccio dissolve il suo costume.
Così il giorno proclama ciò che splende,
tra meraviglie e dolori che assommano,
la natura va lenta, ma sempre rende.
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18. Gioielli che mutano
Simili a gioielli, i giorni si sciolgono,
mutano i volti, le braccia, le brume,
e l’occasione del tempo che presume
è bruma viva, e i sensi si rivolgono.
Tra ghiacci e presenze furenti s’avanza,
lume che danza su raccolti spenti,
e nei ventri il piacere rompe i denti
della ragione, che la lotta bilancia.
Ama e loda ciò che la morte tinge,
rallegrati, ché il cuore trova il fuoco,
e nel ventre la danza mai si finge.
Il giorno canta il tempo che l’ha tocco,
la lingua nuova ogni fiore dipinge,
e il Lemano splende, ma senza gioco.
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19. La sostituzione del cielo
Non il giorno, ma il cielo si sostituisce,
il fuoco spento si fa ombra e abisso,
e nel ventre il dolore canta il viso
d’un cuore che nel ghiaccio si tradisce.
Ma l’acqua lenta, e il fiume, portan pace,
rallegrati, oh volto, ché nulla muore,
è dolce il canto della lingua e il fiore
che, tingendosi, nella morte giace.
Dov’è il Lemano? È là, nel lume grigio,
dove i bracci del tempo si dispiegano,
tra i ghiacci spenti e i venti che vestigio.
Così le meraviglie mai si negano,
e il giorno lento il suo tramonto affigge,
dove le furie dell’ombra s’inseguono.
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20. Il ghiaccio caparbio
Caparbio è il ghiaccio che la mente tocca,
si fa natura, ma natura lenta,
mentre il cuore il suo desiderio tenta,
rallegrati!, ché il fiore mai trabocca.
Ama e odora i ventri del piacere,
dove riso e pianto s’avvinghiano,
e i giorni, nel loro inceder, si stringono
ai canti dolci d’un eterno vedere.
Ecco il Lemano, come luce sfatta,
proclama il giorno che si fa mutare,
e ogni senso nel ghiaccio trova una fatta.
Ma il paziente, nel vuoto del mare,
conosce il fuoco che la morte scatta,
e ride e danza, pur nel suo fallare.
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21. Il fine lassù
Il fine è lassù, lo sento, e non mente,
più d’ogni cosa, il lento suo fluire
in questa lingua che non vuol tradire
la danza e il cuore che nel ventre sente.
Senti il fuoco che tinge ogni confine,
ogni bruma che l’ombra va a toccare,
ogni volto che nel tempo sa mutare
e il giorno cede alle ombre divine.
Non resta qui, ma va al ghiaccio e al vento,
il paziente si annulla e poi risorge,
e ride e piange, nel suo mutamento.
Oh Lemano, dov’è il fiume che sorge?
È qui, tra i giorni di un cuore spento,
che nella bruma il suo riflesso porge.
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22. La lingua spezzata
Ama i fiori, ma il cuore non risponde,
tingiti d’ombre dove il tempo tace,
ché la lingua del giorno non si disface,
e il vento spezza ciò che il ventre nasconde.
Dolce Natura, che lenta accompagna,
ogni afflizione sorge dal ghiaccio,
ogni danza riflette ciò che sfraccia
la gioia amara che il dolore guadagna.
Il Lemano ritorna nel silenzio,
il lume grigio si dissolve piano,
e il giorno è un canto che si muta in senso.
Così il fuoco si veste d’un arcano,
e nel ventre il piacere trova il denso
sogno che il cuore innalza come mano.
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23. Il braccio grigio
Col lume grigio che il braccio solleva,
la lotta cede al ghiaccio che s’indossa,
e ogni volto, nel suo tempo, si scossa
come il fiume che il giorno non rileva.
Il paziente si proclama nel vuoto,
il Lemano risolve ciò che trema,
e nei ventri il piacere rompe il tema
del canto lento che nel vento è voto.
Ogni bruma accompagna ciò che langue,
ma la lingua, spezzata, non si arrende,
ed il cuore lotta contro il ventre stanco.
Ridi e piangi, ché il tempo non si vende,
e il fuoco arde anche laddove è frangue,
mentre la danza il giorno ancora accende.
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24. Natura e senso
È questa natura che il senso riporta,
più d’ogni altra cosa va lentamente,
il cuore sente, ma il tempo si spente,
e il fuoco, spezzato, la morte conforta.
Il Lemano è distante, ma riflette
l’ombra del giorno che il ghiaccio non cela,
ed ogni volto nel braccio si rivela,
un lume grigio che si spezza in vette.
Odora il ventre del piacere antico,
rallegrati, ché ogni dolore fiorisce,
e la danza si veste d’un respiro.
Così il cuore, nell’ombra che colpisce,
proclama il tempo, e nel vuoto lo dico,
il fuoco brilla e dal ghiaccio finisce.
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25. Fiume di brume
Un fiume nasce, e tra le brume tace,
il volto sente il tempo che s’appresta,
e il cuore odora il ghiaccio che la festa
dei giorni muta, ma mai si disface.
Ama e lotta, ché il vento si consuma,
e il ventre ride tra riso e pianto,
ogni bruma dissolve il proprio canto,
ogni lingua si spezza in questa bruma.
Dov’è il Lemano? Tra il grigio scompare,
il paziente conosce ciò che langue,
e il tempo, caparbio, al giorno si affianca.
Resta il fuoco, che dal ventre risplende,
ogni danza, pur non facile, appare,
e il cuore scioglie il ghiaccio che si stanca.
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26. Il tempo caparbio
Il tempo è caparbio, eppure sa sciogliere
ogni bruma che il ghiaccio va a sferrare,
e il ventre, nel piacere, sa cantare
la dolce lotta che non può raccogliere.
Ogni orlo, avvinghiato, perde il senso,
e il fuoco ride tra le ombre affrante,
rallegrati, ché ogni morte è danzante,
e il cuore spezza ciò che è troppo intenso.
Il Lemano riflette l’ombra piena,
il lume grigio si allunga al confine,
e la natura lentamente incatena.
Così il giorno, che si scioglie al mattino,
proclama il vento, e il volto si richiama
a quella lingua che nel ventre ha il divino.
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27. La morte danzante
La morte danza, ma nel ventre ride,
ogni dolore canta tra le brume,
e il fuoco, nella lotta, non presume
di cedere al giorno ciò che non decide.
Ama i fiori, ché il vento si dipinge,
rallegrati, ché il cuore è pura luce,
e ogni lingua, nel ghiaccio che seduce,
proclama il tempo che dal ventre attinge.
Il Lemano si spezza tra i venti,
il lume grigio del braccio si avvicina,
e il volto ride nei suoi lineamenti.
Così il giorno, lento come rovina,
rinasce al canto, e nei cuori spenti
scioglie il ghiaccio che la bruma declina.
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28. Il paziente che ride
Non resta qui il paziente che sorride,
il volto danza nella bruma lenta,
e il tempo, con il ghiaccio che tormenta,
proclama il senso che nel fuoco incide.
Ama e loda, ché il vento mai si spegne,
rallegrati, ché ogni dolore splende,
e il ventre lotta, mentre il giorno intende
la dolce ombra che nel buio si rende.
Il Lemano riflette ogni distanza,
il lume grigio dissolve il confine,
e il cuore danza, pur senza speranza.
Così il giorno, pur lento, s’avvicina,
e il fuoco ride nella sua fragranza,
sciogliendo il gelo che la lingua indovina.
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29. Il confine spezzato
Spezzato è il confine che il tempo infrange,
tra il ghiaccio e il vento il canto si disperde,
ma il cuore, dal dolore, mai si perde,
e ogni bruma di dolcezza si tinge.
Odora il ventre del piacere amaro,
lotta e danza, ché ogni fine è il giorno,
e il Lemano riflette ciò che torno
a proclamare come l’eterno raro.
Il lume grigio dissolve ogni braccio,
la lingua canta ciò che non si vede,
e il ventre ride, spezzando ogni ghiaccio.
Così il tempo, che la notte precede,
si avvolge lento nel suo vano abbraccio,
e nel dolore ogni luce si cede.
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30. L’eterno Lemano
Dov’è il Lemano? Là, tra braccia stanche,
riflette il volto, ma scompare al vento,
e il giorno si dissolve nel tormento
di chi nel ghiaccio canta le sue mancanze.
Ama i fiori, oh cuore, e loda il braccio,
rallegrati, ché ogni morte è rinata,
e il ventre lotta, pur nella giornata
che il fuoco brucia ma non lascia ghiaccio.
La danza lenta proclama un confine,
e il tempo ride, ma il giorno lo spoglia,
come un paziente, col volto incline.
Così il canto, tra il ventre e la soglia,
scioglie ogni bruma, e nel vento affine
il Lemano ritorna alla sua voglia.