lunedì 23 dicembre 2024

"Breve storia dell’inconscio" di Frank Tallis


"Breve storia dell’inconscio" di Frank Tallis, pubblicato in Italia da Il Saggiatore nel 2019, con la traduzione di Alessia Ranieri e Monica Longoni, è un’opera che si distingue per la sua capacità di intrecciare con finezza narrativa e rigore storico-filosofico i fili che compongono l’affascinante tessuto dell’inconscio. Tallis ci guida in un’avventura intellettuale che spazia dalla filosofia antica alle moderne neuroscienze, passando attraverso le grandi rivoluzioni artistiche e letterarie che hanno segnato l’evoluzione del pensiero occidentale. Il libro non è semplicemente una storia della psicoanalisi o un’analisi delle teorie freudiane, ma un’esplorazione a tutto campo delle idee, delle credenze e delle intuizioni che hanno lentamente dato forma al concetto di inconscio, trasformandolo in uno dei pilastri fondamentali della cultura contemporanea.

Tallis, che è uno psicoterapeuta e romanziere, riesce a fondere il rigore scientifico con uno stile narrativo coinvolgente, facendo sì che il lettore si immerga in un racconto che non è mai pedante, ma che stimola continuamente la curiosità e l’introspezione. Il risultato è un testo che, pur essendo accessibile al grande pubblico, non rinuncia a una profondità di analisi degna di un saggio accademico.

Le origini antiche dell’inconscio: dai miti ai filosofi greci

Il viaggio di Tallis ha inizio nell’antichità, dove il concetto di inconscio, pur non essendo formalmente definito, si manifesta nelle narrazioni mitiche e nelle riflessioni dei primi filosofi. I miti, con la loro carica simbolica e archetipica, sono spesso espressioni di desideri e paure che sfuggono alla sfera razionale e consapevole. L’inconscio primordiale dell’umanità si manifesta nelle leggende, nei sogni e nei racconti che cercano di dare un senso all’irrazionale, al caotico e all’inesplicabile.

Platone, uno dei primi pensatori a riflettere in modo sistematico sulla natura della realtà e dell’anima, anticipa in molti modi l’idea di un mondo interiore nascosto. La sua celebre allegoria della caverna descrive la condizione umana come un’illusione percettiva: ciò che crediamo di vedere e comprendere è solo una pallida ombra della verità. Questa metafora può essere letta come una primitiva riflessione sull’inconscio: c’è una dimensione più profonda che sfugge ai sensi e alla razionalità immediata, una verità che si svela solo attraverso un percorso di consapevolezza e illuminazione.

Aristotele, con la sua attenzione ai processi psicologici e biologici, aggiunge un ulteriore tassello a questa riflessione. Pur essendo un empirista, Aristotele riconosce che l’essere umano è guidato non solo dalla ragione, ma anche da forze che operano al di sotto della soglia della consapevolezza. Nel suo studio delle passioni, dell’immaginazione e del desiderio, Aristotele suggerisce che esiste una parte dell’anima che sfugge al controllo razionale, anticipando così alcune delle intuizioni che secoli dopo verranno formalizzate da Freud e Jung.

L’inconscio nell’età medievale: tra misticismo e religione

Con l’avvento del Cristianesimo e il declino del pensiero classico, l’inconscio assume nuove connotazioni, spesso legate alla sfera spirituale e morale. Il Medioevo è un’epoca in cui i fenomeni psichici inspiegabili vengono attribuiti a influenze divine o demoniache. I sogni, le visioni e le estasi mistiche sono interpretati come segni di interventi soprannaturali, riflettendo la convinzione che l’anima umana sia il campo di battaglia tra il bene e il male.

Sant’Agostino, uno dei pensatori più influenti dell’epoca, introduce una profonda riflessione sulla memoria, sulla volontà e sul peccato. Nei suoi scritti, Agostino descrive il conflitto interiore dell’uomo come una lotta tra desideri inconsci e la volontà razionale di aderire al volere divino. Il suo celebre concetto di “memoria involontaria” anticipa, in un certo senso, le future teorie freudiane sulla rimozione e sul ritorno del rimosso.

In questa fase storica, l’inconscio non è ancora visto come una forza autonoma, ma piuttosto come uno strumento attraverso cui Dio (o il diavolo) comunica con l’anima umana. Mistici come Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce descrivono esperienze estatiche in cui l’anima entra in contatto con dimensioni nascoste e ineffabili della realtà, suggerendo che esiste una dimensione psichica che sfugge al controllo razionale e che si manifesta attraverso simboli e visioni.

Rinascimento e Illuminismo: l’inconscio nascosto dall’ombra della ragione

Il Rinascimento segna una riscoperta dell’individuo e del suo mondo interiore. L’arte, la letteratura e la filosofia riflettono un crescente interesse per la complessità della psiche umana. Artisti come Leonardo da Vinci e Michelangelo esplorano le profondità dell’animo umano nelle loro opere, rappresentando emozioni e stati d’animo che sembrano emergere da strati nascosti della mente.

Con l’Illuminismo, tuttavia, l’attenzione si sposta sulla ragione e sulla scienza. L’inconscio viene momentaneamente oscurato dall’enfasi sul pensiero critico e sull’analisi razionale. Tuttavia, questa fase non elimina del tutto l’interesse per il mondo interiore: autori come Rousseau e Kant iniziano a riconoscere che l’essere umano non è mosso solo dalla ragione, ma anche da emozioni, istinti e impulsi che sfuggono alla coscienza immediata.

L’Ottocento e la riscoperta dell’inconscio: tra filosofia e scienza

L’Ottocento rappresenta una svolta decisiva nella storia dell’inconscio. È il secolo in cui filosofi, medici e psicologi iniziano a esplorare sistematicamente i fenomeni psichici che si sottraggono al controllo consapevole. Arthur Schopenhauer, con la sua teoria della “volontà cieca”, descrive l’essere umano come una marionetta governata da impulsi inconsci e irrazionali. Friedrich Nietzsche, dal canto suo, demolisce le certezze razionaliste dell’Illuminismo, affermando che dietro ogni pensiero razionale si nascondono desideri, paure e pulsioni che sfuggono alla coscienza.

Parallelamente, i primi studi medici sull’isteria e sull’ipnosi aprono nuove strade per la comprensione dell’inconscio. Jean-Martin Charcot dimostra che pazienti ipnotizzati possono manifestare ricordi repressi e sintomi inspiegabili, suggerendo che esiste una parte della mente che opera al di fuori della coscienza.

Questi studi gettano le basi per il lavoro rivoluzionario di Sigmund Freud, che alla fine del XIX secolo codifica e formalizza il concetto di inconscio, trasformandolo in un elemento centrale della psicoanalisi e del pensiero contemporaneo.