Patricia Highsmith, universalmente riconosciuta come una delle più grandi autrici di noir e thriller psicologici del Novecento, scelse il Ticino come rifugio per gli ultimi quattordici anni della sua vita. Questa decisione rappresentò non solo un desiderio di tranquillità dopo decenni trascorsi sotto i riflettori del mondo letterario, ma anche un bisogno profondo di isolamento e di introspezione, che era parte integrante del suo carattere complesso. Dopo una carriera costellata di successi internazionali, tra cui i celebri romanzi Sconosciuti in treno (1948), adattato magistralmente da Alfred Hitchcock, e la serie dedicata all'affascinante e ambiguo Tom Ripley, l'autrice americana trovò nella Svizzera italiana il luogo perfetto per vivere lontana dal caos delle grandi città e dall'intensa pressione della notorietà.
Inizialmente, Patricia Highsmith si stabilì ad Aurigeno, un pittoresco villaggio nel Comune di Maggia, immerso tra le montagne del Ticino. Aurigeno era (ed è tuttora) un luogo che sembra sospeso nel tempo, dove il ritmo della vita si muove in armonia con la natura e le stagioni. La scrittrice si trasferì in una casa semplice, lontana da ogni lusso, in cui visse con pochi oggetti essenziali, tra cui la sua biblioteca, alcuni quadri e la compagnia di numerosi gatti, ai quali era profondamente affezionata. Il villaggio, con le sue strade lastricate e le sue case di pietra, divenne il teatro della sua quotidianità, in netto contrasto con il mondo oscuro e pieno di tensioni che descriveva nei suoi libri.
Ad Aurigeno, Patricia trovò ispirazione nella solitudine e nella quiete. Le sue giornate si svolgevano secondo una routine che combinava il lavoro disciplinato alla contemplazione. Si svegliava presto, trascorreva la mattinata scrivendo o rileggendo i suoi manoscritti, spesso con una tazza di caffè forte accanto, e nel pomeriggio amava passeggiare nei boschi circostanti, immersa nei suoi pensieri. Pur conducendo una vita isolata, mantenne alcune relazioni con i suoi vicini, che la descrivevano come una donna riservata, a tratti burbera, ma mai scortese. Nonostante il suo isolamento, era consapevole del mondo che la circondava, e il Ticino le offrì una dimensione di tranquillità che le permetteva di immergersi completamente nella scrittura senza distrazioni.
Con il passare degli anni, si trasferì a Tegna, un altro villaggio ticinese altrettanto tranquillo, che divenne il suo ultimo domicilio. Anche in questa nuova residenza, Patricia Highsmith mantenne lo stesso stile di vita spartano e solitario. Era attratta dall’atmosfera di questa regione: il paesaggio mozzafiato, fatto di montagne imponenti e fiumi cristallini, e il clima mite sembravano rispecchiare il suo desiderio di trovare un equilibrio tra il tumulto interiore e l’apparente pace esteriore. Qui completò alcune delle sue ultime opere, continuando a esplorare i temi che l’avevano resa celebre, come l’ambiguità morale, il conflitto interiore e le pulsioni oscure dell’animo umano.
La vita di Patricia Highsmith in Ticino fu caratterizzata da una volontaria austerità. Lontana dagli eventi mondani e dalle interviste, evitava qualsiasi tipo di apparizione pubblica, preferendo che fossero i suoi libri a parlare per lei. La sua scelta di rifugiarsi in questa terra pacifica non fu casuale: amava la Svizzera per la sua neutralità, il suo ordine, e, soprattutto, per la possibilità di vivere senza essere disturbata. Tuttavia, il suo isolamento non era privo di contraddizioni: dietro l’apparente serenità si nascondeva un carattere tormentato, a tratti misantropo, che non mancava di emergere nelle rare occasioni in cui interagiva con il mondo esterno.
Malgrado la sua volontà di vivere lontana dai riflettori, Patricia Highsmith non smise mai di seguire gli sviluppi del mondo letterario. Continuava a leggere con voracità e a confrontarsi, almeno mentalmente, con i colleghi scrittori. Durante il suo soggiorno ticinese, si dice che fosse particolarmente affascinata dai cambiamenti culturali degli anni Ottanta e Novanta, che osservava con un certo cinismo. Nonostante la sua riluttanza a partecipare attivamente alla vita pubblica, rimase una figura di spicco nel panorama letterario internazionale, con le sue opere tradotte in numerose lingue e continuamente ristampate.
Quando morì nel 1995 a Locarno, il mondo perse una delle sue menti più brillanti e incisive. Patricia Highsmith lasciò un’eredità letteraria immensa, con opere che continuano a essere lette e studiate per la loro straordinaria capacità di indagare le complessità dell’animo umano. Il suo periodo ticinese, a lungo considerato solo una parentesi finale della sua vita, è oggi rivalutato come un momento cruciale della sua esistenza, un periodo in cui la scrittrice ebbe modo di riflettere profondamente sulla sua carriera e sulla condizione umana.
Ancora oggi, il Ticino conserva tracce della presenza della Highsmith. Il suo nome è legato ai luoghi in cui visse, come Aurigeno e Tegna, che hanno acquisito una certa notorietà grazie alla fama della loro illustre abitante. La pace e la bellezza naturale che lei tanto apprezzava continuano a caratterizzare queste località, quasi a rendere omaggio alla memoria di una donna che trovò in questi luoghi l’ambiente ideale per dedicarsi alle sue ultime riflessioni e alla scrittura. Così, il contrasto tra la serenità del paesaggio ticinese e le cupe atmosfere dei suoi romanzi rimane una delle tante affascinanti dicotomie che definiscono il genio e la complessità di Patricia Highsmith.