domenica 15 dicembre 2024

cenere e lampo

1.
Dolce riso, che mi fai beato,
quando le tue labbra sciolgono l’arcano,
nel dì ch’io veggio il tuo fulgente viso,
ed ogni angoscia si dissolve piano.
E l’anima si desta, e il ciel dorato,
spalanca al cuore il suo mistero umano,
pare aprirsi alla gioia in paradiso,
e s’apre il mondo al nostro amore strano.
Ma presto fuggi, come sogno andato,
come il mattin che cede al dì improvviso,
e l’illusione lascia il suo peccato
nell’ombra che si stende sul tuo viso.
Lasciando il cor nel buio e nel diviso,
tra spazi vuoti e cieli di granito,
fra mura strette, privo d’ogni fiato,
e il sogno che si frange nel suo rito.

2.
Ora è spezzata la clessidra antica,
quella che il tempo muto ci rubava,
il tempo geme e frange la catena,
mentre ogni nostra illusione crollava.
Ed entrambi patiam la sorte avversa,
tra mani tese e braccia ormai lontane,
come radice avvinta dalla brina,
che sogna ancora terre più lontane.
Ci grava addosso una ferita amica,
un taglio netto, ma che sempre pena,
cucita a forza, ma che mai si inchina,
e sanguina sul fiume che ci tiene.
Di rotte membra e vita ormai perversa,
si spegne il lume che brillava in noi,
con l’ombra che si stende e mai s’inchina,
e il freddo avvolge i nostri sogni eroi.

3.
L’ossigeno s’estingue nel profondo,
dove il respiro langue come un pianto,
le vene ardenti gelano in tormento,
ed ogni passo pesa come un canto.
Ove speranza ai sommi tace e langue,
nel pozzo oscuro che ci guarda attoniti,
ché tutto è nero sotto questo mondo,
e il buio è re che regna senza ospiti.
E l’occhio mio si chiude verso il vento,
che soffia lieve, ma che sa di gelo,
cercando pace dove il cuor non langue,
tra nubi scure, dove tace il cielo.
Mentre gli astri si curvan, pigri e lenti,
danzando fiacchi sulle nostre fronti,
come a vegliar le fiamme ormai spente,
tra grida mute e abissi sempre pronti.

4.
Al sonno che per ghiri e orsi è dolce,
che posa lieve sul lor ciglio stanco,
torna il ricordo di una vita altrice,
ma a noi mortali è laccio senza scelte.
Stringe le membra, e il petto arde nel banco,
ove la morte intona il suo lamento,
e il freddo che sovrasta e tutto avvolge,
spegne ogni luce nell’eterno vento.
Non placa, ma dilata il nostro manco,
lasciando il vuoto come unica certezza,
lasciando ai vivi il senso delle colpe,
e agli astri il pianto eterno del lor branco.
Così ci avvolge, come rete stretta,
così ci lega, senza tregua o scampo,
nel mare nero dove il sogno aspetta,
e il cuore nostro è ormai cenere e lampo.