venerdì 27 dicembre 2024

Introduzione a "M - Il mostro di Düsseldorf"

M - Il mostro di Düsseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Mörder) è un film del 1931 diretto da Fritz Lang, considerato uno dei capolavori assoluti del cinema tedesco e mondiale. Quest'opera segna una svolta epocale sia per l'uso innovativo del sonoro che per la sua narrazione complessa, capace di intrecciare thriller, dramma psicologico e critica sociale. Il film, ambientato in una Germania sull'orlo del cambiamento, rappresenta un ritratto profondamente inquietante di una società in crisi, dove la paura e il senso di insicurezza permeano ogni livello della quotidianità.

In un’epoca in cui il cinema muto lasciava il passo al sonoro, Fritz Lang dimostra non solo di saper sfruttare appieno le possibilità offerte dalla nuova tecnologia, ma anche di usarla in modo creativo, arricchendo la narrazione di elementi che oggi consideriamo fondamentali nella costruzione di tensione. L'opera è anche un esempio di come il cinema possa essere utilizzato per esplorare la complessità dell'animo umano, mescolando riflessione sociale e intrattenimento di alta qualità.

La storia si svolge in una città tedesca (mai nominata esplicitamente, ma che ricorda Berlino), terrorizzata da un misterioso serial killer che prende di mira i bambini. L'omicida, Hans Beckert, interpretato dal fenomenale Peter Lorre, è un uomo apparentemente ordinario, ma preda di pulsioni omicide incontrollabili. La narrazione si apre con una scena che rimarrà iconica nella storia del cinema: una bambina, Elsie Beckmann, viene attirata dall’assassino con la promessa di un palloncino. Il contrasto tra la leggerezza della scena iniziale e la tragedia imminente, suggerita attraverso dettagli impliciti (il palloncino abbandonato che si alza verso il cielo, un oggetto dimenticato sul marciapiede), crea un’atmosfera di profonda inquietudine.

La polizia, incapace di identificare il colpevole, intensifica le indagini, mettendo sotto pressione tutta la città, inclusi i bassifondi e il crimine organizzato. Questo porta a una situazione paradossale: i malviventi decidono di prendere in mano la situazione per catturare l’assassino, poiché i continui controlli interferiscono con i loro affari. Si scatena così una caccia all’uomo che coinvolge tutti, dalla polizia ai cittadini, fino alla malavita.

Il culmine della storia è il "tribunale popolare" organizzato dai criminali per giudicare Beckert. La sequenza finale, in cui l’assassino si difende disperatamente sostenendo di essere vittima di impulsi incontrollabili, rappresenta uno dei momenti più potenti e complessi del cinema, ponendo domande fondamentali sulla giustizia, la colpa e la compassione.

Il film riflette in modo sottile ma incisivo la Germania della Repubblica di Weimar, un periodo segnato da instabilità economica, crisi politica e profondi mutamenti culturali. Gli anni ’30 erano un’epoca di grande incertezza, con la società tedesca divisa tra modernizzazione e nostalgia per un passato idealizzato. Questo clima di tensione sociale e paranoia collettiva è perfettamente catturato da Lang, che usa il tema del serial killer come metafora delle paure più profonde della popolazione.

L’attenzione ai dettagli quotidiani — la vita nei cortili, i mercati affollati, la frenesia della città — crea un ritratto realistico e vivace dell’epoca, ma allo stesso tempo carico di un senso di inquietudine. Le autorità sono impotenti, il sistema legale sembra inefficace e la società civile è pronta a farsi giustizia da sola, elementi che anticipano, in modo profetico, l’ascesa del totalitarismo nazista.

Uno degli aspetti più rivoluzionari di M è l’uso creativo del sonoro, una novità tecnica che Lang adotta con straordinaria maestria. L’assassino è identificabile da un motivo musicale che fischietta: un frammento di Peer Gynt di Edvard Grieg (Nella sala del re della montagna). Questo motivo non è solo un elemento narrativo, ma anche simbolico, diventando il marchio inconfondibile della presenza del killer.

Inoltre, Lang sfrutta il silenzio per creare tensione, rompendo con l’idea che un film sonoro debba essere costantemente riempito di dialoghi o musica. In molte scene, il silenzio diventa quasi opprimente, accentuando il senso di attesa e paura.

L’estetica visiva del film è altrettanto innovativa. Pur essendo stato girato dopo l’apice dell’espressionismo tedesco, M ne conserva molti elementi, come l’uso drammatico delle ombre e le inquadrature oblique. La scena in cui l’ombra di Beckert si staglia sul manifesto che denuncia i suoi crimini è un esempio perfetto di come Lang utilizzi la luce e il buio per raccontare una storia.

Hans Beckert è uno dei personaggi più complessi e memorabili del cinema. Lang lo presenta non come un semplice “mostro”, ma come un uomo divorato dalla propria follia. Questo non giustifica le sue azioni, ma rende il personaggio straordinariamente umano, creando un senso di ambiguità morale che sfida lo spettatore.

Peter Lorre, al suo primo ruolo importante, offre una performance straordinaria. La sua recitazione, caratterizzata da tic nervosi, sguardi disperati e improvvisi scoppi di emozione, trasmette il tormento interiore di Beckert in modo magistrale. Il suo monologo finale, in cui urla la propria impotenza di fronte ai suoi impulsi, è uno dei momenti più intensi mai visti sullo schermo.

M non è solo un thriller psicologico, ma anche un film che esplora temi universali come la giustizia, la responsabilità collettiva e il rapporto tra legge e moralità. La giustizia “fai da te” del tribunale popolare mette in discussione l’etica di una società che cerca vendetta piuttosto che comprensione.

Il film anticipa anche temi moderni legati alla criminologia, come il dibattito sulla responsabilità penale di chi soffre di disturbi mentali. La figura di Beckert, che si presenta come vittima della propria malattia, apre a riflessioni che vanno oltre la semplice condanna morale.

M è considerato uno dei film più influenti di sempre. Ha gettato le basi per il genere noir, con la sua atmosfera cupa e il focus su un protagonista moralmente ambiguo. La struttura narrativa, che intreccia diverse prospettive (polizia, criminali, cittadinanza), è stata ripresa da innumerevoli film successivi.

Registi come Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick e David Fincher hanno citato M come fonte di ispirazione. In particolare, il tema del serial killer e l’analisi della psicologia criminale sono diventati elementi fondamentali in molti thriller moderni.

M - Il mostro di Düsseldorf non è solo un film, ma un’opera d’arte che continua a parlare al pubblico di ogni epoca. Con la sua regia visionaria, le interpretazioni memorabili e i temi universali, rappresenta uno dei vertici del cinema mondiale. È un film che non smette mai di interrogare, inquietare e affascinare.