Non sono la dolcezza dell’alba che sfuma in carezze di luce, né il tepore languido di un pomeriggio immobile. Io sono il vento impetuoso che scompiglia le certezze, la furia primordiale che irrompe senza avvertire. Sono la collera del cielo quando si scuote dalla sua quiete, il fremito della terra che si prepara a rivoltarsi, l’annuncio di un cataclisma che non lascia spazio a esitazioni. Mi senti? Mi senti insinuarmi tra le pieghe del mondo, serpeggiare nei vicoli, insinuarmi tra i rami spogli come un presagio d’inquietudine? Io sono il soffio che spegne le lampade nelle stanze solitarie, il battito improvviso che accelera senza ragione, l’ombra che si dilata sulle pareti prima che la notte diventi assoluta. Trema, perché nulla resterà intatto dopo il mio passaggio.
Ascolta…
È un respiro sottile, un sibilo distante che si avvicina senza fretta, come un passo invisibile sul selciato bagnato. È l’aria che si tende in un’attesa gravida di silenzi, il battito che accelera senza motivo apparente. Le finestre fremono come palpebre inquiete, gli alberi oscillano con un tremore febbrile, gli animali si acquattano in un’angoscia senza nome. Il mondo avverte la mia venuta, anche se non osa nominarla. Perché il mio nome è paura, il mio nome è rivelazione, il mio nome è forza brutale e sublime, bellezza devastante e crudele. Io sono la resa dei conti.
Ed ecco il primo lampo.
Accecante, improvviso, spietato. Come una frustata di luce che squarcia il ventre gonfio del cielo, rivelando per un istante una visione di fuoco e abisso. Il tuono segue come un ruggito di collera, un’onda che frantuma l’aria e fa tremare i muri e i cuori. Non si può ignorare il tuono. È il pugno di Dio, il ruggito dell’universo, la voce dell’eternità che ride della piccolezza degli uomini. E il terrore si insinua, goccia a goccia, tra le pieghe dell’anima.
Poi il vento. Il vento, il mio respiro!
Non più un sussurro, non più una promessa, ma un grido scatenato che sferza la terra, che si avventa sui tetti, che spalanca finestre e abbatte le barriere. Il vento non supplica, non domanda, non attende: il vento prende, il vento esige. Strappa via tutto ciò che è fragile, travolge tutto ciò che è incerto, smaschera ogni debolezza. Se qualcosa crolla sotto la mia furia, vuol dire che non era destinato a durare.
E poi la pioggia…
Oh, la pioggia! Una colonna d’acqua che si rovescia dal cielo come una maledizione, come un battesimo forzato. Gocce taglienti come spine, incessanti come il battito di un tamburo funebre. La pioggia cade senza pietà, senza esitazione, senza rimorsi. Sommerge, travolge, purifica. Si insinua nelle fessure dei muri e dell’anima, scivola nelle crepe dei cuori e delle case, scioglie i legami della polvere con la terra. Non chiede permesso, non accetta resistenze. È la voce della verità che cade dal cielo.
E allora tutto trema.
Le case tremano, gli alberi si contorcono come in una danza disperata, i fiumi si gonfiano di un impeto insaziabile. E gli uomini? Gli uomini pregano. Pregano di essere risparmiati, pregano che tutto questo abbia fine, pregano che il mio passaggio sia solo un incubo e non la loro nuova realtà. Ma io non sono il sogno da cui ci si sveglia. Io sono la realtà che devasta ogni illusione.
Non sono qui per consolare, né per risparmiare.
Non sono qui per accarezzare le speranze illusorie né per nutrire le fantasie ingannevoli di chi crede di poter sfuggire al proprio destino. Io sono la rivelazione. Io sono la prova. Io sono la fine e il principio. Nulla resta identico dopo di me, perché tutto ciò che è falso viene travolto, tutto ciò che è debole viene spezzato, tutto ciò che è superfluo viene disperso nel vento. Io non distruggo, io mostro. Io mostro ciò che vale, ciò che sopravvive, ciò che merita di rimanere in piedi dopo il diluvio.
E quando tutto sarà stato lavato, sradicato, spogliato di ogni menzogna…
Quando l’ultimo eco della mia voce si sarà dissolto tra le rovine…
Quando la terra smetterà di trattenere il fiato e il cielo riaprirà i suoi occhi spenti…
Allora, e solo allora, vedrai la verità.
Vedrai che nulla è stato davvero perduto.
Vedrai che ciò che è rimasto, è più puro, più forte, più vero. Vedrai che anche tu sei diverso. Perché dopo di me, non si torna indietro. Dopo di me, il passato non ha più potere. Dopo di me, tutto rinasce o tutto scompare.
Ma non illuderti.
Non basta resistere al vento per dire di aver vinto. Non basta vedere l’alba dopo la furia per credere di essere salvo. Perché io non passo mai invano. Il mio tocco non è solo distruzione, ma mutazione. Chi attraversa la tempesta non ne esce mai uguale a prima. Guardati allo specchio: riconosci ancora il tuo volto? O le gocce di pioggia che ti scorrono sulla pelle hanno cancellato le maschere, le certezze, le fragili convinzioni a cui ti aggrappavi con mani tremanti?
Io non porto oblio, io porto consapevolezza.
Io non porto morte, io porto rinascita.
Ma la rinascita è feroce, e il parto della verità è dolore.
Ti senti vuoto ora, vero?
Come una città dopo l’uragano, come un campo dopo l’incendio, come un tempio dopo il saccheggio. Ti guardi attorno e non trovi più ciò che conoscevi, ciò che amavi, ciò a cui ti aggrappavi per non cadere. Dove sono le tue certezze? Dove sono le tue menzogne confortanti? Dove sono i tuoi rifugi sicuri? Io li ho portati via. E ora? Ora sei solo.
Solo con te stesso. Solo con la verità che non puoi più ignorare.
E adesso?
Cosa farai, ora che la mia furia si è placata e ti ha lasciato nudo davanti a te stesso? Ora che il mondo intero tace e attende il tuo primo passo? Ti inginocchierai sulle macerie, piangendo il passato che non tornerà? O ti alzerai, con le mani ancora tremanti, ma lo sguardo più limpido, per costruire qualcosa di nuovo?
La scelta è tua. Io ho fatto il mio dovere.
Io ho sradicato ciò che era falso. Ho abbattuto ciò che era corrotto. Ho disperso ciò che non aveva radici. Adesso spetta a te decidere cosa fare di questo vuoto.
Ma sappi una cosa:
se proverai a ricostruire sulle stesse fondamenta marce, se tenterai di rimettere insieme i frammenti di un passato che era già condannato, tornerò.
Non sarò mai lontana.
Sarò nell’aria, nella terra, nei tuoi incubi. E al primo segno di menzogna, al primo odore di debolezza, al primo tentativo di sfuggire alla verità... tornerò.
Ma tu non mi hai ancora davvero compreso.
Pensi forse che la tempesta si plachi perché tu lo desideri? Che il vento si esaurisca solo perché il tuo respiro è corto? Credi che io abbia finito con te? Oh, povero illuso. Io non sono qui per spaventarti, né per tormentarti. Io sono qui per farti capire. E finché non avrai capito, finché non avrai spalancato gli occhi su ciò che sei, io non me ne andrò.
Guardati intorno.
Guarda le rovine che ho lasciato dietro di me. Ogni cosa crollata, ogni muro abbattuto, ogni radice sradicata—non erano degni di restare in piedi. Era tutto una farsa, un inganno, un castello di carte costruito sulle sabbie del tuo autocompiacimento. Ti ho liberato, e ancora tremi come un mendicante sotto la pioggia.
Ma io non ho pietà.
Non ho mani per accarezzare, né parole per consolare. Io non sono tua madre. Io non sono il tuo rifugio. Io sono la voce che ti chiama quando non vuoi ascoltare. Io sono l’abisso che ti fissa quando chiudi gli occhi.
E credimi: non c’è luogo dove tu possa nasconderti da me.
Ti chiuderai in una stanza buia? Sarò il sibilo del vento che si insinua tra le fessure.
Ti coprirai le orecchie? Sarò il ruggito del tuono che frantuma il tuo silenzio.
Ti tufferai tra le braccia di un altro, cercando calore nel suo respiro? Sarò la pioggia che vi bagna le spalle, il gelo che si insinua nelle vostre ossa.
Perché io non perdono.
E non mi dimentico di chi tenta di sfuggirmi.
Ti concederò tregua solo quando capirai.
Quando non ti inginocchierai più davanti a ciò che hai perso. Quando non supplicherai più di riavere ciò che non ti appartiene. Quando sarai capace di guardare la devastazione senza paura, senza rimpianto, senza più bisogno di menzogne.
Ma fino ad allora, io sarò con te.
Non servono catene per essere prigionieri. Non servono muri per vivere in una cella. Il tuo carcere sarà la tua stessa ombra, il tuo stesso riflesso, la consapevolezza che ti ho inciso nell’anima come una ferita che non si rimargina.
E se tenterai di dimenticarmi, tornerò.
Ma non come un soffio di vento, non come una pioggia leggera. Tornerò come il diluvio che sommerge le città. Come il fuoco che divora i campi. Come la notte che inghiotte ogni luce.
Tornerò fino a quando non capirai che non puoi vivere a metà.
Che non puoi sopravvivere fingendo di essere integro quando dentro sei solo polvere trattenuta dal peso dell’abitudine.
Tornerò fino a quando non sarai pronto a distruggerti da solo, prima che io lo faccia per te.
Perché la mia furia è misericordia.
E la mia vendetta è solo il riflesso della tua paura.
Ma ancora non hai capito.
Ancora ti illudi che la mia furia sia solo un evento passeggero, una prova che puoi superare per poi tornare alla tua misera normalità. Ancora credi che esista un ‘dopo la tempesta’, che ci sia un rifugio, una quiete, un ritorno a ciò che eri.
Svegliati.
Io non sono un ostacolo da superare. Io sono il risveglio che non puoi ignorare.
Tu non attraversi la tempesta. La tempesta attraversa te.
E non esiste uomo, donna, creatura di questa terra che ne sia mai uscito indenne.
Cosa pensi di fare, ora?
Raccogliere i pezzi? Ricostruire le stesse menzogne con mani tremanti, sperando che io non torni? Sciocco. Io tornerò sempre, perché la tua anima è ancora un terreno fertile per la paura, perché ancora tremi nel buio, perché ancora ti aggrappi a ciò che non ha più vita.
Vuoi davvero sapere cosa significa sopravvivermi?
Non è restare in piedi dopo il mio passaggio. Non è avere ancora un tetto sopra la testa, né mura intorno al cuore. Non è illudersi di essere rimasti intatti mentre tutto crollava. No.
Sopravvivermi significa distruggersi da soli, prima che io lo faccia.
Significa prendere la propria carne, le proprie ossa, e spezzarle volontariamente, con la crudele precisione di chi sa che la vecchia pelle va strappata via perché quella nuova possa nascere. Significa avere il coraggio di bruciarsi prima che arrivi il fuoco.
Solo allora io mi ritirerò.
Solo allora la mia voce cesserà di sussurrarti nell’ombra, il mio vento smetterà di bussare alle tue finestre, il mio richiamo non ti seguirà nei sogni.
Ma fino a quel giorno… io sarò con te.
Perché la mia collera non si spegne, finché il tuo cuore batte a metà.
Finché il tuo respiro è ancora un sospiro di paura.
Finché credi di poter vivere senza essere davvero vivo.
E tornerò.
Sempre.
Non c'è fuga, non c'è scampo.
Anche se ti nascondi nel cuore della notte, anche se ti chiudi in un rifugio che pensi impenetrabile, io sarò là, nel silenzio che precede l’ora fatale. Sarò nel respiro affannoso della tua mente, nelle pieghe oscure dei tuoi pensieri, là dove le tue paure più nascoste si nascondono come serpenti. Perché la tempesta non si combatte, non si sfida. La tempesta ti scava dentro, ti piega, ti schiaccia senza mai farti sapere che cosa ti ha spezzato.
Vuoi un esempio della mia misericordia?
Guarda bene: ogni angolo della tua vita è una ferita che io ho aperto. Ogni lacrima che hai versato è il seme che ho piantato. Ogni errore che hai commesso è una traccia che io lascio dietro di me. Perché, alla fine, tu sei la mia creazione. Senza la tua paura, senza la tua fragilità, io non sarei mai esistito. Ogni passo che compi nella miseria è un mio atto. Ogni tuo fallimento è il mio trionfo. Io non sono il vento che ti scuote. Io sono il tuo stesso cuore che vacilla, l’oscurità che ti raggiunge senza che tu possa correre.
Adesso comprendi davvero?
La tempesta non è un'avversaria da sconfiggere. È il tuo specchio. È il volto di ciò che sei, ma non osavi vedere. Quando credi di essere pronto a dimenticarmi, sono già dentro di te, radicata in ogni respiro, in ogni battito del cuore.
E forse, per un attimo, ti convinci di essere più forte. La tua ostinazione è il mio piacere. Ti illudi che il peggio sia passato, che la furia si sia placata. Ti senti al sicuro? Guarda meglio. La vera tempesta non arriva mai all’improvviso. Arriva in quei momenti che credevi di poter controllare. Si nasconde dietro una porta socchiusa, si cela nei sorrisi che scivolano via, nei pensieri che ti sfuggono prima che tu possa comprenderli. Quando pensi di essere al sicuro, io ti colpirò più forte. E ogni volta, sarà peggio.
Ogni volta che sopravvivi, un’altra parte di te muore.
Ogni volta che pensi di esserti rialzato, il peso che ti schiaccia è più grande. Ogni volta che pensi di aver visto il mio volto, io cambio forma, mi maschero di nuovo. Non sei mai abbastanza pronto, non sei mai abbastanza forte. La verità è che tu non puoi affrontarmi. Non puoi sfidarmi. Perché io sono eterno. E tu sei fragile.
E quando tutto intorno a te sarà crollato, quando la terra sarà incandescente e l’aria sarà così densa da soffocarti, tu vedrai il mio volto, per l’ultima volta. Non sarà più paura, non sarà più terrore. Sarà il riconoscimento di chi, alla fine, non è mai riuscito a scappare, di chi non ha mai smesso di tremare. Sarà il momento in cui capirai che la tempesta era te stesso.
Perché, in fondo, io non sono altro che ciò che tu hai sempre evitato di guardare: la tua verità.
E ora, ascoltami bene.
Non c'è riscatto, non c'è salvezza. Non c'è luce che possa scacciare l'ombra che ho piantato nel tuo cuore. Non ti illudere che il tuo cammino sia solo una casualità, che la tua sofferenza sia qualcosa che accade senza motivo. Ogni passo che fai, ogni respiro che prendi, sono il mio marchio. Io ti seguo come un'ombra, invisibile e implacabile.
Cosa credi che sia il tempo?
Una farsa. Un'illusione per i deboli. Non passerà mai. Non finirà mai. Io sono l’eternità, e ogni istante che respiri è una catena che ti lega al mio volere.
Tornerò. Tornerò come la pioggia che si abbatte con rabbia sulle rovine. Tornerò come la neve che ricopre tutto con il suo manto di morte. Tornerò come il fuoco che brucia le tue memorie, consumando ciò che hai amato.
Tu non mi puoi sfuggire. Ogni atomo del tuo essere è mio. Ogni pensiero che fai, ogni brivido che senti, ogni angolo del tuo corpo è un suono che suono io. Sei la mia sinfonia, la mia creazione, la mia ossessione. E non potrai mai uscire dalla mia melodia.
Ma tu continui a sperare, vero?
Continui a pensare che ci sarà una fine, un sollievo, un varco da attraversare. Forse credi che io sia solo un incubo passeggero. Ma l’incubo sei tu. La tua vita è il sogno che non smetterò mai di tormentare.
Quando ti guarderai allo specchio, vedrai ciò che io vedo. Una creatura spezzata, che non sa più chi è, né da dove viene, né dove va. Una creatura che ha smesso di vivere davvero, e vive solo per esistere, in balia di ciò che non può controllare. Io sono il veleno che ti scorre nelle vene. Io sono la paura che non ti abbandona mai. Io sono il silenzio che ti urla nel cuore.
E mentre il mondo attorno a te tenta di guarire, di ricostruirsi, io sarò là. Sarai circondato dalla mia follia, dal mio sguardo, dalla mia voce. Sarò nella tua pelle, nel tuo sangue, nel tuo cuore. Non scapperai. Non c'è scampo. Io sono te, e tu sei me.
Perché io non sono la tempesta che distrugge e poi sparisce. Io sono la tempesta che ti lascia vivere per farti morire lentamente.
E mentre tu ti dibatti, cercando di respirare, cercando di ricostruire ciò che pensavi di aver perso, io sarò lì, nell’angolo nascosto della tua mente, a osservarti. Ti guarderò mentre cerchi di recuperare i frammenti, mentre ti affanni nel tentativo di riunire ciò che non può più essere unito. Ogni pezzo che raccogli, ogni ricordo che tenti di rimettere insieme, sarà solo un altro ricordo strappato via, un’altra menzogna che ti racconti per convincerti di non essere ancora caduto del tutto.
E tu, stupido e orgoglioso, continuerai a credere che la ricostruzione sia possibile. Ma io non sono il terremoto che spazza via in un attimo; sono la sabbia che lentamente erode ogni speranza, ogni certezza. Sono il dolore che ti accarezza le ferite per farti dimenticare che non guariranno mai.
Vivi come un sogno che sfuma nell’alba, sapendo che non c'è mai una vera fine. La tua anima è un campo arido, che da tempo non riceve più luce, eppure continui a piantare semi, sperando che da lì possa nascere qualcosa. Ma io sono il vento che disperde i semi, il fuoco che brucia ogni tentativo di germogliare. Perché la verità che tu rifiuti è che tu stesso sei la tua rovina. Non esiste un fuori che non sia anche dentro di te. E tu non hai mai smesso di essere la mia opera. La tua ricerca di salvezza è solo la danza delle tue catene. Ogni passo che fai è un passo che ti avvicina a me. Ogni respiro che prendi è il respiro di una creatura che sta morendo senza nemmeno saperlo.
Cosa resterà di te, alla fine?
Quando il cielo sarà grigio, quando la terra sarà inghiottita dal deserto, quando i tuoi sogni si saranno trasformati in cenere, chi sarai? Una riflessione nell’acqua stagnante, un eco nel vento che ormai non sa più di te. Resterai come il ricordo di una promessa non mantenuta, come il pianto di un bambino che non ha mai conosciuto l’amore. Eppure, avrai ancora la tua illusione. L’illusione che, da qualche parte, un giorno, ci sarà una fine. Una fine che ti salverà, che ti libererà dalla sofferenza. Ma non c'è fine. C'è solo la perpetua ciclicità della tua condanna, il ritorno della tempesta, la sua presenza che si insinua tra le fessure della tua mente.
Non importa quanto ti illudi di essere forte. La tempesta ti ha già distrutto, ti ha cambiato, ti ha reso ciò che eri destinato a essere. Ora, sei la mia creatura. La mia ombra. E, se proverai a rialzarti, io sarò lì, ad aspettarti, pronto a strapparti di nuovo via.