In questo contesto di rigidità sociale, un amore che non si adattava agli standard, un sentimento che si esprimeva al di fuori dei confini eterosessuali, veniva immediatamente stigmatizzato. L'omosessualità, già considerata ai margini della società, divenne un crimine, un atto di disobbedienza rispetto alla legge naturale e morale voluta dal fascismo. In una città come Catania, dove le tradizioni religiose erano fortemente radicate, vivere la propria sessualità liberamente significava esporsi a una persecuzione implacabile. A chi non si piegava alle rigide regole del regime venivano riservati trattamenti duri, ingiusti e talvolta disumani.
Fu così che 45 uomini catanesi furono arrestati, separati dalle loro famiglie, dalle loro comunità e deportati, con la sola “colpa” di essere omosessuali. L’atto di amarsi, un atto che per molti di noi oggi sembra il più naturale e universale dei sentimenti, fu considerato dal regime un delitto grave, degno di un confinamento forzato. Questi uomini, privati della loro libertà e della loro dignità, furono portati alle Isole Tremiti, un arcipelago sperduto nel Mar Adriatico, lontano dal mondo, da tutto ciò che conoscevano, e dalla possibilità di incontrare chi li avrebbe potuti comprendere. Le Isole Tremiti, con le loro spiagge desolate e le acque fredde, divennero la loro prigione, un simbolo di isolamento non solo fisico ma anche psicologico, di un amore che doveva rimanere nascosto.
Eppure, nonostante la brutalità della loro situazione, questi uomini non si piegarono mai del tutto. Nonostante il regime avesse cercato di distruggere la loro identità, la loro dignità e la loro umanità, l'amore, la loro essenza più profonda, continuò a fiorire nelle tenebre. Tra le isole, lontano dal resto del mondo, quei cuori “fuori posto” trovarono una via per sopravvivere, per costruire legami solidi, per esprimere la loro sessualità in segreto, ma con una forza incredibile. L’amore, anche nei contesti più bui, ha una forza che non può essere annientata. L'isolamento forzato, lungi dall'umiliare questi uomini, divenne uno spazio in cui l'amore, pur sotto silenzio, trovava la sua voce.
Questa storia, che meriterebbe di essere raccontata in ogni angolo della nostra memoria collettiva, è stata per troppo tempo ignorata, messa da parte e dimenticata. La persecuzione subita da questi uomini catanesi non ha trovato spazio nei libri di storia, né nelle cronache ufficiali. La loro sofferenza è stata annullata dal tempo, e l’amore che hanno vissuto è rimasto invisibile, nascosto nell'ombra di un passato che troppo spesso preferisce non vedere ciò che è scomodo. Ma oggi, grazie al lavoro della fotografa Luana Rigolli, questa parte dimenticata della nostra storia sta finalmente riemergendo, e lo fa in un modo che non può essere ignorato. Luana ha dedicato anni alla ricerca di questi uomini, alla ricostruzione della loro memoria, delle loro storie, dei loro volti. Il suo lavoro non è solo una ricerca fotografica, ma un atto di restituzione di dignità, un atto di coraggio che ci sfida a guardare al nostro passato con occhi nuovi, più consapevoli e più empatici.
Le fotografie di Luana Rigolli non sono semplicemente istantanee di un passato lontano. Sono racconti visivi, sono frammenti di vita che, nonostante il tempo e l’oblio, continuano a parlare. Ogni scatto è una testimonianza di una vita vissuta tra le difficoltà, tra l'invisibilità e l'umiliazione, ma anche tra la resistenza e il coraggio. Luana ci fa entrare nelle storie di uomini che, costretti all’isolamento e all’invisibilità, hanno saputo preservare la loro umanità e il loro diritto a vivere. La sua ricerca capillare e il suo lavoro fotografico ci offrono un’immagine viva e vibrante della resistenza umana di fronte alla violenza del regime. Ogni fotografia non è solo un ricordo di ciò che è stato, ma una memoria che si fa presente, che ci interroga e ci invita a non dimenticare.
L’appuntamento del 14 marzo, alle 18, rappresenta un momento di grande importanza. Non è solo un’occasione per riflettere sul passato, ma anche per affrontare il presente e interrogarsi sul futuro. La storia di questi uomini, le loro vite, il loro coraggio, la loro sofferenza, sono una lezione che ci riguarda tutti. La memoria storica è fondamentale non solo per non dimenticare, ma anche per imparare dalle esperienze passate, per evitare che tali ingiustizie si ripetano. Il lavoro di Luana Rigolli è una lezione che ci obbliga a guardare la realtà in faccia, a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, ma a lottare per un mondo più giusto, inclusivo, e rispettoso di tutte le identità.
In un’epoca in cui le battaglie per i diritti civili sono ancora in corso, in cui la diversità continua ad essere un tema di discussione e di conflitto, la storia di questi uomini ci mostra che l’amore è più forte di qualsiasi forza che cerchi di sopprimerlo. Ogni viso immortalato da Luana nelle sue fotografie ci ricorda che la lotta per l’identità e per la libertà di amare è una lotta che non finisce mai. È una lotta che riguarda ciascuno di noi, e che possiamo affrontare solo se abbiamo il coraggio di guardare la storia con occhi aperti.
L’incontro del 14 marzo non sarà solo un momento di riflessione, ma un’occasione per partecipare attivamente a un cambiamento culturale. È un’opportunità per unirsi a Luana Rigolli nella sua battaglia per la memoria, per costruire insieme una società in cui l’amore non conosce confini, una società che celebra la diversità, che non ha paura del “diverso”, ma lo accoglie come parte fondamentale di sé. Non possiamo più permetterci di ignorare la memoria storica di chi è stato emarginato, di chi ha sofferto e ha lottato per essere se stesso. Insieme, possiamo costruire qualcosa di bello, di inclusivo, di umano. Non mancate a questo incontro, per non dimenticare, ma per celebrare la libertà e l’amore, in tutte le loro forme.
Credit grafica: Nerolucido Design Studio
Con il patrocinio del Comune di Campobasso