Il dipinto ha un’origine curiosa e controversa. Nel 1897, Vienna ospitò una mostra etnografica all’interno del Tiergarten am Schüttel, una sorta di zoo umano in cui furono esposti 120 membri della tribù Osu, provenienti dall’Africa occidentale. Questo genere di esibizioni, oggi giustamente condannate come espressioni di colonialismo e razzismo scientifico, all’epoca suscitava un interesse morboso nel pubblico europeo. La mostra attirò circa 10.000 visitatori al giorno, tra cui diversi artisti e intellettuali. Klimt, insieme all’amico e collega Franz Matsch, realizzò una serie di studi e dipinti ispirati ai partecipanti, tra cui il principe Dowuona.
Dopo la morte di Klimt nel 1918, il ritratto passò nelle mani di Ernestine Klein, una collezionista e mecenate che con il marito trasformò l’ex studio dell’artista in una residenza privata. Tuttavia, con l’Anschluss del 1938 e la persecuzione della popolazione ebraica in Austria, la coppia fu costretta alla fuga. Le loro proprietà furono sequestrate e disperse, e dell’opera si persero le tracce.
Per anni, il dipinto rimase avvolto nel mistero. Poi, nel 2021, un collezionista privato lo presentò alla galleria W&K in condizioni precarie. Dopo un delicato restauro, il celebre storico dell’arte Alfred Weidinger confermò l’attribuzione a Klimt. Successivamente, un accordo tra la galleria e gli eredi di Ernestine Klein ha permesso di restituire l’opera e renderla finalmente visibile al pubblico.
Il ritrovamento del Ritratto di un principe africano non è solo un evento di grande rilievo per la storia dell’arte, ma anche un’occasione per riflettere sul rapporto tra l’Europa e il colonialismo nel XIX secolo. Klimt, noto per la sua sensibilità e per il suo sguardo moderno sulla femminilità e sull’eros, si trovò in un contesto in cui l’arte e l’etnografia si intrecciavano con dinamiche di potere e sopraffazione. Il dipinto, con il suo soggetto enigmatico e la tecnica vibrante tipica del Klimt pre-secessione, rappresenta una rara testimonianza di come l’artista viennese abbia guardato oltre i confini del mondo occidentale.
Oggi, l’opera riemerge con tutto il suo carico di storia e significato. La sua esposizione alla TEFAF non è solo un’opportunità di mercato, ma anche un momento di riscoperta per studiosi e appassionati d’arte, che possono ora ammirare un frammento dimenticato della produzione di Klimt e della complessa rete di rapporti culturali e politici della sua epoca.