venerdì 14 marzo 2025

"Accattone", Pasolini

"Accattone" (1961) è il primo film diretto da Pier Paolo Pasolini, un'opera che segna l'inizio della sua carriera cinematografica e al contempo esprime pienamente la sua visione sociale e politica. Il protagonista, Vittorio, interpretato da Franco Citti, è un giovane disoccupato e senza speranza che vive ai margini della società romana. Vive sfruttando la miseria altrui, ma l'incontro con una giovane donna, Maddalena, lo spingerà a confrontarsi con un cambiamento che, però, non arriverà mai davvero.

Il film è spesso visto come una riflessione sulla povertà, sull'emarginazione e sulla disperazione, ma anche sulla condizione di chi non ha accesso a nessuna forma di riscatto. Pasolini, con il suo stile crudo e realistico, dipinge un ritratto senza filtri di una parte della società italiana che era ancora marginale e invisibile all’epoca. L'uso del dialetto romano e la scelta di attori non professionisti rendono ancora più potente il realismo del racconto, creando un contrasto drammatico con la visione romantica o idealizzata che si potrebbe avere della povertà.

"Accattone" è anche un'opera in cui Pasolini esplora la sua personale ricerca di un nuovo linguaggio cinematografico, lontano dalle convenzioni del cinema mainstream, che lo renderà sempre più celebre per la sua capacità di mescolare il sociale con il filosofico. Il film segna un punto di partenza per una carriera che si svilupperà in una continua analisi del corpo, della cultura popolare, e delle contraddizioni dell'Italia.

Nel proseguire la riflessione su Accattone, è essenziale notare come Pasolini utilizzi il film per mettere in discussione le strutture sociali e le dinamiche di classe in un'Italia in rapida trasformazione. La figura di Accattone rappresenta l'ultimo anello di una catena di miseria e abbandono, simbolo di un'intera classe sociale che vive ai margini, completamente priva di prospettive. La sua vita è scandita dalla spietata necessità di sopravvivere in un ambiente che non offre nessun tipo di salvezza, né morale né materiale.

Questa visione di "realtà cruda" è accentuata dalla scelta di Pasolini di lavorare con attori non professionisti. Franco Citti, che interpreta Accattone, non è un attore tradizionale, ma uno dei ragazzi del borgo che Pasolini aveva incontrato durante le sue ricerche sul campo. La recitazione, perciò, non ha la levigatezza del cinema commerciale, ma porta con sé l'autenticità di chi vive le stesse esperienze dei personaggi. Questo conferisce un senso di immediatezza e verità che amplifica il messaggio sociale del film.

Dal punto di vista stilistico, Accattone è un film che gioca sulla contrapposizione tra la durezza del contesto e la bellezza formale delle immagini. La Roma di Pasolini non è quella turistica o ideale, ma una città grigia e sporca, popolata da figure che sembrano evadere dalla miseria solo attraverso il sogno o il delirio. Tuttavia, proprio in questo scenario desolato, Pasolini riesce a catturare momenti di bellezza visiva, spesso attraverso le composizioni formali delle inquadrature e l'uso simbolico del paesaggio urbano.

Un altro aspetto che Pasolini esplora nel film è la relazione tra il corpo e la violenza sociale. Le scene di violenza fisica non sono mai gratuite, ma rappresentano il modo in cui il corpo di Accattone viene segnato dalla sua esistenza nell'emarginazione. La povertà e l'isolamento non sono solo emotivi o psicologici, ma si traducono in una violenza che permea l'intera esistenza, dai rapporti interpersonali fino al contatto diretto con la brutalità delle forze dell'ordine.

In sintesi, Accattone non è solo un film sulla povertà, ma una riflessione profonda sull'umanità, sull'impossibilità di fuga da un destino segnato dalla miseria, e sulla lotta per un'autoaffermazione che, purtroppo, sembra sempre destinata al fallimento. È un'opera che ha segnato l'inizio di una lunga carriera di Pasolini come regista e intellettuale impegnato, ma anche un film che resta una delle vette del cinema neorealista, sia per il suo contenuto che per la sua forma innovativa.

Proseguendo, è fondamentale osservare che Accattone non si limita ad essere un'opera di denuncia sociale, ma si trasforma anche in una riflessione sulla condizione umana, sulla lotta interiore del protagonista, che cerca disperatamente una via di uscita dalla sua condizione di marginalità, senza riuscirci mai pienamente. La figura di Accattone diventa un simbolo dell'individuo che vive in un continuo stato di conflitto, non solo con la società che lo circonda, ma anche con se stesso.

Pasolini, in questo senso, costruisce un personaggio che non ha coscienza della sua condizione, un uomo che tenta di eludere la realtà, illudendosi di poter sfuggire alla miseria attraverso piccole trasgressioni e inganni. Tuttavia, ogni sua azione sembra essere un ulteriore passo verso un vuoto esistenziale dal quale non riesce a sottrarsi. Il suo sogno di un futuro migliore – un ideale quasi infantile di redenzione attraverso l'amore o il denaro – si infrange contro una realtà che lo schiaccia, e questa continua frustrazione dà vita a una spirale di auto-distruzione che è al centro della tragedia del film.

L'elemento dell'ineluttabilità del destino di Accattone è trattato in modo quasi poetico. Nonostante il suo desiderio di cambiare, le sue azioni non lo portano mai a un cambiamento reale. La sua vita scorre in un circolo vizioso fatto di illusioni, sconfitte e tentativi falliti. Pasolini usa la figura del protagonista per criticare una società che non offre possibilità di redenzione, dove l'individuo è condannato dalla sua classe sociale e dalle sue circostanze a un destino segnato. La miseria, tanto materiale quanto psicologica, si trasforma in una condizione inevitabile e totale.

L'ambientazione romana, con i suoi vicoli, le piazze abbandonate e le periferie degradate, è altro protagonista del film. Roma non è un semplice sfondo, ma un personaggio che contribuisce attivamente alla narrazione. Le strade grigie e vuote diventano il teatro dove si consumano le esistenze dei protagonisti. La città, come la vita di Accattone, è un labirinto da cui non c'è via di uscita. La scelta di Pasolini di filmare con una macchina a mano, di utilizzare una fotografia che cattura il grigiore urbano, accentua il senso di prigionia e alienazione. Non c’è spazio per la speranza in quella Roma, solo per la sopravvivenza quotidiana.

A un livello più profondo, Accattone è anche una meditazione sulla colpa e sulla redenzione. Il protagonista, purtroppo, sembra incapace di raggiungere una vera consapevolezza del suo errore e del suo fallimento. Questo gli impedisce di trovare una via di uscita dal suo stesso inferno, e la sua storia si conclude senza un vero cambiamento. La sua morte, alla fine, rappresenta la fine di una lotta che non ha mai avuto la forza di cominciare davvero.

Inoltre, la tensione tra il desiderio di affermazione e l’impossibilità di raggiungere un riscatto diventa un tema ricorrente nell’opera di Pasolini. La ricerca di una dignità, di una possibilità di affermarsi come individuo all'interno di una società che non ha mai dato voce a chi vive ai margini, è un tema che verrà esplorato anche in molti dei suoi lavori successivi. Ma in Accattone, questa ricerca si conclude con un'amara constatazione: la società non concede nessuna forma di giustizia sociale, e chi si trova ai margini è destinato a vivere in una condizione di eterna invisibilità.

In conclusione, Accattone non è solo un film su un uomo e la sua lotta per la sopravvivenza, ma è un film che interroga le strutture della società italiana e i limiti dell'individuo all'interno di essa. È un’opera complessa, che non offre risposte facili, ma spinge lo spettatore a confrontarsi con le contraddizioni del mondo moderno, con le sue ingiustizie e le sue frustrazioni. La sua forza sta proprio nell’impossibilità di una facile risoluzione, nell’assenza di un finale consolatorio. Pasolini ci lascia con un senso di desolazione, ma anche con una potente sensazione di verità, che rimarrà uno dei tratti distintivi del suo cinema e della sua visione del mondo.

Un altro aspetto rilevante di Accattone è l'introduzione della tensione tra sacro e profano, un tema che Pasolini esplorerà in modo sempre più incisivo nel corso della sua carriera. In questo primo film, infatti, c'è un continuo contrasto tra il desiderio di redenzione e la realtà delle azioni di Accattone. Il suo sogno di amore e di un futuro migliore si mescola costantemente con la violenza, la disperazione e l'indifferenza. Pasolini costruisce una sorta di "sacro profano" attraverso le esperienze del protagonista, che cerca attraverso l'amore e il contatto umano una via di salvezza, ma che, di fatto, non fa altro che ripetere i suoi stessi errori.

L’immagine del corpo, tanto centrale nel cinema di Pasolini, è già presente in Accattone come un elemento di resistenza e di alienazione. Il corpo di Accattone è il simbolo del suo destino: brutto, segnato dalla miseria e dalla violenza, è l’espressione della sua condizione sociale. Ma è anche un corpo che cerca disperatamente di vivere, di godere della sua esistenza anche se sa che, in fondo, non ha nulla da offrire a chi lo circonda. La sua sessualità, come gli altri aspetti della sua vita, è un tentativo di affermare un'esistenza, di far sentire la propria presenza, ma sempre in una forma che rimane vuota e senza significato.

Il tema della violenza, in particolare, emerge non solo come un atto fisico, ma anche come un’ingiustizia morale che attraversa ogni relazione umana nel film. Non c’è spazio per una giustizia che vada oltre il sangue o la sopraffazione. Il rapporto tra Accattone e Maddalena, per esempio, non è quello di un amore vero, ma piuttosto di una lotta per l'affermazione del proprio potere, anche nelle forme più disfunzionali. Maddalena, pur nella sua apparenza di figura innocente, è anch'essa vittima di una società che l'ha ridotta a un oggetto di desiderio e sfruttamento.

Pasolini riesce a creare un'atmosfera in cui la speranza sembra sempre presente ma impossibile da raggiungere. Il personaggio di Accattone, pur cercando in ogni modo di cambiare la propria condizione, si scontra continuamente con la propria incapacità di evolversi. Il suo desiderio di un amore vero, di una via di uscita dalla miseria, viene sempre vanificato dal suo stesso comportamento autodistruttivo e dalla realtà che lo circonda.

La morte del protagonista non è, dunque, solo un finale narrativo, ma il compimento della sua condizione di “eroe tragico”, condannato dalla sua stessa incapacità di riconoscere la realtà e la sua posizione all'interno di essa. La sua fine, mentre segna la conclusione della sua esistenza fisica, rappresenta anche il fallimento di un'intera visione del mondo che Pasolini critica con forza: un mondo che non offre via di scampo per coloro che sono stati gettati ai margini, un mondo che non permette all'individuo di riscattarsi se non attraverso una lotta futile.

Il film, così come tutta l'opera di Pasolini, non è mai mera denuncia, ma sempre una riflessione filosofica, antropologica e politica. Pasolini è un intellettuale che non si limita a osservare e descrivere, ma a interpellare lo spettatore, chiedendo di riflettere su quelle contraddizioni che sono alla base della società moderna. Accattone diventa così un’opera in cui la realtà sociale si intreccia con una visione del mondo che rifiuta ogni tipo di rassegnazione. Nonostante il fallimento del protagonista, Pasolini sembra suggerire che l’individuo, pur condannato, non deve mai smettere di cercare, anche se quella ricerca non ha una fine apparente.

In sintesi, Accattone è un’opera che non smette mai di stimolare il pensiero, di mettere in discussione le strutture sociali, ma anche le possibilità individuali di cambiamento. La sua forza risiede nella sua capacità di restituire una visione del mondo dura e senza compromessi, eppure umana e profondamente radicata in un’analisi sociale che rimane incredibilmente attuale. Pasolini ci invita a confrontarci con le nostre stesse contraddizioni, a non arrenderci di fronte all’ingiustizia, ma anche a riconoscere i limiti di quella stessa lotta.

Proseguendo, un ulteriore livello di lettura di Accattone può essere trovato nell'analisi della relazione tra il film e le altre opere di Pasolini, in particolare riguardo alla sua concezione del "popolo". Pasolini, fin dal suo esordio nel cinema, è stato molto attento a come la classe operaia e le classi subalterne venivano rappresentate nei media e nella cultura ufficiale. In Accattone, non solo critica la condizione sociale dei poveri, ma si avventura anche nella difficoltà di rappresentare l'autenticità della vita di strada senza cadere nel paternalismo o nella distorsione idealizzata.

In effetti, Pasolini cerca di sottrarsi all’immagine della "vittima" che la cultura dominante tende ad attribuire a chi vive in condizioni di povertà. In Accattone, i personaggi non sono vittime passive, ma esseri umani complessi, pieni di difetti e contraddizioni. Accattone non è un santo né un eroe, è un uomo che sopravvive, che si aggrappa alla sua identità di "accattone" – un termine che nel dialetto romano ha una connotazione di furbizia, di astuzia, di chi vive sfruttando la generosità o la debolezza altrui. Questo lo rende un personaggio ambiguo, né completamente positivo né completamente negativo, ma assolutamente umano nella sua miseria.

Il film sembra voler scardinare l’immagine romantica e distorta della povertà che spesso caratterizzava altre narrazioni sociali dell'epoca, dipingendo una realtà più cruda, ma altrettanto reale. Pasolini ci mette di fronte a un’umanità che non cerca redenzione attraverso l’eroismo o l’altruismo, ma che vive, semplicemente, nell’orrore della sopravvivenza quotidiana. Qui sta la sua grande forza: il regista non cerca di esaltare i suoi protagonisti o di farne oggetti di compassione, ma di mostrarli nella loro verità, con tutte le loro contraddizioni, imperfezioni e incapacità di cambiar vita.

Un altro tema che emerge con forza in "Accattone" è il senso di alienazione e solitudine. La Roma di Pasolini non è solo uno sfondo, ma un personaggio in sé, una città che non offre né consolazioni né speranze. I personaggi del film sembrano completamente isolati, sia tra loro che dalla società che li circonda. Le loro vite sono segnate dalla frustrazione, dalla violenza e dall'impossibilità di formare legami significativi. Accattone cerca un contatto umano, ma i suoi tentativi sono sempre destinati a fallire, proprio perché la sua condizione lo rende incapace di entrare in una vera relazione con gli altri.

La sua storia con Maddalena, per esempio, non è una storia d'amore, ma un gioco di manipolazioni, sfruttamenti e illusioni. Accattone non riesce a vedere Maddalena come una persona, ma solo come un mezzo per sfuggire alla sua miseria. Quando il suo sogno di un cambiamento viene infranto dalla realtà, la sua reazione è quella di sfuggire ancora, senza affrontare il proprio fallimento. Maddalena, dal canto suo, non è una figura puramente passiva; anche lei è vittima, ma le sue scelte e il suo rapporto con Accattone sono segnati dalla sua stessa incapacità di sfuggire a una vita che sembra non offrire nulla di diverso.

La solitudine esistenziale che permea il film è esemplificata anche dalla scelta stilistica di Pasolini. Il regista, infatti, non si limita a raccontare la storia di Accattone, ma crea un ambiente che riflette il vuoto interiore dei suoi personaggi. Le inquadrature, lunghe e statiche, contribuiscono a creare un'atmosfera di stasi, come se il tempo stesso si fosse fermato. Non c'è movimento verso un futuro migliore, solo una ripetizione incessante di azioni vuote, come se i protagonisti fossero intrappolati in un circolo vizioso dal quale non c'è via di uscita.

Il film non si limita a descrivere la povertà, ma la rappresenta come una condizione esistenziale che permea ogni aspetto della vita dei suoi protagonisti. In questo senso, "Accattone" è anche un film profondamente filosofico, in cui il regista interroga il destino umano, la libertà dell'individuo e la possibilità di emancipazione. Pasolini, attraverso il suo stile, suggerisce che la condizione sociale e le circostanze individuali sono inestricabili, e che l'individuo non può liberarsi dalla sua condizione se non attraverso una presa di coscienza che, nel caso di Accattone, non avverrà mai.

Il finale di "Accattone", che segna la sua morte violenta, non è tanto un atto di redenzione, ma una chiusura tragica di un ciclo che non ha mai avuto la possibilità di evolversi. Accattone non ha mai trovato il modo di cambiare, di liberarsi dal suo destino, e la sua morte diventa una tragica conferma dell’impossibilità di sfuggire a una realtà che lo sovrasta.

"Accattone" è un film che sfida le aspettative dello spettatore, rifiutando facili soluzioni e rimanendo fedele alla sua visione del mondo: un mondo in cui la miseria, la solitudine e la violenza sono i tratti distintivi dell’esistenza umana, ma dove, anche in mezzo a tutto questo, c'è spazio per una riflessione profonda sulla condizione dell’uomo. Il film non ci offre risposte consolatorie, ma ci costringe a confrontarci con la durezza della realtà e con la complessità delle scelte umane.

Aggiungendo ulteriori riflessioni, è interessante anche considerare come "Accattone" segni il primo passo nella realizzazione del cinema "pasoliniano", che in seguito si caratterizzerà per un mix unico di attivismo politico e analisi antropologica. Pasolini, in questo film, comincia a tracciare una linea che condurrà alla sua successiva esplorazione delle tensioni tra il sacro e il profano, il passato e il presente, la purezza e la corruzione. Questi temi diventano centrali nelle sue opere successive, ma qui li vediamo manifestarsi in modo crudo, nella lotta di un uomo per la sua dignità, purtroppo destinata al fallimento.

Un aspetto fondamentale di "Accattone" è anche la sua critica alla società capitalista in ascesa, che Pasolini vede come una forza che disumanizza, riducendo l'individuo a un puro consumatore, un elemento della macchina produttiva. Accattone, che si aggira tra i vicoli di Roma, non è solo un "accattone" in senso letterale, ma un simbolo di tutti coloro che sono esclusi dal sistema. Il suo vivere alla giornata, la sua mancanza di un futuro concreto, riflettono una società che non solo ignora i poveri, ma li definisce inutili e irrilevanti. Pasolini, infatti, non critica semplicemente la povertà come una condizione individuale, ma denuncia un sistema che crea e perpetua questa condizione, un sistema che sfrutta e marginalizza, senza mai offrire soluzioni.

Dal punto di vista estetico, Accattone si distingue anche per l'uso innovativo della fotografia, che gioca un ruolo cruciale nel definire l'atmosfera del film. Il bianco e nero, scelto per enfatizzare il realismo e la durezza dell'ambientazione, non è mai decorativo, ma funzionale alla narrazione. Le ombre e i contrasti, le luci che si fanno più intense nei momenti di solitudine o di riflessione del protagonista, sono scelte stilistiche che contribuiscono a dare forma visibile a un'esperienza interiore di alienazione e smarrimento. Il paesaggio urbano di Roma, invece di essere una cornice neutra, diventa un luogo vivo, palpabile, che dialoga costantemente con i personaggi, influenzandone le azioni, e, a sua volta, subendo le loro stesse deformazioni.

La recitazione degli attori non professionisti – in particolare Franco Citti, che interpreta Accattone – assume una dimensione fondamentale. La scelta di Pasolini di utilizzare volti veri, che non appartengono al cinema tradizionale, rafforza l'impressione di un racconto che non ha nulla di artificioso. La recitazione naturale, a tratti quasi "grezza", esprime un'autenticità che sarebbe difficile da ottenere con attori professionisti. L’interpretazione di Citti è uno dei punti di forza del film, capace di trasmettere, con poche parole e molti silenzi, il conflitto interiore del protagonista e la sua totale impotenza di fronte alla vita che gli è stata imposta.

L’aspetto quasi "documentaristico" del film – non solo per la presenza di attori non professionisti, ma anche per la scelta di ambienti reali e non costruiti, per la direzione della fotografia che non enfatizza ma piuttosto restituisce la grigia realtà urbana – contribuisce a creare un senso di immediatezza, di "verità". Questa scelta estetica non è solo un modo per raccontare la miseria di un determinato ambiente, ma diventa anche un mezzo per mostrare la brutalità e la disperazione di un intero sistema sociale che sembra aver rinunciato alla possibilità di riformarsi.

La povertà e l’emarginazione che Pasolini dipinge non sono mai ridotte a una mera condizione sociale, ma si caricano di una valenza simbolica: sono il risultato di un modello di società che schiaccia gli individui, riducendoli alla loro mera funzione economica e allontanandoli dalla loro dimensione umana. In Accattone, la miseria non è solo materiale, ma soprattutto esistenziale, e i personaggi del film vivono in un vuoto che si riflette in ogni aspetto delle loro esistenze, dai legami interpersonali alla concezione di sé.

La solitudine che accerchia Accattone e gli altri protagonisti è, dunque, una solitudine sistemica, che ha radici nella struttura della società. Pasolini ci mostra un mondo in cui, al di là delle relazioni di potere e sfruttamento, le persone sono separate le une dalle altre da barriere invisibili, ma molto concrete. L’impossibilità di comunicare, di costruire una relazione autentica, è uno dei temi centrali del film. La storia di Accattone è, quindi, una storia di fallimento, non solo per lui come individuo, ma anche per una società che non riesce a "vedere" o a "sentire" chi è ai margini, costringendo tutti a vivere in un isolamento che si riflette nei corpi, nelle parole, negli sguardi.

"Accattone" è un’opera che non si limita a rappresentare la povertà, ma la interroga, la decostruisce e la trasforma in una riflessione più ampia sulla condizione umana e sociale. Pasolini non offre facili soluzioni o risposte consolatorie, ma invita lo spettatore a guardare in faccia la durezza del mondo, a confrontarsi con una realtà che è difficile da accettare e che, purtroppo, resta incredibilmente attuale. Il film, con la sua visione disincantata, ci costringe a riflettere sulla condizione dell’uomo in un mondo in cui la miseria non è solo fisica, ma anche spirituale, culturale, e politica.

Un altro aspetto importante da considerare in "Accattone" riguarda la figura del regista come "osservatore esterno", che ha il potere di mettere in luce la vita dei suoi personaggi senza mai realmente "entrare" in essa. Pasolini non si limita a raccontare la vita di Accattone, ma la osserva da una distanza che accentua la sensazione di alienazione, come se lui stesso fosse un intruso in questo mondo che descrive con tanta precisione. Questa distanza non è un atto di distacco, ma piuttosto un modo per forzare lo spettatore a confrontarsi con la realtà senza mediazioni, senza una visione idealizzata.

Il regista, pur essendo molto critico nei confronti della società che descrive, non si pone mai in una posizione moralistica, ma anzi sembra volerci invitare a un'analisi più profonda, senza facili censure. Pasolini non offre un giudizio netto su Accattone e gli altri personaggi, ma li presenta nella loro umanità complessa, priva di qualsiasi edulcorazione. Il film non li idealizza né li demonizza: li lascia esistere nella loro condizione, permettendo allo spettatore di formare il proprio giudizio.

Questa posizione "neutra" si riflette anche nel modo in cui Pasolini manipola la temporalità nel film. Non c'è un andamento lineare del tempo, ma piuttosto un senso di sospensione, come se la vita dei personaggi non fosse mai davvero in grado di evolversi. Il passato, il presente e il futuro si mescolano, mentre i personaggi sono condannati a vivere in un eterno presente, bloccati in una condizione che non offre possibilità di cambiamento. Pasolini, con le sue scelte stilistiche, ci invita a vedere l'impotenza dei protagonisti, che vivono in un "qui e ora" che non lascia spazio per i sogni, per le illusioni o per una reale speranza.

La figura di Accattone, quindi, assume anche un significato più ampio, diventando un simbolo dell’impossibilità di cambiamento in una società che, purtroppo, non riesce a offrire vie di fuga ai suoi emarginati. Il suo tentativo di "fuggire" dalla sua condizione, attraverso il sogno di un amore che lo redima, è, paradossalmente, ciò che lo condanna. Il sogno di un futuro diverso diventa un'illusione, che lo porta a vivere in modo sempre più disilluso e autodistruttivo. Pasolini sembra voler dirci che la speranza, in un mondo come quello di "Accattone", è un lusso che non possiamo permetterci, perché il sistema stesso non permette alcuna possibilità di riscatto.

Un'altra chiave di lettura di "Accattone" riguarda la rappresentazione della religione e della spiritualità. Nonostante il film non sia esplicitamente religioso, la figura di Accattone e il suo rapporto con Maddalena evocano una sorta di "passione" laica, in cui il dolore e la sofferenza dei personaggi sembrano assomigliare a un sacrificio senza redenzione. L'amore che Accattone cerca di costruire con Maddalena non è un amore purificatore o salvifico, ma un tentativo di fuga dal dolore, una ricerca di un contatto umano che rimane sempre parziale, mai pienamente realizzato. In questo senso, il film potrebbe essere letto come una riflessione sulla difficoltà di trovare una vera redenzione in un mondo che sembra condannato a perpetuare le sue ingiustizie.

Pasolini, attraverso questa dinamica, porta avanti una critica alla religione tradizionale, che spesso viene vista come una consolazione per i poveri, ma che nel suo film non ha alcuna possibilità di offrire un reale conforto. La spiritualità che emerge in "Accattone" è un atto disperato, una ricerca che rimane insoddisfatta e, in fin dei conti, inutile. La morte del protagonista non diventa un passaggio verso una salvezza, ma piuttosto una fine che non lascia spazio a nessuna speranza.

La critica di Pasolini alla religione e alla moralità convenzionale si estende, in modo più generale, a tutte le istituzioni che dominano e regolano la vita degli individui: la famiglia, il lavoro, l'istruzione, la legge. In "Accattone", ogni tentativo di resistenza alle regole sociali viene immediatamente cooptato dalla stessa struttura che dovrebbe opporsi. Il sistema è talmente radicato che sembra impossibile per i protagonisti cambiare la propria condizione, nemmeno attraverso la ribellione o il rifiuto delle norme.

Anche se "Accattone" può essere letto come una denuncia delle ingiustizie sociali e una riflessione sulla condizione della classe proletaria, la sua grandezza sta nel fatto che Pasolini non fornisce facili risposte. Il film non si limita a raccontare la miseria, ma ne esplora le radici più profonde, chiedendosi come sia possibile rompere un ciclo che sembra non lasciare via di scampo. Il suo finale tragico non è solo la morte di un uomo, ma la morte di una speranza che non ha mai avuto la possibilità di germogliare. La condizione di Accattone è quella di tutti coloro che vivono ai margini, condannati a una vita di solitudine, violenza e dolore, senza mai poter accedere a una reale possibilità di cambiamento.

In definitiva, "Accattone" è un film che non si limita a raccontare una storia di povertà, ma interroga la nostra visione della società, della giustizia e della possibilità di redenzione. Pasolini ci costringe a riflettere sulla disumanizzazione del sistema, ma lo fa senza cadere nel pietismo o nella condanna moralistica. Il film è un invito a guardare in faccia una realtà difficile, ma allo stesso tempo è un potente grido contro l’indifferenza e la rassegnazione.