L’astro luminoso di Oscar Wilde: genio, dandy, ribelle
Oscar Wilde non fu soltanto un grande scrittore, ma un fenomeno culturale, una forza della natura che sconvolse il panorama letterario e sociale della sua epoca. Nato a Dublino nel 1854, si distinse fin da giovane per la sua intelligenza straordinaria e il suo talento nell’affascinare chiunque lo ascoltasse. A Oxford, dove studiò, si immerse nel culto dell’estetismo, assorbendo le teorie di Walter Pater e John Ruskin, e sviluppando l’idea che la bellezza fosse l’unico vero scopo dell’esistenza.
Con i suoi modi affettati, le giacche di velluto e i gigli portati all’occhiello, Wilde si impose rapidamente come una delle personalità più riconoscibili della Londra fin de siècle. Conquistò i salotti, fece parlare di sé con la sua brillantezza verbale e le sue frasi taglienti, e divenne in breve tempo un’icona della mondanità. Ma non era solo una figura pittoresca: era un autore straordinario.
I suoi scritti, che spaziano dalla poesia ai romanzi, dalle fiabe alle commedie teatrali, sono ancora oggi considerati tra i capolavori della letteratura inglese. Il ritratto di Dorian Gray, il suo unico romanzo, è una riflessione inquietante sul culto dell’eterna giovinezza e sul prezzo della corruzione morale. Le sue opere teatrali, come L’importanza di chiamarsi Ernesto e Un marito ideale, sono perfette macchine comiche in cui la satira sociale si intreccia con giochi di parole irresistibili e dialoghi fulminanti.
Ma il talento non bastava a proteggerlo da una società che, sotto l’apparenza del progresso, nascondeva un’anima profondamente repressiva e ipocrita. La Londra vittoriana ammirava il suo ingegno, ma non era pronta ad accettare la verità della sua vita privata.
L’incontro con Lord Alfred Douglas: passione e tragedia
L’incontro con Lord Alfred Douglas nel 1891 segnò l’inizio della fase più intensa e distruttiva della vita di Wilde. Bosie, come veniva affettuosamente chiamato, era un giovane aristocratico di straordinaria bellezza, con capelli biondi e occhi verdi, un’aria al tempo stesso angelica e capricciosa. Aveva ventun anni ed era figlio del potente e autoritario Marchese di Queensberry.
Douglas era poeta, sebbene il suo talento fosse più modesto di quello di Wilde, e condivideva con lui la passione per la letteratura, il lusso e la bellezza. Ma era anche viziato, volubile e incline agli eccessi. La loro relazione si rivelò sin dall’inizio tempestosa: momenti di adorazione si alternavano a liti furiose, fughe romantiche a esplosioni di rabbia.
Bosie trascinò Wilde in un vortice di piaceri sfrenati, tra cene sontuose, soggiorni in hotel di lusso e incontri con giovani uomini di dubbia reputazione. Wilde, che fino a quel momento aveva vissuto i suoi amori in modo più discreto, si lasciò travolgere dall’impulsività del giovane. Ma più si abbandonava a questa relazione, più si avvicinava alla rovina.
Il Marchese di Queensberry: l’uomo che distrusse Wilde
Il padre di Bosie, il Marchese di Queensberry, non era uomo da accettare passivamente lo scandalo. Brutale, autoritario e noto per il suo carattere irascibile, era l’inventore delle moderne regole del pugilato e incarnava un’idea di mascolinità rigida e violenta. Scoprire che il figlio fosse coinvolto in una relazione con Wilde lo gettò in una furia incontenibile.
Tentò in tutti i modi di separare i due amanti. Scrisse lettere minacciose a Wilde, cercò di corrompere domestici affinché spiassero i loro incontri, e infine decise di umiliare pubblicamente lo scrittore.
Nel febbraio del 1895 lasciò un biglietto presso l’Albemarle Club, dove Wilde era solito recarsi, con la scritta:
“Oscar Wilde, posing as a somdomite”
(Con l’errore di ortografia che rendeva la frase ancora più grottesca.)
Bosie, furioso per l’offesa, convinse Wilde a intentare causa per diffamazione contro il padre. Una decisione fatale.
Il processo: l’inizio della fine
Il processo si trasformò rapidamente in una trappola per Wilde. Il Marchese di Queensberry, con l’aiuto dei suoi avvocati, riuscì a dimostrare che l’accusa era fondata: furono portate in tribunale lettere d’amore scritte da Wilde a Bosie, testimoni parlarono di incontri segreti con giovani uomini, e la sua stessa opera Il ritratto di Dorian Gray fu usata contro di lui come prova di un’estetica decadente e moralmente corrotta.
Quando gli fu chiesto di spiegare il significato dell’amore tra uomini, Wilde rispose con una frase memorabile:
“L’amore che non osa dire il suo nome è quell’amore profondo, spirituale, affettuoso, che esiste tra un uomo anziano e un giovane, come esisteva tra David e Gionata, come Platone lo descrisse nei suoi dialoghi, come Michelangelo e Shakespeare lo vissero. È quell’amore che è così puro, così perfetto, che la società lo condanna perché non riesce a capirlo.”
Parole meravigliose, ma inutili davanti a una giuria determinata a punirlo. Wilde perse il processo, e la sua stessa querela divenne la sua condanna.
Nel maggio 1895 fu riconosciuto colpevole di gross indecency (atti osceni) e condannato a due anni di carcere e lavori forzati.
La prigione e l’esilio: l’uomo che aveva tutto perde tutto
La detenzione distrusse Wilde. Abituato al lusso e alla raffinatezza, si trovò a vivere in condizioni disumane, sottoposto a lavori durissimi, privato di libri e di contatti con il mondo esterno. Il trattamento in carcere lo rese fragile e malato.
Scrisse De Profundis, una lunga lettera a Bosie, in cui ripercorreva la loro storia, l’amore, il dolore e la delusione. Quando finalmente fu rilasciato, nel 1897, era un uomo finito.
Esiliato in Francia, visse in povertà, cambiò il suo nome in Sebastian Melmoth e trascorse gli ultimi anni tra piccoli alloggi e vagabondaggi. Bosie lo raggiunse brevemente, ma la loro relazione era ormai segnata dalla sofferenza.
Il 30 novembre 1900, Wilde morì a Parigi, solo e abbandonato, in una squallida stanza d’albergo. Si racconta che le sue ultime parole siano state:
“O se ne va quella carta da parati, o me ne vado io.”
L’eredità di Wilde: il trionfo postumo
Se in vita fu perseguitato, dopo la morte divenne un’icona. Oggi Wilde è celebrato come uno dei più grandi scrittori della letteratura inglese e come un simbolo della lotta per i diritti LGBTQ+.
La sua tomba, al Père-Lachaise di Parigi, è meta di pellegrinaggi. Su di essa, un epitaffio tratto da The Ballad of Reading Gaol:
“E tutti gli uomini uccidono ciò che amano,
ma non tutti lo devono poi piangere.”
Oscar Wilde fu ucciso da un’epoca che non era degna di lui. Ma il tempo gli ha restituito giustizia.