1.
Allora il salotto, da questo momento,
su mio consiglio, si dilata e spinge
le mura ad avanzare lentamente,
a farsi aria, respiro, vasto abbraccio,
un cuore che si tende e si ritrae,
come se il sangue vi pulsasse dentro,
come se un vento arcano lo animasse
e un'eco senza voce lo invocasse,
vibrazione segreta, tremito d’ombra
che scorre tra i contorni della luce,
un brivido che sfiora la materia
e ne distorce il saldo equilibrio,
dissolvendo il confine tra i corpi,
tra il visibile e l’assente, tra il solido
e il sogno che lo avvolge e lo divora.
2.
L’aria si muove come un’onda lenta,
un palpito che vibra tra le cose,
sfiorando con il passo dell’incerto
i bordi incerti della percezione.
La luce si contorce in filamenti,
le ombre si allungano sui muri,
sussurrano tra loro, si dissolvono,
ritornano, si piegano e si spezzano
come il riflesso d’un pensiero oscuro
sulle vetrate d’un tempio in rovina.
3.
Per un istante trema nell'attesa,
col fiato greve d'un pensiero oscuro,
e cerca fuori il volto della notte,
i segni di un passaggio, le ombre stanche
di corpi trasognati alla deriva,
ombre che sfiorano i muri e si frangono
come schiuma sottile sulla pietra,
orme leggere d’anime svanite
che la polvere inghiotte e poi disperde.
La strada, sotto il peso della luna,
pare inghiottire l'ombra della porta,
mentre le imposte cedono all'assalto
di un’aria febbrile, quasi ansimante.
Sussurra il vento un verso sconosciuto,
un nome sprofondato nella polvere,
un riso sepolto dal tempo e dall’ombra,
una memoria in preda al suo naufragio.
Là fuori il mondo esiste e si contorce,
tra le finestre mute e i passi lenti,
tra i lampioni sfiniti e il loro lume,
che tremola e si spegne nella nebbia.
4.
Le pareti si ergono tremanti
contro il rosso più rosso, il viola acceso,
contro l’azzurro, il più feroce abisso,
dove la luce in preda a un cieco ardore
torce se stessa e intaglia la materia,
incide il buio come un segno d’ombra
che il tempo sfoglia e il vento poi disperde.
Il giallo brucia e il nero si contorce,
s’apre un varco violento nel colore,
un vortice segreto, un occhio cieco
che guarda senza sguardo, senza tregua,
un urlo soffocato tra le fiamme
di un quadro mai dipinto, mai veduto.
I colori si sfidano e si mescolano,
affilano i contorni, li cancellano,
scavano nel profondo delle cose
cercando un nuovo nome, una certezza.
Ma il nome si dissolve prima ancora
che possa essere detto, prima ancora
che possa essere inciso nella luce.
5.
"Quasi l'avesse realmente avuta,
la lettera fatale, il sigillo arcano,
un verbo che sussurra e si dissolve
come l'ultimo fiato del morente,
come una colpa sussurrata invano,
come il profumo acre d’una rosa
che, sfiorita, si offre alla sua tomba."
Forse fu scritta con un inchiostro spento,
forse le righe apparse sulla carta
erano solo il sogno di una voce,
la traccia di un pensiero inabissato
nel fondo della mente, là dove il buio
conserva ciò che il giorno ha cancellato.
Forse non fu mai scritta, né inviata,
eppure il suo silenzio ancora pesa,
un'assenza che riempie più del suono,
un vuoto che si espande come un'ombra.
6.
Non resta immota, dopo il suo tremore,
la farina cattiva e la sua polvere,
né resta tela, dopo il suo bagliore,
la luce che si spande e si dissolve,
ché tutto vibra, oscilla, si contorce,
si sfrangia come un velo in fiamme pure,
e il mondo intero, in un istante solo,
pare svanire e ancora riaffiorare.
Là dove il buio intesse la sua trama,
un ultimo sussulto arde nel nulla,
là dove il giorno è un’eco della notte,
un nome muto scivola nel vento,
si disperde nel buio, si confonde
tra le rovine della luce antica.
E nel silenzio resta solo un battito,
un eco indistinto, un ultimo respiro.
7.
Il pavimento trema e sprofonda,
come se un mare cupo si agitasse
dietro la sua superficie di legno.
I mobili si spostano, sussultano,
come corpi inerti nella corrente
di un fiume nero che li trascina.
Gli angoli si piegano, si deformano,
gli specchi non riflettono più nulla,
o forse mostrano un volto diverso,
un’ombra che sorride nella nebbia.
La polvere si solleva lenta
e danza tra i raggi sbiaditi,
come un esercito d’insetti dorati
che sussurra una lingua dimenticata.
8.
Forse è la casa a respirare,
forse è il tempo stesso che si torce,
scivolando nelle crepe dei muri,
strisciando tra le fessure del buio.
Ogni cosa perde il suo contorno,
si allunga, si sfuma, si trasforma.
Il soffitto si dissolve in un cielo
che non è più quello della notte,
ma un abisso dove le stelle
sono lacrime sospese nel nulla.
E il silenzio si spezza in un sussurro,
una voce che nessuno pronuncia,
ma che riempie ogni spazio, ogni angolo,
e porta con sé il peso di un’assenza
che il tempo non può più cancellare.