martedì 29 luglio 2025

Aeneas, l’intelligenza artificiale che restituisce voce alle pietre: un cambio di paradigma per l’epigrafia latina

L’epigrafia è sempre stata una disciplina complessa e affascinante. Essa vive su una soglia peculiare: è allo stesso tempo scienza storica, per la rigorosa ricostruzione dei testi e dei contesti, e atto di interpretazione quasi poetica, perché lavora su frammenti, lacune e silenzi della materia. L’iscrizione antica è un oggetto ambivalente: materiale, perché incisa su pietra, metallo o terracotta; ma anche linguistico, perché il suo contenuto testuale rimanda a istituzioni, eventi e individui. Spesso l’epigrafista si trova a confrontarsi con superfici erose, con lettere mutilate e parole interrotte che esigono congetture. Per questo, l’annuncio, nel luglio 2025, di un modello di intelligenza artificiale capace di ricostruire, datare e contestualizzare epigrafi latine — il modello «Aeneas» — segna un cambiamento di portata metodologica notevole.

Una tecnologia con un nome emblematico

Il nome «Aeneas» non è casuale: evoca l’eroe troiano errante, figura di sopravvivenza e fondazione. Così come Enea, dopo la distruzione di Troia, si fa portatore di una memoria che cerca un nuovo luogo di esistenza, così questa IA restituisce voce a testi mutili, permettendo loro di “migrare” dalla condizione frammentaria a una nuova intelligibilità. L’analogia è potente, perché sintetizza in un’immagine epica l’obiettivo scientifico: dare nuovamente un senso alle parole che il tempo ha smarrito.

Il modello è stato sviluppato da Google DeepMind, in collaborazione con le università di Nottingham, Oxford, Warwick e AUEB, e presentato in un articolo su Nature. È stato addestrato su un corpus imponente di circa 200.000 iscrizioni latine, tratte dai principali archivi digitali (Epigraphik-Datenbank Clauss/Slaby, Epigraphic Database Heidelberg, Epigraphic Database Roma), coprendo un arco temporale dal VII secolo a.C. fino all’VIII secolo d.C. Tale ampiezza permette ad Aeneas di possedere una visione complessiva, sia linguistica sia geografica, delle pratiche epigrafiche del mondo romano.

Come funziona Aeneas: oltre la semplice ricostruzione testuale

Molti sistemi di intelligenza artificiale si limitano a una funzione predittiva elementare: completare parole mancanti. Aeneas invece propone un salto qualitativo. Non solo ricostruisce lacune testuali, anche di lunghezza ignota, con un’accuratezza che sfiora il 73% (58% in assenza di indicazione di lunghezza), ma integra la ricostruzione con due livelli di analisi complementari: la datazione e l’attribuzione geografica.

La datazione viene stimata con un margine d’errore medio di tredici anni, migliorando in modo sensibile la media umana (circa trentuno anni). L’attribuzione geografica raggiunge il 72% di accuratezza, distinguendo fra le 62 province dell’Impero romano. Ma ciò che rende Aeneas radicalmente innovativo è la capacità di accompagnare le proprie proposte con un apparato di spiegazioni: per ogni integrazione suggerita, fornisce una serie di epigrafi parallele, selezionate in base alla somiglianza formale e contestuale. In questo modo, il modello non si limita a restituire un testo, ma costruisce una rete di riferimenti, una mappa di somiglianze verificabile dagli studiosi.

È un punto metodologico cruciale: uno dei limiti delle IA generative generiche è la loro opacità; l’utente riceve un output senza sapere su quali basi sia stato prodotto. Aeneas invece esplicita le proprie “fonti interne”, mostrando quali iscrizioni hanno informato la previsione. In questo modo, il processo interpretativo umano non viene sostituito, ma potenziato: lo studioso può valutare la pertinenza delle proposte, accettarle, rifiutarle o discuterle, mantenendo un controllo critico.

Verifica sperimentale e casi di studio

La sperimentazione ha coinvolto 23 epigrafisti professionisti, chiamati a testare il modello su diversi casi di lacune. In oltre il 90% dei casi, i partecipanti hanno considerato le proposte di Aeneas pertinenti e utili al lavoro interpretativo. Un caso emblematico è quello delle Res Gestae Divi Augusti, l’iscrizione programmatica con cui Augusto racconta le proprie imprese. Il modello, analizzando le varianti testuali, ha individuato due possibili finestre temporali di composizione: intorno al 10 a.C. e nel periodo 10–20 d.C., riflettendo con precisione le due principali ipotesi in discussione da decenni. In tal senso, Aeneas non produce una verità assoluta, ma una gamma di scenari coerenti, riproducendo i margini d’incertezza tipici della ricerca storica.

Una piattaforma open-source per le scienze umane

Aeneas non è un progetto chiuso. Il modello e i dataset su cui è stato addestrato sono disponibili in forma open-source attraverso la piattaforma “Predicting the Past”. Questo aspetto è importante non solo per ragioni etiche (trasparenza e accessibilità), ma anche per la possibilità di sviluppi futuri. Si aprono prospettive interdisciplinari: l’integrazione con archeologia, storia sociale, linguistica storica, fino a nuove applicazioni didattiche per studenti di epigrafia.

L’arrivo di un’IA di questo tipo nelle scienze dell’antichità apre tuttavia anche un dibattito teorico: quale ruolo rimane all’interpretazione umana? La domanda è tutt’altro che banale. L’epigrafia, infatti, non è mai stata solo una scienza della ricostruzione materiale, ma anche un esercizio di giudizio storico e culturale. Aeneas non elimina questa componente: offre ipotesi, non verdetti. Ma obbliga a ripensare la distribuzione delle competenze: l’esperto umano, liberato da parte del lavoro più ripetitivo (la ricerca di formule parallele, la comparazione di contesti), può dedicarsi alle domande più complesse e qualitative.

Implicazioni metodologiche e culturali

Dal punto di vista metodologico, l’esistenza di Aeneas suggerisce che la filologia classica può trarre beneficio dall’ibridazione con l’intelligenza artificiale, senza perdere la propria identità critica. La possibilità di consultare in tempo reale migliaia di paralleli e di elaborare rapidamente scenari contestuali offre un supporto impensabile con le sole risorse umane. Si tratta di un cambiamento che può essere paragonato, per importanza, alla creazione degli archivi epigrafici digitali degli anni Novanta, o all’introduzione della fotografia per la documentazione archeologica.

Dal punto di vista culturale, Aeneas testimonia come l’intelligenza artificiale non sia destinata esclusivamente ad ambiti tecnologici o industriali, ma possa essere impiegata per ampliare la nostra memoria storica. È significativo che una delle prime applicazioni avanzate di IA nel settore umanistico riguardi proprio le iscrizioni: testi pubblici, nati per essere letti e ricordati, oggi nuovamente leggibili grazie a una tecnologia del XXI secolo. È un paradosso affascinante: la memoria del mondo antico recuperata da una rete neurale, uno strumento che per sua natura non “ricorda” come l’uomo, ma calcola e prevede.

Una nuova fase della disciplina

Aeneas non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. La sua capacità di ricostruire testi e contesti epigrafici dimostra come la sinergia tra discipline umanistiche e intelligenza artificiale possa produrre risultati di alto valore scientifico. Tuttavia, la vera rivoluzione non sta nella tecnologia in sé, ma nell’atteggiamento culturale che essa favorisce: quello di una ricerca più aperta, collaborativa, capace di integrare strumenti computazionali e competenze critiche.

Se nel passato l’epigrafista lavorava quasi in solitudine, tra calchi, fotografie e repertori cartacei, oggi può contare su un assistente artificiale che scandaglia l’intero patrimonio epigrafico conosciuto, suggerisce ipotesi e ne documenta i presupposti. È un cambiamento che non riduce l’importanza del giudizio umano, ma anzi lo esalta: la tecnologia si occupa della vastità dei dati, l’uomo mantiene la responsabilità dell’interpretazione.

Forse la metafora di Enea, errante tra rovine e fondazioni, non è mai stata così attuale. Grazie a un algoritmo, ciò che sembrava irrimediabilmente perduto può tornare a parlare. E questa, in ultima analisi, è la funzione più nobile di ogni scienza storica: far dialogare i vivi e i morti, superando le fratture del tempo.