1. Scrittura come corpo, viaggio come ferita conoscitiva
Sin dalle prime pagine si impone un elemento fondante della poetica farabbiana: la scrittura non è rappresentazione, ma corpo vivente, superficie porosa in cui la parola non è mai neutra o orizzontale, ma energia espressiva radicata nella materia, nel dolore, nella gioia, nella resistenza. Viaggi elementali è innanzitutto un tragitto incarnato, un vero e proprio cammino esperienziale, in cui i quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) non sono semplici referenti naturali o metafore cosmiche, bensì interfacce primarie tra l’io e il mondo, tra il tempo e la carne, tra l’io e l’altro-da-sé. La lingua si fa materia sensibile, corpo rituale e agentivo, dispositivo di conoscenza che non separa mai il sentire dall’agire.
La scrittura, qui, ha il valore di una ferita conoscitiva: è il luogo in cui si accoglie lo smottamento, il fallimento, la vulnerabilità, non come mancanza ma come soglia di un sapere altro, non accademico, non predicabile, eppure profondamente articolato. In questo senso, Farabbi porta avanti un’idea di letteratura come atto trasgressivo, anacronistico in quanto irriducibile al consumo estetico, e profondamente resistente alla logica spettacolare del mercato culturale contemporaneo.
2. Poetica dell’essenziale: la parola come disobbedienza
Il titolo stesso – Viaggi elementali – si configura come dichiarazione di poetica: la scrittura, spogliata da ogni accessorio, si fa gesto essenziale, esodo dal superfluo, ma anche ritorno ai fondamentali dell’esistenza. In un’epoca dominata dalla sovrapproduzione e dall’inflazione del segno, Farabbi sceglie la contrazione, la verticalità, l’impegno di una parola che deve meritare di essere detta. La poesia non è mai ornamento, ma gesto politico e attonito, è corpo che si espone e che accoglie, parola che si consegna al rischio della verità.
Tale essenzialità non è però semplicità: la lingua della Farabbi è stratificata, densa, fortemente interrogante. Si assiste a una sorta di linguaggio disobbediente, che rifiuta i codici istituzionali del dire, e si addentra in una dimensione quasi sapienziale, in cui la parola è al tempo stesso ferita e guarigione, domanda e offerta, azione e apertura. La scrittura si fa quindi operazione alchemica, in grado di trasmutare il dolore in coscienza, la caducità in forma etica, l’esperienza in gesto condiviso.
3. Intertestualità e mistica del vivente
L’opera è attraversata da una trama intertestuale che non si impone mai in forma ostentata, ma che si sedimenta nel linguaggio come eco profonda. Accanto alla costellazione poetica più cara all’autrice – che include Emily Dickinson, Marina Cvetaeva, Ingeborg Bachmann – si avvertono echi più filosofici (Maria Zambrano, Simone Weil, Etty Hillesum) e spirituali (la mistica cristiana, il pensiero orientale, l’ecologia profonda). Non vi è in Farabbi nessuna intenzione enciclopedica o erudita: tutto viene rielaborato in una mistica laica del vivente, che si pone in ascolto del sacro, non come entità trascendente, ma come vibrazione immanente del reale.
In questo senso, Viaggi elementali propone una trascendenza senza teologia, una dimensione spirituale slegata da dogmi, ma profondamente interconnessa con la natura, con l’animalità, con l’infinitamente piccolo. L’esperienza poetica si trasforma così in pratica ecologica, in meditazione attiva sul concetto di cura, su ciò che ci lega al respiro del mondo, agli elementi primari, alla responsabilità della parola.
4. Corpo, femminile, animalità: etica della soglia
Uno degli aspetti più forti e più coerenti del libro riguarda il modo in cui la Farabbi affronta il tema del corpo: non come mero contenitore dell’io, ma come dispositivo sensoriale, archivio di memoria, luogo di resistenza e di conoscenza. La vulnerabilità, lungi dall’essere indicata come debolezza, viene rivendicata come potenza etica, come possibilità di interazione profonda con il mondo. È nel corpo che si situano i viaggi elementali, è nel corpo che si manifesta l’alterità, è nel corpo che si rivela la ferita come apertura.
In questa dimensione il femminile – e in particolare l’esperienza di genere, sessualizzata e politicizzata – diventa parte integrante di un discorso poetico che non tematizza, ma agisce. La scrittura della Farabbi è, prima ancora che femminile, femminista, nel senso più profondo: non come enunciazione ideologica, ma come sovversione epistemica dei paradigmi del potere, della gerarchia, della linearità. Il corpo non umano – l’animale, la pianta, il minerale – entra nella lingua come alleato e testimone, mai come oggetto.
5. La forma come dispositivo etico
La struttura dell’opera si presenta volutamente discontinua, franta, mobile. Prosa e poesia si alternano senza cesura, ma sempre secondo una logica interna di attraversamento e resistenza. L'autrice sembra praticare un’estetica del vuoto, dell’interruzione, del silenzio – non come mancanza, ma come spazio del possibile. I testi sono brevi, ma densi, costruiti come stratificazioni geologiche di senso. La forma segue l’etica del contenuto: essa non vuole sedurre né convincere, ma esporre, rendere visibile il processo della coscienza, della scoperta, dell’umana esposizione all’ignoto.
È in questa coerenza radicale tra forma e contenuto che si riconosce la statura di un’autrice che da decenni attraversa la scena letteraria italiana in modo appartato ma decisivo. Viaggi elementali non è un libro da leggere, ma da ascoltare con il corpo, da abitare con pazienza, da lasciar decantare come acqua nel ventre. È un’opera che chiede al lettore di dismettere le difese, di accettare il silenzio, di non cercare conforto ma contatto.
Conclusione: una pedagogia poetica del vivente
Con Viaggi elementali, Anna Maria Farabbi giunge a una forma di maturità poetica che coincide con una rinuncia consapevole alla centralità dell’io. Il soggetto, qui, è decentrato, spostato, infranto: non più centro dell’esperienza ma punto di passaggio, di ascolto, di esposizione. In questo senso l’opera si configura come una sorta di pedagogia poetica del vivente, in cui il sapere non è possesso, ma relazione, interconnessione, rispetto.
Il libro si iscrive così in una genealogia letteraria che potremmo definire post-antropocentrica, ma anche pre-capitalista – un ritorno all’essenziale che non è mai regressivo, bensì costitutivamente rivoluzionario. In tempi di urgenze climatiche, politiche e spirituali, Viaggi elementali si impone come gesto di cura e di sfida, come invito a ripensare le categorie dell’umano, del linguaggio, del tempo.
Farabbi non scrive su qualcosa: scrive con ciò che attraversa. La poesia si fa così rito e responsabilità, presenza e azione, etica e forma del mondo. Una delle prove più alte e necessarie della nostra letteratura contemporanea.