sabato 26 luglio 2025

Surrealismo e Fantastico: The Infinite Madness of Dreams, Centro Culturale Bafile – Caorle (VE) Fino al 31 agosto 2025


La mostra Surrealismo e Fantastico: The Infinite Madness of Dreams si inserisce nel più ampio progetto culturale del Comune di Caorle per trasformare la località veneta in un polo d’arte contemporanea e storica, capace di dialogare con il turismo e le nuove generazioni. Curata da Matteo Vanzan, la rassegna porta in scena oltre 60 opere tra pittura, grafica, scultura, incisione, installazioni e manifesti, creando un percorso visivo che parte dalle radici storiche del Surrealismo per approdare alle sue evoluzioni e contaminazioni contemporanee.

L’allestimento, concepito come esperienza immersiva, distribuisce le opere in nuclei tematici che rifuggono la semplice cronologia e preferiscono una logica evocativa e onirica.

Il titolo stesso – la follia infinita dei sogni – mette in chiaro l’intento: non illustrare il Surrealismo, ma attraversarlo come spazio di esperienza. L’aggettivo “infinito” rimanda non solo all’estensione del sogno, ma alla sua capacità di metamorfosi, di perpetua generazione di senso, mentre “madness” (follia) è ciò che sfida la ratio, e dunque legittima l’arte a penetrare nell’invisibile.

L’esposizione si apre con un richiamo alle radici concettuali del movimento: la psicoanalisi di Freud, il Manifesto del Surrealismo di André Breton (1924), la scrittura automatica. Le prime sale sono una sorta di anticamera teorica dove il visitatore prende coscienza del fatto che il Surrealismo non è uno stile, ma un atteggiamento mentale. Si pongono le basi per ciò che verrà dopo: l’abbandono del controllo razionale e l’apertura al flusso psichico.

i maestri storici

In questa sezione trionfano i grandi nomi:

  • Salvador Dalí: presente con incisioni e manifesti storici, tra cui materiali originali delle mostre di Tokyo (1964), New York (1965) e Ginevra (1970). Le sue opere esposte rivelano l’ossessione per il doppio, per l’eros e per il tempo che si deforma.
  • Max Ernst: maestro del collage e del frottage, presenta lavori dove il caso diventa struttura creativa.
  • Joan Miró: linee infantili, simboli arcaici, movimento coreografico del segno.
  • Giorgio de Chirico: con opere degli anni ’70, mostra come la Metafisica italiana abbia anticipato e influenzato profondamente la sensibilità surrealista.
  • André Masson, Wilfredo Lam, Roberto Matta, Leonor Fini, Maurice Henry completano questo pantheon di autori che hanno contribuito a costruire un immaginario collettivo non razionale.

Una delle intuizioni più forti della mostra è che il Surrealismo non è solo un movimento visivo: è un metodo di conoscenza. Il visitatore, tra una sala e l’altra, attraversa paesaggi mentali, creature ibride, ambienti impossibili. L’arte non rappresenta: evoca. Non descrive: trasforma.

Molte opere mettono al centro l’infanzia come luogo mentale. In Dalí, ma anche in Miró e in Topor, la dimensione infantile è una grammatica istintiva, un universo prima del linguaggio, dove la magia è ancora possibile. Lo stupore, il perturbante, il grottesco sono elementi ricorrenti. È il “meraviglioso”, caro ai surrealisti, che torna sotto forma di rito e risveglio.

Tra le figure più forti dell’esposizione spicca Leonor Fini, artista visionaria capace di trasformare il corpo femminile in soggetto sacro e simbolico. Le sue figure ibride, androgine, sono epifanie erotiche e spirituali, corpi-dèi che sfidano ogni dicotomia. Fini si fa portavoce di un Surrealismo al femminile, che rifiuta di essere musa e si fa oracolo.

Una sezione importante è riservata agli artisti italiani contemporanei, come Giacomo Barboni, Gianni Mantovani, Naby ed Elena Prosdocimo. Le loro opere proseguono la ricerca surrealista in chiave attuale, contaminandola con media digitali, installazioni luminose, scultura e segno gestuale. Il sogno diventa tecnologia emotiva, il fantastico si fonde con l’interattività e l’immaginario post-umano.

A differenza del Surrealismo storico, il “fantastico” qui si declina in senso più ampio: come dimensione alternativa dell’esperienza, come ipotesi poetica. Non è solo “irreale”, ma è irregolare: uno sguardo che disfa le regole. Lo si ritrova in arte, ma anche in musica, letteratura, cinema. La mostra lo mostra contaminato da fumetto, copertine di vinili (i Pink Floyd, King Crimson, Miles Davis), cinema espressionista e cyberpunk.

Una mostra come Surrealismo e Fantastico ha anche un valore profondamente educativo. In un contesto come quello caorlense, solitamente destinato alla fruizione balneare e turistica, l’arte viene introdotta come spazio di dislocazione della percezione. Qui il visitatore non impara date o stili, ma è spinto a sentire.

La proposta non mira a una cronologia didattica del Surrealismo, bensì a una esperienza pedagogica non lineare: ci si muove tra i segni come in un sogno, e si impara ad abbandonare le difese razionali. Il messaggio implicito è che anche il sogno è cultura, e che l’infanzia del pensiero va custodita come una forma di resistenza al conformismo.

Le opere esposte, soprattutto nella sezione contemporanea, ci portano a riconsiderare la nozione di “normalità” estetica. Il Surrealismo, in fondo, è una scrittura visiva della devianza.

Lo è quando Topor disegna corpi deformati da fantasie sessuali represse.
Lo è quando Leonor Fini esplora il confine tra maschile e femminile con iconografie ambigue.
Lo è, infine, quando Lam richiama gli spiriti dell’oceano attraverso tratti che sembrano provenire da un alfabeto alieno.

Caorle si fa così crocevia di un immaginario marginale e necessario, che diventa ancora più potente nella sua emersione dentro un contesto popolare e stagionale.

Un altro punto forte è la possibilità di interrogarsi sull’esistenza di un Surrealismo italiano, o almeno di una sua declinazione nostrana.

Nonostante l’Italia non abbia avuto un André Breton, ha espresso autori potentemente visionari: da De Chirico ad Alberto Savinio, da Scipione a Fabrizio Clerici, da Leonor Fini (argentina ma milanese d’adozione) a Cesare Zavattini.

Il “fantastico” italiano, spesso più narrativo che simbolico, dialoga con il Surrealismo francese in modo sotterraneo: non lo imita, ma lo attraversa. La mostra suggerisce questa direzione, senza tematizzarla esplicitamente.

La mostra è anche un atto di coraggio istituzionale. In una località turistica stagionale, proporre una rassegna così ambiziosa, con oltre 60 opere storiche e contemporanee, significa credere nella possibilità di una cultura che si intrecci al paesaggio.

La scelta di portare il Surrealismo a Caorle è simbolica: come se si volesse aprire un varco tra la vita ordinaria (le spiagge, il turismo, le fiere di paese) e la potenza del sogno.

Non è un’operazione nostalgica, né decorativa: è un richiamo.
Un richiamo al diritto di sognare, di essere devianti, di esplorare ciò che non si può dire in nessun altro linguaggio se non quello dell’arte.

Uscendo dalla mostra, si ha la sensazione di aver attraversato una soglia. Le immagini continuano a rimanere nella mente, come gli oggetti onirici che non riescono a dissolversi al risveglio. Questo è il più grande successo dell’esposizione: non si dimentica.

Resta la consapevolezza che il Surrealismo non è finito. Vive nelle immagini che non comprendiamo. Nelle frasi che ci restano in testa. Nei sogni in cui tornano visi che non abbiamo mai incontrato.

In questo senso, Surrealismo e Fantastico non è una mostra, ma un rito collettivo. Un modo per tornare al mistero. Per tornare a sé. Per tornare, finalmente, a sognare.