Mentre le chiese si svuotano e il cristianesimo perde progressivamente il suo ruolo di collante culturale dell’Occidente, qualcosa di inaspettato è accaduto: invece di assistere a un trionfo definitivo della razionalità scientifica e del secolarismo, abbiamo visto risorgere culti antichi, reinventati o reinterpretati in modi del tutto nuovi. Il kemetismo, i culti celtici, la Wicca e una pletora di pratiche neopagane hanno trovato spazio nei cuori e nelle menti di persone che, paradossalmente, spesso vantano alti livelli di istruzione e una formazione scientifica di tutto rispetto.
Il pensiero positivista ottocentesco prevedeva che la religione sarebbe stata progressivamente scalzata dall’avanzare della scienza, fino a diventare un semplice residuo di epoche arcaiche. Invece, la storia ha seguito un corso molto diverso. Il bisogno umano di spiritualità, di simbolismo, di un senso di appartenenza a una tradizione che trascende l’individuo non è scomparso, anzi. Privato dei grandi sistemi religiosi tradizionali, si è frammentato in una miriade di direzioni, dando vita a nuove forme di culto che mescolano il fascino dell’antico con le esigenze del presente.
Ma c’è un elemento di fondo che rende questi nuovi culti radicalmente diversi dalle religioni storiche: la loro artificialità. Se il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam hanno radici profonde, basate su una tradizione continua che attraversa i secoli, i moderni culti neopagani sono, per la maggior parte, costruzioni recenti, spesso nate da fonti frammentarie e interpretate in modo fantasioso. Non esistono documenti storici che descrivano in modo affidabile i riti e le pratiche che questi gruppi dichiarano di portare avanti. Il problema, tuttavia, non è tanto il culto in sé – ognuno è libero di credere in ciò che vuole – quanto il modo in cui alcuni adepti cercano di riscrivere la storia per dare un’aura di antichità a ciò che, di fatto, è stato inventato ieri. La verità è che questi culti non hanno nulla di autenticamente antico: sono pastiche moderni, assemblati con elementi presi qua e là, a volte con una certa coerenza, altre volte in modo del tutto arbitrario. Praticarli è legittimo, visto che viviamo in un regime di libertà religiosa, ma questo non giustifica la manipolazione della storia per conferire loro un prestigio che non hanno mai avuto.
Il fascino del sacro e la reinvenzione della tradizione
Il bisogno di credere in qualcosa che vada oltre la mera esistenza materiale è un tratto universale della psiche umana. Le religioni, prima ancora di essere sistemi di credenze soprannaturali, sono strutture che danno significato alla vita, che ordinano il caos del mondo in una narrazione comprensibile. La modernità ha demolito molti dei miti su cui l’umanità aveva costruito il proprio senso di appartenenza, ma questo non ha portato alla scomparsa della religione: ha solo reso necessario inventarne di nuove.
Ciò che rende peculiare il fenomeno dei culti neopagani è il loro rapporto con il passato. A differenza delle religioni tradizionali, che si tramandano attraverso testi sacri, istituzioni consolidate e riti codificati, i neopagani devono ricostruire da zero il loro patrimonio spirituale. Ma come si può ricreare un culto antico quando le fonti che lo descrivono sono scarse, frammentarie e spesso scritte da autori ostili?
Prendiamo il caso delle religioni celtiche. Tutto ciò che sappiamo su di esse proviene da fonti latine, in particolare da Giulio Cesare, il quale aveva tutto l’interesse a presentare i druidi come una casta pericolosa da sradicare. I rituali, le credenze, persino il pantheon di queste popolazioni ci sono giunti in forma lacunosa e distorta. Nonostante ciò, oggi esistono gruppi che si definiscono “druidi”, praticano cerimonie nei cerchi di pietra delle isole britanniche e si rifanno a tradizioni che, nella maggior parte dei casi, sono state elaborate a partire da fonti medievali cristiane. Il paradosso è evidente: si cerca di recuperare qualcosa che, nei fatti, è andato irrimediabilmente perduto.
Il ruolo della narrativa e del simbolismo nel neopaganesimo
Ma perché così tante persone sono disposte a credere in ricostruzioni palesemente moderne? La risposta risiede nella natura stessa della religione. Più che un sistema rigido di dogmi, la spiritualità è un intreccio di simboli, racconti e pratiche che danno coerenza all’esperienza umana. La verità storica diventa secondaria rispetto alla capacità di un mito di risuonare nel cuore delle persone.
Se una divinità viene adorata da un numero sufficiente di fedeli, essa esiste, almeno nel senso sociologico del termine. La sua verità non sta tanto nella sua antichità, quanto nella sua capacità di ispirare, di dare senso alla vita di chi la invoca. E così, il neopaganesimo prospera nonostante le sue basi storiche fragili, perché offre qualcosa che le religioni tradizionali non sempre riescono più a garantire: una spiritualità fluida, adattabile alle esigenze individuali, libera dai vincoli dogmatici delle fedi istituzionalizzate.